13^ UN ULTIMO ADDIO
Erano passati pochi minuti dall'arrivo dell'agente Trevor e Amelia se ne stava rannicchiata a fissare il vuoto. Si sentiva piena di rimorsi e riflettendo ad alta voce, sulle parole scritte nella lettera, si tormentava ancora di più. Non era neanche riuscita a darle un ultimo addio.
Non avrebbe mai più visto i suoi occhi verdi, brillare a ogni sua battuta, quegli occhi che emanavano dei riflessi di speranza e di forza, quegli occhi in cui Amelia amava addentrarsi per scoprire ogni nuova sfumatura del suo sguardo intenso e in ugual modo infantile. Non avrebbe mai più potuto accarezzare i suoi morbidi capelli rossi, che quando li attorcigliava alle dita, si sfilavano immediatamente, per quanto sottili fossero. Non avrebbe mai più potuto parlare con le sue labbra carnose, che quando era agitata si stringevano, racchiudendosi. Non avrebbe mai più potuto sfiorare le sue dita lunghe e affusolate, giocherellando, come una bimba, con i suoi calletti suoi polpastrelli. Non avrebbe mai più potuto essere stretta, in quei suoi sinceri e calorosi abbracci, che la rendevano nonostante la sua età, ancora più sicura e amata. Non avrebbe mai più sentito il contatto del suo mento adagiato alla sua spalla curva. Ma soprattutto, non avrebbe mai più sentito la sua voce melodiosa, che sprigionava tanto conforto e rassicurazione. Quella sua voce angelica, impossibile da descrivere: tanto dolce quanto pungente, tanto leggera quanto profonda, tanto disperata quanto serena.
-" Oh tesoro mio: tu sei stata la mia salvezza" ripeteva Amelia, leggendo ancora una volta la lettera e continuando: " io sono stata la tua rovina! Sono stata io a farti accettare il lavoro in quel...museo!" affermò con disperazione e frustrazione.
Nel frattempo nella hall d'accoglienza, l'assistente dell'ispettore Trevor, poneva delle domande di routine, ad alcuni commensali, che affermavano di aver visto quella povera ragazza prima dell'uccisione.
-" Allora, sentiamo un po' signora Cavill. Le poche volte che ha visto Maggie, come le sembrava?" chiese l'aiutante Trilly.
-" Intende se notavo qualcosa di strano in lei?" " Si certo, proprio questo".
-" Ah, lei era la regina delle stranezze! Era una tipa molto burbera, irritante anche e molto arrogante! Non ci degnava di uno sguardo o di un saluto, se ne stava sempre per i fatti suoi. Sembrava che non avesse alcuna voglia di vivere, forse ora che è morta sarà più felice" concluse la signora con un sorrisetto risolutivo.
-" Non le sembra ingiusto dire questo?" chiese Trilly.
-" E perché? E' la verità, stava sempre per i fatti suoi. Non so come..." e si interruppe subito sgranando gli occhi.
-" Che voleva dire signora, sa qualcosa che potrebbe rivelarsi importante ?" chiese l'aiutante.
-" Solo quella stupida vecchia, che finge di essere una donzella, riusciva a dialogare con quella ragazza. Dopo tutto, i pazzi si ritrovano sempre d'accordo!"
L'assistente Trilly alzò gli occhi al cielo, come segno di sopportazione. Era alle prime armi e aveva molta difficoltà a gestire l'irascibilità.
-" E quindi, come si chiama questa stupida signora, che si finge una donzella, ma che in realtà è una vecchia e che è del tutto fuori di testa?"
-" Amelia Findclue! Non è un cognome ridicolo?" Trilly ansimò e poi deglutì rumorosamente, voltò l'angolo, riferendo ogni singolo dettaglio al suo superiore.
-" E quindi, questa Amelia Findclue, potrebbe dirci molto di più. Bene andiamo a trovarla" rifletté l'agente Trevor ad alta voce.
Erano appena le 21:30 e il corpo era stato ritrovato alle 20:45, per un avviso trasmesso via telefonica, dalla portineria del Treton City Museum.
Amelia, sentì dei battiti sulla porta, ben tre rintocchi, forti e rapidi.
-" Signora Findclue, agente Trevor e la mia spalla destra, Trilly" disse prontamente l'agente.
-" Salve entrate pure, immagino che vogliate sapere di Maggie?"
-" Oltre a questo, dovrebbe venire con noi al Treton City Museum, per una vera e propria identificazione. In quanto la ragazza non ha né carta d'identità, né un cognome".
-" Saprò dare tutte le spiegazioni dovute, su questo argomento. Io e Maggie eravamo come madre e figlia e se c'è anche la più scarsa possibilità, che quel corpo strangolato non sia il suo, sono pronta a scoprirlo!" disse con voce sommessa.
Ma quello scenario brutale e sofferente, sbiadì ogni speranza.
Lei era lì, abbattuta su quel pavimento della portineria, il suo viso pallido, aveva abbandonato lo splendore di quello sguardo. I suoi occhi verdi, spenti per sempre da un soffio di impronte di mani sul collo, ancora visibili. Quei graffi sul petto, così profondi, che raffiguravano il disprezzo e l'odio verso una povera ragazza. Le sue mani tenere, rinchiuse in un debole pugnetto. Il suo corpo freddo, ma ancora armonioso, sfigurato da tagli di arma affilata e in fine, i suoi capelli rossi, stesi sul parquet in legno, a formare un ventaglio rigato dalla pietà.
Amelia non aveva la forza di parlare, osservava quel corpo immobile e infranto, piangendo. Con il viso rigato di lacrime, disse: " è lei, Maggie! Il mio angelo".
-" Signora, dobbiamo andare ora, mi dispiace" ripeté più volte con sollecitudine l'aiutante Trilly.
-" Addio mio piccolo, dolce angelo. Ricordati di me!"

STAI LEGGENDO
OMICIDIO AL TRETON CITY MUSEUM
Mystery / Thriller"La tanto famigerata porta si apre e una tormenta glaciale si scatena al suo interno. Le moquette lacerate da unghie feline, le pareti fermentate da profonde crepe, dalle quali fuoriescono tenebrosi turpiloqui, la lampada al neon che ondeggia frenet...