COLPO DI SCENA

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22^ COLPO DI SCENA

Seconda parte...

"Smeraldo", ancora lei.

Amelia era sull'orlo di un precipizio e non sapeva se buttarsi o meno nella scoperta della tragedia, ma questa volta, fece la scelta sbagliata, quella che non avrebbe mai voluto e dovuto fare, che andava contro i suoi schemi abituali. Scelse di non addentrarsi, di non buttarsi nella scoperta dell'ignoto, scelse di essere integra e di tradirsi con le sue stesse parole e con le sue stesse azioni. Era ormai diventata un punto di riferimento altrui, riusciva a sostenere anche nei momenti più difficili, ogni individuo, ma pur avendo questa grande dote, aveva anche una grande responsabilità, sostenere prima di tutti se stessa, ed era ciò che non era riuscita mai a fare, aveva perso il suo baricentro, quel suo spirito irrispettoso delle regole, dei canoni sociali; quel suo animo, tanto ribelle, quanto empatico. Non era più se stessa, ed era stata soffocata dalla sua stessa luminosità, dalla sua stessa vivacità; rimanendo imprigionata nella sua più grande paura: fallire! Sentiva di aver perso, di essere arrivata a un punto di non ritorno, di essersi inaridita e trascurata.

L'ufficio dell'agente Trevor distava dall'hotel pochi chilometri e si trovava nell'unico vero punto metropolitano dell'intera Treton, quel piccolo villaggio disperso, nella grande area del New Jersey.

La succursale del commissariato, era una sede alquanto scialba. Dotata di un enorme tetto spiovente, color ruggine, che era direttamente sproporzionato alla struttura dell'intero edificio. Il dentro, però era sorprendentemente molto accogliente. L'agente Trevor era seduto sulla poltroncina a rotelle del suo piccolo ufficio e svolgeva dei movimenti isterici con le gambe per far muovere velocemente quelle rotelle ormai usurate dal tempo.

-" Agente, signore, agente..."

-" Allora Trilly. Che c'è ?" chiese l'agente sul punto d'aver un attacco d'ira.

-" Nessuna traccia di Dasy Ackroyde..."

-" Se non hai nessuna traccia di quella stupida che si è fatta uccidere, perché vieni a disturbarmi!?" chiese alzandosi e prendendo nervosamente per le spalle Trilly.

-" Perché lei si...gnore, mi...mi ha det...to che per ogni no...vità, l'avrei dov...uto informare".

-" Ahhhh, è questa ti sembra una novità? A me sembra che stiamo nuovamente al punto iniziale!"

-" In realtà signore, agente, non abbiamo mai iniziato a indagare seriamente e ora, che vi trovate sul punto di essere licenziato, per non aver portato neanche un misero indiziato, ve la prendete con me!" gridò con un tono liberatorio Trilly e finita la sua concessione, come movimento istintivo si tappò la bocca.

-" Si caro Trilly, hai proprio ragione..." disse l'agente con un sorrisetto a labbra strette e continuando sentenziò: " ora mi potresti fare la gentil cortesia di andartene immediatamente dal mio ufficio, prima che diventi il tuo peggior incubo!!!?"

-" Si, si vado immediatamente..."

-" E la prossima volta...taci!"

E dopo pochi minuti...

-" Agente, signore, agente..."

" Che ci fai ancora qua?"

-" Me ne sto andando, c'è il direttore Maurice, che vuole parlarle urgentemente!"

L'agente Trevor era sul punto si esplodere, come un palloncino gonfiato troppo d'aria, assorbiva, assorbiva e assorbiva, ma assorbendo fin troppo, avrebbe fatto una brutta fine. Con un lungo respiro, disse: " fatelo entrare".

-" Salve agente Trevor, si sbrighi non c'è tempo da perdere. Ho trovato Dasy Ackroyde!"

-" Oh buon Dio, sapevo che non mi avresti abbandonato..."

OMICIDIO AL TRETON CITY MUSEUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora