CHAPTER THREE
Crystal si svegliò, sussultando, trattenendo quello che sarebbe potuto essere tranquillamente un urlo, sedendosi velocemente sul letto.
Una volta che si fu calmata - "calmata" era un parolone... diciamo che aveva capito che tutto quello era stato un sogno - guardò una delle mensole che avevano appeso alla parete, dove c'era il peluche a forma di coniglietto rosa, logoro e pieno di polvere, accanto al peluche di un ippopotamo verde.
Nella Cabina di Ares non c'erano molte cose che non fossero legate al combattimento o alla guerra, e spesso quelli appena riconosciuti che non avevano più di nove anni ne rimanevano spaventati.
Avevano appeso quelle mensole, mettendoci qualche giocattolo della loro infanzia per ricordarsi che anche loro erano stati normali e bambini - non erano sempre stati abituati a combattimenti sanguinosi, e anche loro erano stati piccoli ed indifesi.
Andava bene aver paura - era una delle prime cose che insegnavano alle matricole: che nessuno è nato senza senza paure.
Per Crystal una delle paure più grandi era quella di perdere le persone a cui teneva - di perderne ancora, più che altro.
Tirò un pugno al muro, frustrata, e nella parete si formò una specie di cratere, con diverse crepe.
«Crystal,» mormorò assonnata Morgan, la ragazzina di dieci anni con cui la castana condivideva il letto a castello nella cabina di Ares, sporgendosi quello che bastava a Crystal per vedere i suoi capelli scompigliati e il suo volto assonnato. «non eri tu quella che aveva insistito sulla regola "Non si danno pugni alle pareti dalle undici di sera fino al sorgere del sole"? Sorella, saranno le tre e mezza del mattino, e credo che Apollo stia ancora dormendo.»
Crystal sbuffò, massaggiandosi le nocche arrossate. «Taci e torna a dormire, Morgan.»
La ragazzina non se lo fece ripetere due volte, e tornò sotto le coperte. «'Notte.» mormorò, riprendendo a dormire poco dopo.
«Mhmm, Chris,» borbottò Clarisse dall'altra parte della camera, e per un attimo Crystal si chiese se anche sua sorella avesse un cuore e stesse sognando il suo fidanzato, ma assunse un'espressione esasperata quando la ragazza aggiunse: «ridammi i miei Doritos.»
La castana scosse la testa, sdraiandosi e mettendosi le mani dietro alla testa, guardando il letto sopra il suo con sguardo vuoto.
Dopo mezz'ora buona passata a fissare le doghe del letto di sua sorella minore Morgan, capì che non sarebbe riuscita a riaddormentarsi, e decise di uscire per una passeggiata.
Lanciando uno sguardo all'orologio attaccato alla parete del muro, notò che erano circa le quattro del mattino - le Arpie ormai non avrebbero dovuto più sbranarla in caso l'avessero beccata, in quanto da quando il povero Sharman era tornato sanguinante da una corsa mattutina, e Will, che stava facendo il turno di notte, per poco non si prese un infarto e non ficcò una freccia nel petto al figlio di Ares, Chirone capì che ai figli di Ares alle quattro del mattino piaceva fare passeggiate e che non era il caso di lasciare le Arpie a scorrazzare in giro a quell'orario.
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𝐁𝐋𝐎𝐎𝐃 ▸ 𝐣𝐚𝐬𝐨𝐧 𝐠𝐫𝐚𝐜𝐞
Fanfiction❝𝙀 𝙥𝙧𝙞𝙢𝙖 𝙖𝙣𝙘𝙤𝙧𝙖 𝙘𝙝𝙚 𝙧𝙞𝙪𝙨𝙘𝙞𝙨𝙨𝙞 𝙖𝙙 𝙖𝙘𝙘𝙤𝙧𝙜𝙚𝙧𝙢𝙚𝙣𝙚, 𝙡𝙚 𝙢𝙞𝙚 𝙢𝙖𝙣𝙞 𝙚𝙧𝙖𝙣𝙤 𝙨𝙥𝙤𝙧𝙘𝙝𝙚 𝙙𝙚𝙡 𝙨𝙪𝙤 𝙨𝙖𝙣𝙜𝙪𝙚.❞ __________________________________________________ «Papà?» «Sì, tesoro?» «Perché ci hai...