Capitolo 10: Lisette

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Rimanendo chiusi tra le mura di una città, non ci si rende conto di che cosa voglia dire viaggiare.

Io, che prima di allora non mi ero mai spostata più in là di un tiro di fionda da Pentos, osservavo ammirata il paesaggio circostante.

«Sei sicuro che stiamo andando nel verso giusto?» chiesi a mio fratello, che ora guidava il nostro gruppo.

«Hai detto "Pentos", no? E a Pentos stiamo andando» rispose lui.

«Chiedevo soltanto... l'ultima volta che hai condotto tu siamo finiti a Braavos anziché tornare a casa. Te lo ricordi?»

«È stato quando ci hanno quasi arrestati perché credevano che fossimo dei ladri?»

«Sì.»

«Quando tu sei scoppiata a piangere e le guardie ci hanno liberati per pietà?»

«Sì.»

«Quando tu mi hai pestato una volta tornati indietro?»

«Sì.»

«No, non me lo ricordo.»

Risi, guardandomi intorno. La landa desolata in cui ci trovavamo sembrava quasi familiare, quindi supposi che eravamo sulla strada giusta. O forse avevo solo un pessimo senso dell'orientamento e speravo che fossimo sulla strada giusta.

«È così bello questo posto,» sospirai.

«Credo che ti sarebbe piaciuta la vita a Vaes Dothrak,» mi affiancò Rakharo, sorridendomi.

«Non lo so... mi vergogno a dirtelo, ma non ho mai avuto una buona opinione del tuo popolo.»

«E io del tuo... di entrambi i tuoi popoli, a dire il vero.»

«I pregiudizi sono parte integrante della cultura di un popolo, temo. E hanno anche un fondo di verità,» gli dissi.

«Devo andare a pisciare!» ci informò Coryus, alzando una mano per intimarci di fermare i cavalli.

«Informazione non richiesta di cui potevi non metterci a parte,» risi.

Smontammo e ci sgranchimmo le gambe.

Rakharo si allontanò con lui, io e Viserys rimanemmo soli.

«Intanto che aspettiamo, credo sia arrivato il momento di proseguire l'allenamento... e di cambiare arma.»

Gli allungai il mio arco, e lui lo guardò con occhi scintillanti.

«Davvero?» chiese.

«Sì, certo... ci stai?»

«Se ci sto? Aspettavo questo momento da mesi!»

«Fai attenzione con questo. Quando arriveremo a Pentos ne costruirò uno per te o lo chiederò a Illyrio: questo è calibrato per me, ma per ora credo che basterà.»

«Anche in questo caso dovrò imparare per gradi? Come ho fatto con la spada?»

«Esattamente. Prima di tutto dovrai imparare l'impugnatura corretta, poi scoccherai la tua prima freccia.»

Impugnò il legno con la sinistra e con la destra tese la corda.

«Molto bene,» dissi, correggendo alcune imprecisioni della sua posizione. «Ai principianti si consiglia di tendere la corda con le tre dita centrali della mano dominante, ovvero indice, medio e anulare. Poi imparerai a scoccare con due sole dita.»

Incoccai una freccia per lui e lo condussi a un albero, piazzandolo a un paio di metri di distanza dal tronco.

«Tentativo numero uno,» sorrisi, allontanandomi di qualche passo. «Spero tu sia migliore come arciere che come spadaccino: non voglio sprecare frecce, e non voglio nemmeno mettermi a correre per il campo cercando quelle che perdi.»

Le cronache del Lupo e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora