Primo epilogo. Bill Denbrough batte il Diavolo

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C'era una cosa che Bill Denbrough doveva fare prima di lasciare Derry. Aveva funzionato con Audra; non vedeva perché non avrebbe dovuto funzionare anche con Catkin.

Spinse la sua vecchia bici Silver fino a casa di Mike. Lui gli aprì e lo guidò fino in salotto, dove Catkin stava guardando un cartone in TV con un'aria di solenne indifferenza, che non cambiò minimamente quando Mike spense l'apparecchio e la tirò per una mano. – Catkin? Catkin, guarda chi c'è.

Catkin non si mosse. La sua mano restò abbandonata in quella di Mike. Bill la prese dall'altra parte e la tirarono in piedi. Catkin rimase lì, inerte.

Bill la condusse fuori, fino a Silver. Catkin non oppose resistenza. La bambina fissò la bici senza particolare interesse.

-Sali, Catkin.

Lei non si mosse. Bill la mise sul portapacchi, salì sul sellino e spinse via il cavalletto. Le prese le mani e se le portò alla vita. – Tieniti forte. Andiamo a fare un giro.

Nessuna risposta.

Bill Spinse Silver verso Palmer Lane.

-Sei pronta?

Silenzio.

Bill lo prese per un sì, si diede la spinta e cominciò a pedalare.

C'era uno STOP in fondo alla via. Bill sapeva che avrebbe dovuto rallentare, fermarsi, guardare a destra e a sinistra. Ma non era di questo che Catkin aveva bisogno. Era rimasta ferma fin troppo a lungo.

Si alzò sui pedali e accelerò. Sentì la prima folata di vento carezzargli la testa. Ignorò del tutto il cartello e piombò in Main Street come un kamikaze. Il vento era sempre più forte, gli fischiava nelle orecchie, gli seccava il sudore sulla pelle. Accelerò ancora.

Improvvisamente, le mani di Catkin gli si serrarono intorno alla vita. Bill sorrise. Sempre più veloce, si chinò sul manubrio, incurante della gente che si voltava a guardare l'incosciente che andava in bici in quel modo folle, con una bambina sul portapacchi.

La strada diventò una discesa, ma Bill non frenò. Volò giù per Main Street.

C'era una curva davanti a loro. Se l'avesse presa troppo, veloce, Catkin, ancora inerte come una bambola di stoffa, sarebbe volata via per la tangente. Esitò, poi decise di correre il rischio. Infilò la curva a tutta velocità.

Catkin non volò via. Si mosse, per assecondare il movimento della bici. Forse era stato solo un riflesso automatico. Oppure no.

- Ehi!

- Stia attento!

-Bill?

Era Catkin. Era Catkin che parlava per la prima volta da tre settimane, anche se con voce flebile, incerta. - Bill? Cosa stai facendo? -. La sua voce si fece più alta, più sicura.

Bill sterzò bruscamente a sinistra. Catkin gli si strinse forte addosso. Era lì, c'era davvero, ora.

Ce l'ho fatta, pensò Bill. Ce l'abbiamo fatta.

Catkin strillò, quando Silver schivò per un pelo un autocarro, ma non era un grido di sorpresa: era di entusiasmo.

– Non ti fermare! – gridò. – Non ti fermare! -. Rideva, adesso.

-HAI-HO SILVER, VAIII – ruggì Bill, e continuò a pedalare come se dovesse battere il diavolo.

Ventisette anni dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora