A PRESTO MAMMA E GRAZIE

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13^ LA LETTERA

Risvegliatasi dal suo riposino pomeridiano, Amelia, molto cautamente, appoggiando le mani sul materasso del letto, si rizzò, facendosi forza con le braccia e stirandole completamente, si alzò. Con i capelli increspati, raggomitolati tramite due mollettine, si diresse verso la porta finestra della sua camera e levando il chiavistello che bloccava le due ante, si affacciò al balcone, appoggiando i gomiti sulla ringhiera rosso corallo.

Chiudendo leggermente gli occhi, per non rimanere accecata dagli ardenti raggi solari, inspirò lentamente, trattenendo l'aria, per custodire quel profumo dolce di terriccio bagnato. Come ridestatasi da un sogno, richiuse alle sue spalle la porta finestra e con passo rilassato e sguardo afflitto, si incamminò verso la porta d'uscita, per accomodarsi alla hall d'accoglienza, dove, come ogni pomeriggio, avrebbe parlato con Maggie.

Quel giorno era molto importante per lei, perché Maggie, le avrebbe raccontato ogni singolo dettaglio del suo primo giorno lavorativo. Amelia era molto felice dell'opportunità che il suo tesorino aveva ricevuto, ma nel contempo, era molto preoccupata, per quella scoperta oscena, fatta al Treton City Museum, che aveva comportato molti sospetti. Quel giorno, avrebbe rischiarato il cuore di Amelia con la verità. Era molto impaziente di apprendere le confessioni e i pensieri che quel museo, aveva suscitato in Maggie.

Ma lei non arrivava, ogni qual volta Amelia intravedeva un passante, entrare in quella hall, rizzava il collo lungo e dilatava gli occhi, che oscillavano a destra e a sinistra, per intrufolarsi con lo sguardo in profondità, ma lei non arrivava. Amelia passò ore su quella seggiola, posta all'angolo della parete dinanzi l'entrata della hall, ma lei non arrivava.

Entrò, passate le 21:00, nella sua camera. La sua schiena sempre ben eretta, ora curva, i suoi passi sempre ticchettanti ora torpidi e in fine, il suo viso sempre giocoso e radiante, nonostante le rughe e le occhiaie, ora inespressivo. Tutto in lei era mutato, il suo splendore, che la differenziava rendendola unica, era cessato. Il suo sguardo non aveva più nulla da raccontare.

Aprendo la porta, dovette mettere più forza, perché qualcosa di sottile, bloccava la sua scorrevolezza. Abbassandosi, appoggiando sul pavimento freddo, prima un ginocchio e poi l'altro, raccolse ciò che aveva dovuto far sollecitare più forza nella apertura della porta.

Alzandosi lentamente, aiutandosi con l'appoggio di un mobiletto, posto sula parete di sinistra, adiacente all'entrata, andò verso la poltroncina rosa cipria e sedendosi, aprì la lettera che aveva stretto in mano:

Cara Amelia,

volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me. Sei stata il mio vero punto di riferimento, dopo tutti questi anni. Non ti ho mai detto, quanto tu fossi importante per me. Nessuno mai, mi ha fatta sentire così voluta e desiderata! Non ho mai provato quella libertà d'amare se non con te. Tu mi hai insegnato a combattere per ciò che si crede, io credevo in te e ho combattuto per te. La mia salvezza sei tu. Mi hai scelta e io ho scelto te. Mi sono sentita amata dall'amore. E per questo devo dirti GRAZIE. Grazie Amelia.

Ti ricordi quando mi hai chiesto cosa c'entravo io con questo posto? Ora so la risposta: niente, perché tu eri il mio posto.

A presto mamma e grazie.

La tua Maggie.

Amelia era ancora più spaesata, Maggie stava andando incontro a qualcosa di pericoloso. La lettera, il suo ritardo, nessuna chiamata, tutto ciò destava troppi sospetti. Il Treton City Museum! Doveva essere successo qualcosa.

Improvvisamente si diresse, richiudendo la porta con collera, verso la hall, che ancora non era del tutto vuota.

-"Aiuto, aiutatemi, qualcuno ha visto una ragazza di nome Maggie? Vi prego ascoltatemi!" gridò in preda al panico Amelia.

-"Che cosa è successo signora?" si precipitò il direttore.

-" E' scomparsa e mi ha scritto una lettera che fa pensare..." Amelia non riuscì a completare la frase e mettendosi una mano tra i capelli, se li strattonò.

-" Si calmi ora! Dove era l'ultima volta che l'ha vista?" chiese il direttore.

-" Il Treton City Museum, dobbiamo andare là immediatamente!" disse Amelia agitata, indicando con un dito l'uscita dell'hotel. " Per favore, qualcuno mi accompagni al Treton City Museum, direttore vi prego!" continuò Amelia con voce sempre più tirata.

-" Va bene, ma sarà chiuso a quest'ora!"

-" Il suo amico, il direttore del museo, deve aprirlo, deve farlo..." continuò Amelia senza dare un senso logico a ciò che affermava.

Pian piano tutti i commensali seduti e rannicchiati sui quattro divani circolari si alzarono incuriositi, da ciò che stava accadendo e accerchiando Amelia spettegolezzavano su tutta quella faccenda.

Improvvisamente si udirono tre rintocchi lunghi del campanello. E aprendo la porta...

-" Agente Trevor" disse un uomo alto e massiccio, con occhi color nocciola, espressione inebetita e con addosso la divisa delle forze dell'ordine e continuando: "alloggiava qui una certa ragazza di nome Maggie, chi mi sa rispondere?" disse leggendo il nome di Maggie su un fogliettino estratto dalla tasca superiore della divisa.

Amelia precipitandosi verso l'agente, scuotendolo debolmente per le spalle disse: "si certo! Io, io la conosco, io! Ma che è successo?" chiese Amelia con il fiatone.

-" E' una familiare?" domandò l'agente accigliato.

-"Lei...non aveva..., ma che è successo?" richiese Amelia irritata.

-" E' stata ritrovata strangolata al...Treton City Museum" rispose il signor agente inespressivo.

Ad ogni singola parola che fuoriusciva dalla bocca di quel Trevor, Amelia si rabbuiava sempre più. E man mano lo sconforto calava su di sé, come urla trepidanti.

La maggior parte delle volte, non si vuole accettare ciò che è straziante, terribile, ma pur sempre la verità. Amelia l'accettò e rileggendo quella dolce lettera, la strinse in un abbraccio, promettendo a se stessa, di non aver pace, fino a quando quell'essere diabolico non l'avrà pagata.

-" A presto mamma e grazie..."

OMICIDIO AL TRETON CITY MUSEUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora