Baratro

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"Che diavolo significa che hai lasciato Sofia?" mi urlò Nicolas entrando precipitosamente in studio e ignorando totalmente gli altri ragazzi. "Cosa? Hai lasciato Sofia? Perché?" si intromisero anche Tonno, Nelson e Frank, sconvolti da tale notizia. Mi ritrovai circondato, non avendo alcuna possibilità di fuga. "Come l'hai saputo Nic? Te lo ha detto lei?" gli domandai un po' irritato per il modo in cui me lo aveva chiesto. "Ieri sera mi ha chiamato disperata, dicendomi che l'avevi lasciata e che non ti riconosceva più. Che cavolo ti passa per la testa? Io pensavo che stavate andando a convivere e ora vengo a sapere che l'hai lasciata. Pretendo delle spiegazioni" affermò Nic impedendomi di fuggire dalla conversazione. "Chi diavolo ha mai detto che saremmo andati a convivere? Solo perché stavo ristrutturando la mia nuova casa non vuol dire che ci sarei andato con lei! E poi Nic, scusa se mi permetto, ma c'è modo e modo nel domandare le cose. In questo momento ho solo bisogno di capire alcune cose. Quando sarò pronto ve ne parlerò, ok?" gli dissi esausto da tutta questa storia. Non ce la facevo più e lo sguardo di rimprovero che avevano assunto tutti i miei amici non era affatto d'aiuto. Per non parlare della botta finale che mi dette proprio Nelson che con le sue parole mi aveva abbattuto ancora di più. "Cesare, e ora come facciamo? Sofia sapeva della giornata in piscina; che faccio, la invito lo stesso?" mi aveva chiesto come se fosse solo questa la cosa importante. E a me, a quello che provavo non ci pensava? Non gli era venuto in mente di chiedermi il perché l'avessi lasciata? "Che cazzo ne so Nelson! Fai quello che vuoi" gli risposi stizzito afferrando le mie cose e allontanandomi dallo studio per un po'. Se fossi rimasto credo che sarei impazzito. Alla fine quella giornata passò così; io non tornai in studio e tutte le riprese furono rimandate alla settimana successiva dato che era già venerdì. Ricevetti una quantità assurda di messaggi da Tonno che, preoccupato, mi domandava come stessi. Almeno ad uno di loro importava di quello che provavo.

...

Stavo dormendo quando il campanello di casa suonò facendomi svegliare. Ancora assonnato mi diressi alla porta domandandomi più volte chi cavolo potesse essere a mezzanotte. "Apri, sono Nelson" mi disse la voce da dietro la porta che mi lasciò un attimo perplesso. "Cosa diavolo stai facendo qua a quest'ora?" gli domandai strofinandomi gli occhi dal sonno.

"Scusa, ma non riuscivo a togliermi dalla mente quello che è successo stamattina in studio. Lo so che è tardi e che forse sarei dovuto venire prima. Ma pensavo che, forse, era meglio lasciarti un po' di spazio" mi disse entrando in casa e guardandosi intorno per assicurarsi di non aver svegliato i miei familiari per questa sua improvvisata.

"Un po' tardi? Vez è mezzanotte!" esclamai un po' accigliato e per niente entusiasta di vederlo a casa mia. Si capiva benissimo che voleva parlare di Sofia, ed io non ne avevo per niente voglia.

"Lo so! Scusami davvero! Se non ti va me ne vado a ne parliamo domani" mi disse un po' imbarazzato resosi conto che, forse, aveva sbagliato il momento per venire.

"No, va be. Ormai sei qua. Vorrà dire che metterò su un po' di caffè. Almeno mi sveglio dato che immagino tu voglia parlare di Sofia". Lo invitai a seguirmi in cucina facendo il meno rumore possibile e, chiudendomi la porta alle spalle, lo feci accomodare. La moka fischiò, segno che il caffè era pronto e riempii due tazzine di cui una gliela porsi.

"Grazie" sussurrò Nelson per paura di svegliare qualcuno.

"Tranquillo, puoi parlare normale. Ho chiuso la porta e i miei hanno il sonno così pesante che non si sveglierebbero manco con le cannonate. E poi Chewbe manco c'è. Sta con Claudio da qualche parte" dissi sorseggiando il caffè che mi fece svegliare un po'; giusto quello che mi serviva per la lunga notte che si prospettava. "Allora? Dai, so che vuoi sapere di Sofia. Quindi che aspetti a chiedermelo?" continuai ancora un po' irritato per essere stato svegliato per questo argomento. Nelson fece un gran sospiro per poi parlare. "Perché non mi hai mai detto che le cose tra te e Sofia non funzionavano? Non pensavo che le cose fossero così gravi!" mi rimproverò con una forte delusione che si poteva leggere benissimo nei suoi occhi. Al che mi inalberai un tantino e, sbattendo la tazzina sul tavolo, alzai il tono di voce: "Come cavolo potevo parlartene se tu ultimamente sei sparito! Sembra che non te ne frega nulla di me o degli altri. Hai in mente solo e soltanto sto cazzo di gatto e il singolo della tua band". Capii che non si aspettava una tale risposta per la reazione che aveva avuto. Aveva spalancato gli occhi riportando sul tavolo la tazzina che aveva appena sollevato per bere, ma da cui alla fine non lo aveva fatto.

"Scusa tanto se sono felice di far sapere a tutti che i Rovere, dopo la quarantena, sono tornati più carichi di prima. E poi, che cavolo ti prende per Arthur?... Si Cesare, è il nome che vogliamo dare io e Bea al gattino, non c'è bisogno che mi guardi così..." sorseggiò il caffè e poi proseguì: "...Quando lo nomino cerchi sempre di cambiare discorso e non hai manco provato a chiedermi informazioni su di lui. Sei sempre così curioso da voler sapere tutto, ma non stavolta e non capisco il perché. Mi hai appena detto che ti sembra che io sia sparito, ma guarda che per me è esattamente l'opposto! Ultimamente... be ecco ultimamente ho la sensazione che tu mi stia evitando" finì la frase tutta d'un fiato come se avesse paura che io lo potessi interrompere. Rimasi allibito. Non mi aspettavo che lui si fosse accorto del mio strano comportamento nei suoi confronti in questo periodo, ma non avevo alcuna intenzione di dirgli la verità. A dir il vero, un po' ce l'avevo, ma avevo troppa paura della sua ancora sconosciuta reazione, e proprio perché era sconosciuta preferivo evitare. Come si suol dire strinsi i denti e cercai di elaborare al meglio la frase che pronunciai appena dopo.

"Non ti sto affatto evitando" mentii spudoratamente, "e poi, se vuoi la verità, non ti ci vedo affatto a prenderti cura di un gatto. Non sei mai stato troppo amanti degli animali e quindi mi sembra semplicemente strano" dissi sperando che mi credesse. Mi guardò un po' accigliato, come se gli avesse dato particolarmente fastidio quello che gli avevo detto.

"Primo, non sarò solo a prendermi cura del gatto e secondo..." inspirò profondamente, "...e secondo non sono venuto qua per farmi fare una ramanzina da te! Non mi vuoi dire il perché ti sei lasciato con Sofia? Bene, allora tieniti pure i tuoi segreti se riesci a cogliere la citazione! Ma sappi che con sto tuo comportamento mi stai facendo innervosire davvero tanto. Mi hai sempre confidato tutto e ora non lo stai facendo più. Sono il tuo migliore amico, cazzo! Così mi ferisci".

"È proprio questo il problema Nelson. Essere il tuo migliore amico, al momento, per me è il problema più grande" affermai con tutta l'amarezza che stavo provando. Dire questa frase era stata dura, come se qualcuno mi avesse conficcato un coltello in mezzo al cuore e, ancora non soddisfatto, si divertiva a spingerlo ancora più in profondità. Era come se avessi appena ammesso a me stesso che non ci sarebbe stata alcuna possibilità con Nelson e che tutto quello che potevo avere da lui era una forte amicizia, ma che al momento non mi bastava. Di scatto Nelson si alzò in piedi, guardandomi con uno sguardo omicida che mi fece gelare il sangue.

"Bene! A quanto pare non sono più di tuo gradimento!" disse scandendo bene l'ultima parola con un tono di voce che non gli avevo mai sentito. "Tolgo il disturbo, tanto per te sono solo questo" finì di dire e prendendo le sue cose si diresse alla porta che provò ad aprire, ma inutilmente perché fui più veloce di lui e lo bloccai appena in tempo.

"Tu non sei un disturbo e non lo sarai mai! Ma sono in un periodo così particolare della mia vita che sto letteralmente impazzendo. E credimi... l'ultima cosa che vorrei è perditi, ma la tua amicizia mi sta lentamente sempre di più soffocando. Non è questo quello che voglio, non più ormai". Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dal momento. Posai le mie labbra sulle sue, inspirando profondamente il suo odore con cui riempii i miei polmoni. Ma, una volta aperti gli occhi, notai il suo sguardo scioccato e il suo silenzio mi diede il colpo di grazia. Si allontanò da me senza aggiungere altro e solo quando la sua macchina si allontanò dalla mia vista feci fuori uscire le lacrime che avevo trattenuto per tutto il tempo. A quanto pare avevo appreso la sua sconosciuta reazione che non volevo conoscere. Non volevo dirglielo e, poi, lo avevo fatto. Lo avevo baciato e stavolta mentre lui era sveglio. Non sapevo come uscirne fuori da questa storia e, anche se avevo Dario che mi confortava, mi sembrava come se non avessi nessuno. Mi sentivo solo, stavolta più che mai.

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