Angela era seduta al tavolo della cucina con una tazza di caffè tra le mani e la luce del sole che filtrava timida dalle finestre.
Il caffè era ancora bollente e piccoli sbuffi di fumo si sollevavano nell’aria.
Angela fissò la tazza. Era molto particolare; in realtà non era nemmeno sua.
Era di Katy.
L’aveva ricevuta da una fan durante quegli incontri che organizzava per incontrarli prima dei concerti; le era piaciuta subito, così colorata, e non l’aveva “scartata”.
Quando poi era venuta a trovarla l’aveva portata con se e probabilmente l’aveva sbadatamente lasciata lì.
La sorella era rimasta a parlare di quella tazza tutta una serata.
Sembrava travolta dall’euforia.
Ora Angela se la rigirava tra le mani e ricordava. Ricordava di come Katy si era seduta, aveva iniziato a osservare tutte le foto che vi erano stampate sopra e a raccontarle quando probabilmente erano state scattate, in quale occasione, dove …. tutto nei minimi particolari. E lei non aveva smesso un minuto di ascoltarla, stupefatta e divertita.
C’erano foto di concerti, foto con la sua famiglia, con i fan.
Quell’oggetto rappresentava momenti di debolezza, di sconforto, di felicità, di euforia, di forza.
Angela se ne meravigliava.
Quanto era profondo il segno che Katy aveva lasciato nel mondo?
Quanto aveva cambiato le vite degli altri?
Quanto ciò aveva influito sulla sua?
Katy non aveva voluto cambiare la sua vita, i suoi modi di fare e di essere.
Era iniziato tutto con un sogno, un obbiettivo da raggiungere.
Non aveva avuto paura di mostrarsi, pregi e difetti, e sorprendentemente tutti l’avevano adorata per questo.
Lei voleva mostrare il suo vero valore, quella parte che dentro di lei ruggiva, che le ardeva dentro, ed era da ammirare per questo.
Solo allora Angela si accorse del foglio e della matita che aveva di fronte, sul ripiano del tavolo.
Poggiò la tazza e iniziò a studiarli.
Non le era mai piaciuto scrivere, soprattutto in quelle occasioni.
A Katy, invece, sì; lei aveva un dono.
Riusciva a far entrare in ciò che scriveva tutte le sue emozioni e i suoi pensieri, e riusciva a far provare a chi ascoltava le sue parole ciò che lei stessa sentiva.
- Perché non sei qui tu a scrivere Katy?-
Volente o nolente doveva pur mettere nero su bianco qualcosa.
Aveva fatto così tanto di cui parlare, ma ora non le veniva in mente proprio niente.
Angela sbuffò e si appoggiò allo schienale della sedia.
Non poteva non scrivere nulla, almeno qualcosa doveva poter avere sotto mano quel pomeriggio.
Prese la matita e iniziò a scrivere, il tratto insicuro, tremante, la mano che vibrava.
“Carissima Katy, sono e siamo qui oggi…”
No. No. No.
Ma cosa stava facendo?
Doveva scrivere qualcosa che ritraesse la sorella, e in ciò che leggeva non “vedeva” la sua Katy.
Tirò una riga e cancellò tutto, come aveva fatto Katy, o così come lei credeva, fino a un giorno fa.
Stella la richiamò al dovere.
La trovò in piedi, attaccata alle sbarre del lettino, con quel sorrisetto malizioso a lei così familiare, che aveva imparato a interpretare e capire.
- Sei proprio uguale a lei Stellina.-
Non sembrava essere intenzionata a rimanere lì da sola; così Angela la prese in braccio e la portò con se in cucina.
La poggiò nel box stracolmo di ogni sorta di giocattolo e rimase lì a fissarla.
Adorava guardarla giocare.
La faceva rilassare, la faceva ricordare …
Il foglio era ancora lì, che l’aspettava.
Angela desiderava accendere la TV, ma sapeva che avrebbero parlato di lei, la notizia si era diffusa.
Non voleva vederla, non voleva sentire cosa dicevano su di lei, quali spiegazioni avrebbero dato al fatto, avrebbe sofferto sicuramente. L’unica da cui voleva sentire una spiegazione era Katy.
Nonostante queste conseguenze la accese ugualmente, conscia dell’urto che avrebbe subito.
E invece niente, il notiziario era del tutto normale, le solite notizie.
Angela si risiedette al tavolo, la testa china, decisa a far “uscire” qualche pensiero dalla sua testa per poi scriverlo.
Aveva appena accostato la penna al foglio quando Stella lanciò un urletto.
La donna si pietrificò.
Conosceva troppo bene quel suono, lo faceva sempre quando lei arrivava, e continuava finché non la prendeva in braccio e la “soffocava” di coccole.
Angela alzò lentamente gli occhi e vide che la bambina tendeva una manina verso di lei e l’altra verso il televisore.
La vide.
Nella foto, poi un live di un concert, altre due foto, un video … le immagini si susseguivano veloci e ciascuna di queste era come uno schiaffo in pieno viso.
Stella richiamò nuovamente la sua attenzione, visibilmente arrabbiata per non essere stata ascoltata.
Angela la tolse dal box e la portò vicino al televisore.
Per un momento la bambina rimase a fissare lo schermo, come se stesse per prendere una decisione importante, poi allungò le mani e le fece scorrere sullo schermo, come per accarezzarla, come se fosse vera.
Ad Angela cedettero le gambe.
Il servizio finì e lei rimase lì, immobile.
Stella si girò e lentamente le posò una manina sulla guancia, come aveva fatto prima, guardandola fissa, poi indicò i suoi giochi e iniziò a dimenarsi per essere riportata al suo “divertimento”.
Angela la sistemò e si accasciò sulla sedia.
Cosa poteva fare? Cosa DOVEVA fare?
Perché faceva così tanto male?
Scagliò via la matita, frustrata, appoggiò i gomiti sul tavolo e si prese nuovamente la testa tra le mani.
Che cosa hai fatto Katy?
Che cosa non ho fatto?
Il foglietto ben presto si bagnò di lacrime.
*spazio autrice*
A Giuditta, che ringrazio sempre per prima, perchè non smette mai di essere sè stessa, di sorridere e di incitarmi, di consigliarmi e di correggermi. Non smetterò mai di ringraziarti!
A quella importantissima amica che dice sempre: "non so come esserti d'aiuto, volevo fare qualcosa per te...", perchè mi ha teso la mano e mi ha tenuto quando stavo per "cadere", perchè c'è sempre stata, perchè mi ha ascoltato, mi ha consolato, mi ha fatto commuovere, mi ha fatto riflettere; spero che leggendo capirà.
Alla mia famiglia.
A tutte quelle persone che, seppur inonsciamente, prendono parte alla mia vita.
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I miss You
Fanfiction"Lei aveva deciso di mostare la sua scintilla al mondo, e il mondo l'aveva lasciata brillare."