𝐱𝐯𝐢𝐢𝐢. 𝐑𝐢𝐭𝐞 𝐎𝐟 𝐏𝐚𝐬𝐬𝐚𝐠𝐞

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CHAPTER EIGHTEEN

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CHAPTER EIGHTEEN


Glithos sembrava la persona più amichevole del mondo. E aveva lo stesso tatuaggio di Crystal, ma sull'avambraccio destro.

Stavano camminando in un bosco non troppo fitto, con il sole che picchiava dall'alto. Jason era in continua tensione, e probabilmente l'uomo l'aveva capito.

«Non c'è niente di cui preoccuparsi,» gli disse. «c'è una barriera, qui, che ha protetto la nostra città per millenni. Non ti può raggiungere nessun mostro.»

Gli sorrise. «Sii felice, Jase. Andiamo a Sparta Divina.» aveva sempre il suo accento strano, e ora era chiarissimo che stesse faticando a parlare inglese.

A Jason non piaceva che lo chiamasse Jase. Glithos sembrava una brava persona, ma non si fidava per niente di lui.

Il ragazzo più grande spostò alcuni rami degli alberi, e arrivarono in una radura enorme, piena di rovine. Al biondo parve quasi di sentire in lontananza le voci di alcune persone.

«Sparta Divina è... questa

Glithos ridacchiò. «Oh, no, no. Questo è quello che vedono i mortali.» gli mise una mano sulla spalla, come per indirizzarlo. «Andiamo, avanti.»

Fecero appena due passi, e il paesaggio cambiò completamente. Il bosco sembrava essersi rimpicciolito, con la radura che aveva preso tutto lo spazio a disposizione. Monumenti in marmo bianco e in oro scintillavano con tutto il loro splendore. Donne con il peplo se ne stavano a parlare davanti a una fontana, ridendo mentre dei bambini giocavano all'acchiapparella. Centinaia di abitazioni da togliere il fiato splendevano alla luce del sole, e molte persone erano in giro, tutte agghindate come nell'Antica Grecia.

Un palazzo che avrebbe fatto sembrare la casa di Mida una baracca troneggiava su tutti, sopra una collina, circondato da templi e anfiteatri. Sulle scalinate per raggiungerlo delle bambine ridevano, facendosi i capelli e intrecciando delle coroncine di fiori. Nessuno parve accorgersi di loro.

«È solo un ricordo,» disse Glithos. «non possono vederci, perché tutto questo è già accaduto.»

Jason alzò un sopracciglio. «Ma si può sapere perché parli in modo così strano? Il tuo accento mi sta mettendo i brividi.»

L'uomo si fermò sulle scale, e si grattò la nuca. «Oh, ecco, io...» sembrava imbarazzato. «non sono un asso, in inglese, lo so. Purtroppo non è la mia lingua madre, e con te non posso parlare greco antico, come ha fatto Calene con Crystal.»

Il Grace lo guardò confuso. Avrebbe dovuto chiedere spiegazioni a Crystal, sempre che fossero sopravvissuti a Mida. «Tu sei romano,» continuò Glithos. «se parlassi latino, lo capiresti immediatamente, ma si dà il caso che io non lo parli. Sono figlio di Zeus, non di Giove, come te. Quindi, temo che tu ti debba accontentare del mio terribile accento. Scusa per l'inconveniente. Scommetto che Crystal non si è nemmeno accorta che Calene parla greco antico.»

𝐁𝐋𝐎𝐎𝐃 ▸ 𝐣𝐚𝐬𝐨𝐧 𝐠𝐫𝐚𝐜𝐞 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora