19 Marzo

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Michael smise di digitare sul suo portatile e si voltò per controllare le condizioni di Andreas. Dormiva, così come faceva cinque minuti prima e come i cinque minuti ancora precedenti. Il cantante non riusciva a distogliere la concentrazione dal ragazzo per troppo tempo.
Il suo lavoro ne risentiva, ma non aveva mai osato lamentarsi, occuparsi di Andreas era la sua priorità. Ed ultimamente la sua salute aveva vacillato parecchio; quella stessa notte era stata critica per entrambi: il biondo faticava a respirare persino con la bombola d'ossigeno e Michael si era lasciato andare ad un pianto disperato davanti ai suoi occhi. Non una mossa speranzosa, ma vedere il suo amato in quelle condizioni non era facile da sopportare.

Altre tre o quattro righe sul file, poi di nuovo controllò il ragazzo: muoveva piano il petto, aiutato dalla mascherina che gli copriva naso e bocca.
Passarono altri dieci minuti e Michael decise di ordinare la colazione per entrambi. Chiuse il portatile e si sedette sul letto, di fianco al suo Andreas. Gli accarezzò la fronte, le guance e il collo, il resto del corpo era coperto dal piumone pesante.

Quei leggeri contatti fecero da sveglia per il biondo, che mosse gli occhi; li aprì pochi secondi dopo, togliendosi anche la mascherina dal volto.

"Ehi" lo salutò Michael. "Hai dormito bene?"

Probabilmente erano le prime due ore di seguito che Andreas dormiva senza contorcersi dal dolore, perciò reputò che la risposta giusta fosse sì.
Annuì, sorridendo al compagno.

"Sono contento. Io ho lavorato un po'"

"Scrivi qualche bella canzone?"

Michael sorrise, scriveva e basta, definire quelle quattro frasi tristi una canzone gli sembrava un insulto.

"Ci provo almeno"

"La sentirò al prossimo concerto"

Dopo quella notte disperata i ruoli sembravano essersi invertiti, Michael si sentiva così in colpa di aver ceduto alla paura, ma allo stesso tempo non poteva fingere di non essere terrorizzato dagli episodi accaduti nell'ultimo mese. Andreas, invece, dopo quella sera al ristorante aveva conquistato un po' di voglia di sopravvivere, per stare più tempo possibile con il riccio, e in più sentiva che, in quel momento, era l'altro ad avere bisogno di aiuto.

La scia dei pensieri di entrambi si interruppe, il cameriere con la colazione bussò alla porta e lasciò il carrello.

"Ti va la spremuta?"

Andreas annuì, mettendosi a sedere. Ricevette un bicchiere e un croissant.
Mangiarono insieme, anche se mantennero entrambi un religioso silenzio: la notte appena passata aveva evidentemente lasciato un po' di imbarazzo tra i due. Ma il primo a tentare di sciogliere quel ghiaccio fu il biondo.

"So che ti torturi per quello che è successo stanotte, ma devi smetterla"

"Non ci riesco, mi dispiace così tanto"

"Ma di cosa?"

Michael rabbuiò il suo sguardo, proprio non riusciva a trovare pace.

"Avrai pensato che non credo più in te, o che..." interruppe la frase a metà: parole così terribili non potevano uscire dalla sua bocca, neanche per ipotesi.

"Ti prego, vieni qui"

Andreas appoggiò il suo bicchiere sul comodino e si sdraiò facendo posto al riccio, che lo raggiunse sotto le coperte.

"Se ti fai tornare un po' di buonumore prometto di sposarti" scherzò il biondo, sapendo bene di aver toccato un punto speciale per lui.

Infatti, Michael sorrise subito come avesse appena ricevuto un regalo. "L'hai detto eh"

Risero insieme, abbracciandosi.

"Mi sposerai sul serio, un giorno?"

La domanda di Michael rimase senza risposta, perché subito dopo il telefono di Andreas squillò, sul display il numero dell'ospedale, più precisamente: reparto chirurgia.

L'accordo era che avrebbero chiamato quando i polmoni per Andreas fossero stati disponibili.

3.7.14Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora