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Caldo. Dean sentiva caldo. Quel tipo di calore che alleggia come un'aura su tutta l'estensione del corpo, senza che si sia in grado di capire dove questo inizi e finisca perché ogni membro ne è cinto quanto l'altro. Che avvolge la pelle come uno strato di tessuto, beando quella di una luminosità che ora sembra tingerla senza soffocarla. Che illumina e colora e circonda senza che alcun brivido possa velarlo , ma che cerca e raggiunge e dipinge quel lembo di cute che fino a poco prima era scosso da un tremito. Quel tipo di calore che si mendica in una giornata invernale, quando le mani fremono sotto guanti altrettanto freddi e tutto quello che si riesce a desiderare è uno spicchio di sole che avviluppi il mondo, mentre si è alla ricerca di un luogo dove il gelo provato può divenire solo un ricordo.

Respirò piano, giacendo in quella bolla di energia che sentiva cingergli il corpo; in quell' odore che ora sentiva penetrargli le narici e che inebriava con calma, come se questo sarebbe potuto terminare se avesse osato coglierne più del dovuto.

Sentiva dei leggeri tocchi lungo le braccia, il collo, le spalle, come carezze che qualcuno aveva troppo paura di manifestare e si limitavano ad essere solo timbri appena pronunciati; dita che indugiavano flebili lungo il suo stesso busto.

Mugugnò al tocco e sentì lo sfioramento appena articolato all'altezza del suo avambraccio arrestarsi per alcuni istanti, prima di riprendere, fievole, il suo percorso.

E quando le braccia di Morfeo sembrarono stringerlo un po' di meno e la mente iniziò ad essere maggiormente presente e consapevole del mondo esterno, Dean aprì debolmente gli occhi prima disserrati, lasciando che questi si abituassero alla luce.

Prese coscienza del petto di Castiel sotto la sua guancia e del modo in cui questo si alzava ed abbassava cautamente, del suo stesso braccio che circondava il corpo dell'altro in un abbraccio scomposto, delle gambe che giacevano in un angolo di lenzuolo e dei tocchi piccoli e flebili del ragazzo che adesso aveva incrociato il suo sguardo.

«Cas..» disse Dean in un sussurro, sentendosi incapace di pronunciare qualsiasi altra cosa.

Castiel era lì con lui, avvinghiato in un abbraccio che aveva iniziato lui stesso, avendo dormito con il volto sul suo petto. I capelli scuri gli incorniciavano il viso e gli occhi blu brillavano nel fioco buio della sua camera con un'intensità che sembrava aver sottratto al mare stesso.

«Dean»

Non sapeva come muoversi, né che dire mentre Castiel lo guardava silenzioso con le labbra ancora socchiuse per il nome che aveva emesso con la stessa controllata espressione di sempre.

E Dean si rese conto, d'un tratto, che probabilmente non c'erano parole da dover dire, non c'era qualcosa che avrebbe dovuto fare. Castiel non lo stava giudicando per il silenzio che stavano condividendo, non era andato via, quella notte, lasciando un buco nel letto come se nulla fosse mai davvero successo. Non si era allontanato, ieri sera , quando le labbra avevano cercato le sue, quando i loro respiri si erano confusi in movimenti che Dean non aveva avuto fatica ad ammettere a se stesso, quando gli aveva sfiorato quelle cicatrici con quegli stessi tocchi che solo pochi attimi prima avevano rasentato la sua pelle, quando i loro sguardi si erano uniti per un'ultima volta prima che Dean chiudesse gli occhi.

Improvvisamente, la realizzazione ancora più certa che tutto quello che era accaduto fosse ricambiato colpì Dean come un getto d'acqua fredda.

Castiel lo aveva voluto tanto quanto Dean aveva voluto lui.

Abbandonò il corpo dell'angelo posizionandosi sul lenzuolo e volgendo il viso verso quello che aveva seguito i suoi movimenti con circospezione. Si avvicinò, piano, come una tigre che medita il suo attacco, e allacciò i suoi occhi con quelli di Castiel; entrambi i visi lateralmente voltati nel guardare l'altro, collocati sull unico cuscino presente nella camera.

Falling Stars - DestielDove le storie prendono vita. Scoprilo ora