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Alis

Giovedì

"Comunque non te l'ho chiesto, perché ieri eri alla partita?" Non rispose subito.

"Non c'è un preciso motivo", sicuramente mentiva, ma siccome dicevano tutti che avrei dovuto farmi gli affari miei, anche quella volta lasciai stare.

"Nathan, posso farti una domanda?" Avrei voluto chiedergli se con lui potevo parlare liberamente, ma quello era più o meno lo stesso concetto.

"Sì" e infilò qualche libro nell'armadietto.

"Per caso nei Kings ci sono state anche delle femmine? Non so, forse chiamate Queens?" La seconda domanda era un po' spontanea tanto per avere un senso in più, in realtà non avevo mai pensato a quella possibilità. Sarebbe stato curioso e soddisfacente per la mia capacità intuitiva se fosse stata un'ipotesi corretta.

"Perché? Per caso hai incontrato una ragazza? Ieri magari?" domandò a raffica spiazzandomi. Avrei dovuto dire la verità? Nonna sicuramente avrebbe optato per quella, ma meglio non rendere difficile la situazione. Chissà se quella ragazza nascondesse qualcosa che non andava rivelato a Nathan... E io? Volevo proprio stare dalla parte di quella ragazza, conosciuta per qualche minuto? Mi dovevo sempre mettere in difficoltà in un modo o nell'altro e odiavo farlo!

"No nessuna. Da dove viene tutta questa agitazione?", magari così ne avrei tirato fuori qualcosa.

"Niente, scusa..."

Per cambiare argomento, lo centrai sul mio compleanno. Non sapevo ancora cosa avrei fatto, le feste non erano proprio adatte a me... e non avevo mai festeggiato in vita mia o almeno non da quel che ricordavo. Un fatto in contrasto era l'entusiasmo che mi mettevano i compleanni, nonostante alla fine si rivelassero disastri. C'era sempre quella scintilla in attesa del grande giorno. Tutti festeggiavano i diciotto anni con grandi feste numerose, ma non sapevo se fosse il caso e se veramente me la sentissi di festeggiare.

"Non ti biasimo... anche io non ho voluto festeggiarlo" commentò. Mentre aspettavo che lui finisse di sistemare ancora l'armadietto, mi guardai intorno per vedere se Lara era a scuola magari lì vicino. Non trovai lei, bensì Dan e gli altri, sempre in gruppo. Nathan chiuse l'armadietto e si girò finalmente verso di me torcendo la schiena indietro per vedermi meglio.

"Hai messo la mia felpa o sbaglio?"

"Non sbagli" sorrisi mostrandola teatralmente, sembrava soddisfatto.

"Vogliamo uscire il pomeriggio?" propose appena riacquistammo il passo. Ci pensai su, avrei voluto uscire ma ero spesso in giro con qualcuno... forse era meglio restare a casa quel giorno. "Meglio un'altra volta."

Annuì e, al suono della campanella, ci separammo promettendo di rivederci all'uscita per l'autobus. Feci per entrare in classe quando qualcuno mi prese per il braccio costringendomi a guardare quegli occhi trucidi e logoranti che a tutto mi facevano pensare tranne che alla gioia, anzi mi facevano tornare in mente episodi indimenticabili distrutti per sempre.

"Buongiorno" sussurò a pochi centimetri dal mio viso. Non risposi presa da quell'azzurro intenso che stava causando in me un fiume di lacrime. Le trattenevo, dentro di me, con tutto quel male che ancora restava lì senza andarsene, quel male che aveva trovato il posto adatto decidendo di non muoversi più.
Non ci voleva. Per anni ero riuscita a spegnere la mente, i ricordi resi struggenti e a cercare di vivere la mia vita come se non avessi mai vissuto un trauma.

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