4. Un paese con lupi mannari

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Finalmente arrivò il giorno di Natale. Non c'erano luminarie classiche, quelle grandi e sorrette da pali che Don Lorenzo era abituato a vedere negli altri paesi della sua zona, ma ghirlande di agrifoglio appese a tutte le porte della città, compresa quella del municipio che recava una ciambellone di foglie e bacche rosse così grande che pareva avessero tagliato e arrotolato a guisa di ghirlanda un albero intero.

A partire dalla piazze principale, gli abitanti avevano cominciato a costruire le bancarelle con cui sarebbe stato composto il mercato di Natale, e nell'aria si spandeva un gradevole odore di vin brulé e biscotti glassati.

Per colazione il prete era riuscito a comprare da un venditore ambulante, che era venuto dal paese vicino con un camioncino ricolmo di dolciumi, un pacco doppio di biscottoni morbidi alle mandorle, un sacchettino di gommose assortito e uno di pistacchi tostati e salati, e ora si aggirava per le vie della cittadina consumando il suo pasto e guardandosi intorno.

Contò almeno trenta gatti, di cui dodici neri e quattro che indossavano buffi cappellini rossi e gialli. Un micio tricolore sedeva con gli occhi chiusi, e un'espressione assolutamente pacifica sul muso, in un carrettino di legno smaltato che veniva trascinato dalla piccola Luciana.

«Ciao, prete Lorenzo!» Lo salutò la bambina «Tu ti prepari per Natale, oppure voi che adorate il morto del cannibalismo non lo festeggiate?»

«I-il morto del cannibalismo?»

«Sì, Gesù della croce!» esclamò allegra Luciana «Quello che vi da il suo corpo da mangiare quando fate la commu... la communicazione...».

Don Lorenzo sospirò e si chiese come avrebbe potuto spiegare meglio il miracolo della transustanziazione, evitando di collegarlo al cannibalismo, anche se in effetti, a pensarci bene, sembrava tutta davvero una cosa cannibale...

«Sì, noi festeggiamo il Natale» Si limitò a dire, in tono un po' piatto.

Luciana lanciò scoordinatamente le mani in alto, grido «Yeh, anche i cannibali!» e corse via pensando in mezzo a un gruppo di galline bianche come neve, che spaventate svolazzarono in tutte le direzioni. Don Lorenzo abbassò lo sguardo sul gatto nel carrettino che era stato lasciato indietro.

«Ti ha mollato qui, piccolino?»

«Guarda che posso andarmene anche da sola» Rispose l'animale, con la voce di una quarantenne fumatrice «E sono una femmina».

Il prete girò sui tacchi e si allontanò, cercando di dimenticare quello che aveva appena sentito. Andò a sedersi di fronte alla vecchia cattedrale, su una panchina di legno scuro che qualcuno aveva inciso con le figure di decine di pentacoli. A parte l'ultimo strano incontro, poteva dire che la giornata stava andando bene: aveva la pancia piena, la gente non gli stava urlando contro e presto avrebbe celebrato la messa di Natale! Sperava davvero che qualcuno venisse ad ascoltarla e notasse quanto lavoro c'era voluto per prepararla. Povero Lorenzo: non c'era una sola anima a Millennio che fosse disposta a perder tempo ad ascoltare una messa, non di certo mentre fuori dalla cattedrale si svolgevano allegri festeggiamenti magici, una compravendita spettacolare di ogni oggetto possibile e uno spettacolo di gatti canterini!

Così il prete celebrò quella messa tutto solo, in una chiesta che, nonostante le luci e gli addobbi sembrava terribilmente vuota. Ad un tratto, però, qualcuno entrò dalla porta principale. Don Lorenzo aguzzò la vista e distinse chiaramente una folta barba bianca aggrovigliata. Si chiese se l'uomo che era appena entrato potesse magari essere Babbo Natale (ricordiamoci che il prete aveva incontrato dei gatti parlanti, a Millennio), ma più l'anziano si avvicinava più la sua somiglianza con il simbolo del Natale sbiadiva. Innanzitutto, il nuovo arrivato non indossava un capello rosso con un soffice pon pon bianco, ma un beanie grigio scuro, poi al posto della giubba rossa bordata di candida pelliccia vestiva un gilet militaresco sopra ad un maglione nero a collo alto, ed infine i suoi occhi blu non erano sinceri e ridenti, ma severi e cerchiate da occhiaie. Il suo aspetto generale era un misto fra un soldato, un insonne, il "Vecchio dell'Alpe" di un cartone che Don Lorenzo guardava al mattino da ragazzo e un maestro di krav maga poco raccomandabile.

La Cattedrale di MillennioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora