𝐱𝐯𝐢. 𝐆𝐨𝐥𝐝

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CHAPTER SIXTEEN

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CHAPTER SIXTEEN


Leo non le rivolse più la parola per un bel po'. Crystal iniziò a sentirsi in colpa.

Riuscirono a superare il campo minato attorno alla villa, decidendo che era meglio entrare che rimanere fuori.

«Sei incredibile, amico,» commentò Jason, quando il figlio di Efesto lo salvò dall'ennesima mina anti-uomo. Mentre esaminava la serratura del portone di casa, Leo aggrottò la fronte. «Sì, incredibile. Non riesco neppure a riparare un drago, ma sono incredibile.»

«Ehy, non è stata col-»

«Il portone non è chiuso a chiave.» lo interruppe il moro.

Piper fissò la porta come se da un momento all'altro sarebbe esplosa. «Davvero? Dopo tutte queste trappole, il portone non è chiuso a chiave?»

Leo aprì tranquillamente la porta. Nessuna bomba era ancora esplosa, e andava bene così. Di tanto in tanto, Crystal si dimenticava che voleva dire non mettere al sicuro casa propria. Le sarebbe piaciuto essere come i mortali, ovvero un giro con la chiave e via, ma in qualunque rifugio in cui fosse mai stata aveva dovuto applicare trappole all'ingresso.

Il figlio di Efesto entrò per primo, senza esitazione, seguito con più riluttanza da Piper. «Non prenderla sul personale.» disse Crystal a Jason, rimanendo un po' più indietro rispetto ai suoi amici. «È ancora avvelenato per la morte di Festus.»

«E tu non lo sei?» chiese il biondo. «Nemmeno per la litigata con Leo?»

Lei sospirò. Ne aveva fatte, di litigate pesanti, e non avevano mai portato a del bene. Si ripromise di chiedere scusa a Valdez più tardi. «Leo stava cercando un colpevole. Non era arrabbiato veramente con me - almeno spero. Ci sono passata. So come funziona.»

Lui la fermò bruscamente per un polso. Nei suoi occhi, Crystal ci vide una tempesta, al contrario del solito cielo azzurro. «E tu chi hai incolpato?»

«Quelli veramente da incolpare erano già morti. Quello non ancora morto se ne sta sedentario nelle mie vene aspettando un altro dei miei attacchi ira, e fidati, non ne hai ancora visto uno. Sono abbastanza tranquilla per essere figlia di Ares, Jason, ma sono comunque figlia di mio padre. Da qualche parte, lui sta lì ad aspettare il momento giusto per farmi diventare quello che è lui. L'ultima volta che è successo, ho decapitato brutalmente un mostro, la mia arma si è rotta, e l'unico testimone non mi parla da mesi.» sospirò. «Dovremmo rimanere uniti, Jase. Non litigarci contro.»

Jase. Il figlio di Zeus non sapeva dove lo aveva già sentito, ma gli suonò spaventosamente familiare. Era solo il suo nome, si disse, quello era solo un nomignolo. Ma nessuno fino a quel momento lo aveva chiamato Jase, nemmeno Piper e Leo, che avevano più ricordi di lui di quante ne avesse Jason stesso. Jase. Era un soprannome normale, si disse. Ma fin troppo familiare.

𝐁𝐋𝐎𝐎𝐃 ▸ 𝐣𝐚𝐬𝐨𝐧 𝐠𝐫𝐚𝐜𝐞 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora