53. Drago contro drago

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Davanti a quella straordinaria manifestazione di poteri magici, che gli incuteva un misto di timore reverenziale e attonito sbalordimento, Merlino trattenne il fiato, incapace di distogliere lo sguardo da essa. Era uno spettacolo spaventoso, suggestivo e affascinante allo stesso tempo, quasi quanto un sogno inquietante dal quale, nonostante la paura, non ci si vuole svegliare per la curiosità di giungere alla fine. Certo, era di dimensioni ridotte - per fortuna! - rispetto all'unico vero drago che egli avesse mai visto di persona, ma era comunque maestoso e irradiava attorno a sé non solo un calore tanto intenso che l'aria stessa pareva aver preso fuoco, ma soprattutto un invisibile, intenso effluvio di magia, una scia incorporea densa di energia dalla quale la sua anima si sentiva attratta, come se, dentro di essa, avvertisse la presenza della stessa forza che dava forma a quelle fiamme. Non era soltanto l'aria ad essersi surriscaldata: anche i suoi poteri si erano come infiammati e ardevano di un desiderio sfrenato, che, però, non era quello di attaccare o di far svanire il drago, no, tutt'altro... Era come se volessero emergere dal suo corpo e avvolgerlo a sua volta in un turbine infuocato, manifestandosi in piccole fiammelle che gli scorrevano nelle vene, infiammandole e fremendo dalla voglia di uscire allo scoperto non con intenzioni ostili, ma allo scopo di... ecco, salutare un vecchio amico: percepiva una forte affinità tra le fibre del suo essere e la magia antica che alimentava la creatura della Vertelch. Il giovane mago aveva davvero l'impressione di trovarsi davanti a un drago in carne ed ossa; era un vero e proprio capolavoro, perfetto nei minimi dettagli: i movimenti irrequieti della coda, percorsa per la sua intera lunghezza da lingue di fuoco tremolanti e appuntite, rivolte verso l'alto, gli ricordavano quelli nervosi della coda di Kilgharrah, così come i bagliori accesi che sfavillavano sul dorso, a imitazione di splendide scaglie rilucenti, e sulle ali. Queste ultime sembravano persino fremere per l'impossibilità di dispiegarsi del tutto nello spazio a disposizione. Non gli mancava nemmeno la bocca, ovviamente: una temibile e larga bocca di drago, chiusa, almeno per il momento. Ma, soprattutto, ciò che più lo attraeva era il suo sguardo, così intenso e magnetico, così inequivocabilmente... umano. Quegli occhi così vividi davano proprio l'impressione di essere lo specchio di un'anima, l'anima della Vertelch. Anche l'attenzione di Priscilla fu completamente catturata dalle sue pupille, due singole fiamme violacee che scintillavano più intensamente rispetto al resto del corpo, ma per una ragione ben diversa: mentre Merlino si sentiva attratto dal legame esistente tra i suoi poteri e quelli della fonte, la piccola strega provò un tuffo al cuore per motivi molto più personali e intimi. Era emozionata come se, di fronte a lei, ci fosse già l'anima della sorella, distante eppure vicina, quasi perduta ma ancora viva; e finché era viva, poteva essere salvata... Entrambi inebetiti, accaldati, assorti nella contemplazione di una presenza tanto prodigiosa, rimasero lì, immobili tra due fuochi, dimentichi di tutto il resto per alcuni lunghi istanti, persino della minaccia che incombeva alle loro spalle.
D'altra parte, la Vertelch, dopo averli osservati meglio dalla prospettiva del drago, mettendo a tacere una minuta voce che si era levata dentro di sé, che la esortava timidamente a fermarsi, a ricordare il nebuloso passato, a non compiere qualcosa - qualcos'altro - di cui, in seguito, avrebbe potuto pentirsi, si riscosse e decise di agire. Con un sussulto che tradiva la sua inquietudine interiore, scacciò il tarlo fastidioso che si era insinuato nella sua mente: quelle persone non erano nulla per lei, doveva cacciarle, fermarle, impedire loro di arrivare a lei e rivolgerle parole insulse, di biasimo o critica per il suo comportamento o, ancora peggio, di commiserazione. Non desiderava sentirle, perché aveva il presentimento che, se l'avesse fatto, qualcosa dentro di lei sarebbe andato in pezzi irrimediabilmente. Ormai non poteva più tornare indietro, non poteva - e non doveva - essere salvata, perché non se lo meritava. Non meritava nemmeno la pietà di nessuno, lei: non poteva uscire dal baratro di disperazione e odio verso se stessa in cui era precipitata da quando non era riuscita a salvare... Chi? Le pareva di aver scordato qualcosa d'importante, o meglio, qualcuno: una sagoma nascosta dietro un velo di nebbia nella sua memoria. Un groppo alla gola minacciò nuovamente di farla desistere dall'attaccare gli intrusi, ma, con un estremo sforzo di volontà, riuscì a liberarsene. Rimosso ogni scrupolo, aprì di scatto le dita della mano destra, tenendola talmente vicino al flusso rosso, in fermento sotto di essa, al punto da sfiorarlo. La sensazione di potenza che la donna provò fu inebriante e travolgente, tanto che le fece perdere coscienza di sé e della sua identità fisica, come già le era capitato giorni addietro; lei e i poteri della fonte erano divenuti una cosa sola. Fu allora che il drago, rimasto immobile fino a quel momento, all'improvviso aprì la bocca e, da essa, in un attimo scaturì un getto infuocato che avrebbe colpito in pieno Merlino se Priscilla non avesse previsto il suo attacco repentino e non avesse agito con prontezza, riscuotendosi dallo stato di apatia in cui era caduta: aggrappandosi al braccio del giovane con tutto il suo peso, lo fece spostare di lato, lanciando, nel contempo, un grido acuto.

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