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Nolite te bastardes carborundorum

-The handmaid's tale

Cinque.

Dieci.

Venti.

Trenta minuti.

È da esattamente trenta minuti che sono stesa sul letto. Guidi non è ancora tornato. Ha detto che si sarebbe trattenuto ancora un po', aveva delle cose da sbrigare.

Mi sono fatta una doccia fredda con tanto di capelli, sperando che almeno questo avrebbe contribuito a tenermi sveglia. Pettinare dei capelli ricci, anche se ricoperti di balsamo e sotto mezzo litro l'acqua al secondo non è certo una delle attività più rilassanti del mondo.

Credevo che almeno questo mi avrebbe tenuta impegnata, quantomeno fino all'arrivo di Guidi.

Molto probabilmente domani dovremo tornare al circo dal momento che, a quanto pare, quella è ufficialmente la scena del delitto. Continuo a domandarmi che genere di relazione potrebbe esserci fra il contorsionista e l'occhio di Ra, ma non riesco a trovare una risposta.

Ra non ha mai permesso a nessuno di entrare nella sua organizzazione, al di fuori di coloro con i quali aveva già qualche relazione. Non si fidava. La posta in gioco era troppo alta e far entrare qualcuno con rischio che venisse arrestato e spifferasse tutto non era un'opzione. Se qualcuno aveva la sfortuna di destare i sospetti del "dio sole" finiva carbonizzato. Letteralmente. Una volta ho assistito. Ho sempre avuto paura del fuoco, ma da quel giorno la sola vista di un corpo bruciato mi fa venire la nausea. Che sia in televisione o dal vivo.

Faceva parte dei miei incubi costituiti da fiamme, sangue, armi e cadaveri.

E questa è la principale ragione per la quale mi rifiuto di chiudere gli occhi. Ieri sera sono riuscita a risparmiarmeli, ma so per certo che oggi non sarò altrettanto fortunata. Perché loro sono lì, sono affamati e non vedono l'ora di portarmi giù assieme a loro.

Quando arrivai nella mia "nuova famiglia" nessuno di loro sapeva perché fossi lì. Mi trattavano, e tutt'ora mi trattano, come se fossi davvero loro figlia.

Leonardo si comporta con me come se io e lui fossimo fratelli per davvero e per me, che avevo appena lasciato due fratelli che mi credevano morta, di certo non era facile svegliarmi ogni mattina e ritrovarmi la sua di faccia, e non quella di Nico, al tavolo della colazione.

E si vedeva. Ce lo avevo scritto in faccia e non avevo alcun interesse a nasconderlo, ma nessuno diceva nulla.

Ero certa che non sapessero quali eventi mi avessero portata nella loro casa. Doveva essere per forza così, perché in caso contrario non sarebbero così gentili e amorevoli con me.

Mi avrebbero guardata con disprezzo, si sarebbero rifiutati di condividere il loro cibo con me e con la scia di morte che mi portavo dietro.

Ma qualcuno lì sapeva.

Si trattava di "mio padre".

Sciocco da parte mia credere che mi avessero affidata ad una famiglia qualunque.

Erano le quattro di mattina. Non riuscivo a spegnere la tesa, desideravo solo che quei ricordi svanissero, ma non lo facevano mai.

Mi chiese come avevo fatto.

Come avevo fatto ad uscire intera da tutta quella storia.

Ovviamente non si riferiva alla mia sanità fisica.

Quella mattina scoprì che la mia mente aveva messo in atto un meccanismo di protezione che i militari e quelli come lui, che avevo poi scoperto lavorare per l'interpol, impiegavano anni e anni di esercitazione per imparare.

La ragazza bugiardaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora