Capitolo 1

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~MACARENA'S POV~
Mi siedo tremante sul letto della mia cella, come cazzo è possibile provare così tanto dolore tutto insieme?! Come è possibile che la mia vita stia andando a rotoli sotto i miei occhi e che io non riesca a fare nulla per fermarla?! Mi metto le mani nei capelli e le lacrime tornano a solcarmi il viso, non posso averli persi entrambi, non posso aver perso i miei genitori, non posso. Vorrei fosse tutto un brutto sogno, vorrei svegliarmi nel letto di casa mia e far finta che tutto ciò in realtà non sia mai successo. Come mi sono ridotta dall'avere una casa, un lavoro, una famiglia e un "ragazzo" al non aver più nemmeno la mia libertà?!

Sento dei passi felpati fare capolino nella cella e poi un peso sul materasso, a rompere il silenzio è la voce calma della riccia. Mi mette una mano sulla schiena e la sua voce comincia ad echeggiare nella stanza, ma io sono troppo distrutta per ascoltarla.

RICCIA: Maca? Hey Maca?

Alzo i miei occhi rossi e bagnati per puntarli nei suoi che in questo momento sono preoccupati e triste, per me presumo.

RICCIA: Maca io non... mi dispiace tanto per ciò che è successo, non so cosa dire di fronte a una roba del genere...

MACARENA: E allora non dire un cazzo!

Mi alzo dal letto di scatto e me ne vado via, via da lei e da quella schifosissima cella. Voglio starmene da sola, anzi a dire la verità vorrei essere libera ma questa la vedo più difficile. Cammino per i corridoi con lo sguardo basso e le mani in tasca, vorrei essere trasparente un momenti come questo. Immersa nei miei pensieri arrivo in lavanderia, è uno dei pochi posti qui dentro dove si può stare in pace. Le lavatrici sono già state attaccate quindi non c'è assolutamente nessuno in questo momento, meglio così.

Mi siedo su uno sgabello che c'era lì e mi metto ad ascoltare il suono della lavatrice che fine da quando ero piccola mi ha sempre calmata. Porto la mia testa tra le mani e ricomincio a piangere, non volevo essere così maleducata con Berta, ma la verità è che ho sempre odiato le solite frasi fatte "mi dispiace" "ti capisco" e cazzate simili. La verità è che se non ti trovi nella situazione è meglio tacere perchè no, non puoi capire. C'erano ancora tante cose che avrei voluto fare con i miei una volta uscita di qui, tante cose che avrei voluto ancora dirgli, eppure eccomi qui, lontana da loro sapendoli morti.

A rompere il silenzio e distrarmi dai miei pensieri è una voce profonda e calda, la più bella che abbia mai sentito, tuttavia quella che odio di più, quella di Zulema.

ZULEMA: Hey Bionda, vuoi farti un giro in lavatrice?

Prende uno sgabello e lo trascina davanti al mio per poi sedercisi sopra sospirando un "ahh". Sento il suo sguardo su di me, che cazzo vuole adesso?! Mi asciugo le lacrime rimaste sul viso e punto i miei occhi nei suoi, attenti e scrutatori come sempre.

MACARENA: Non sono in vena oggi Zulema.

Faccio per alzarmi ma il suo corpo si posiziona davanti al mio impedendomi il passaggio.

MACARENA: Ho detto che non mi va!

ZULEMA: E io ti dico invece che ti devo parlare, quindi siediti cazzo!

Siamo una di fronte all'altra e ci stiamo guardando negli occhi, nessuna delle due sembra voler cedere, tuttavia oggi non ho proprio la forza per combattere un'altra battaglia, perciò mi arrendo e mi risiedo nello sgabello. Lei fa lo stesso e si mette una ciocca di capelli dietro l'orecchio riprendendo a guardarmi negli occhi.

ZULEMA: Ho saputo della morte dei tuoi genitori, due in uno cazzo!

Ma come cazzo si permette a ironizzare su un argomento così delicato per me?! La odio cazzo, è tutta colpa sua. Mi avvicino rapida a lei e le afferro al faccia con entrambe le mani per poi avvicinarla al mio viso e urlarle in faccia.

Tra amore ed odio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora