82. Arrivederci

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A malincuore, dopo aver preso un lungo respiro, come a voler imprimere meglio l'odore di Priscilla nella sua mente, Lucynda si staccò per prima, sciogliendo l'abbraccio. La veggente tirò su forte con il naso e, con lo sguardo rivolto verso il basso, si sfregò gli occhi arrossati; cercava di fare la dura, ma il suo volto era chiaramente turbato e rifletteva una profonda ansia interiore. Toccava a Lucynda sdrammatizzare la situazione, come sempre. Il loro amato padre era solito ripetere per scherzo che, nella loro famiglia, proprio Lucynda, con il suo ottimismo e la sua vivacità, era la luce, mentre Priscilla era l'oscurità, perché vedeva sempre tutto nero; per questo erano perfette insieme, poiché l'una completava l'altra ed entrambe erano per lui necessarie quanto l'aria che respirava. In realtà, per Lucynda, Pris era sempre stata la sua luce: un raggio di sole caldo e confortante riservato soltanto a lei, perché gli altri non riuscivano a scorgere lo splendore e la forza del suo spirito. Priscilla sarebbe stata nei suoi pensieri a ogni passo, facendole coraggio fino a quando non avesse superato il passaggio segreto della cascata e avesse perso la memoria; sì, perché se sua sorella aveva cavalcato un drago d'acqua per aiutarla, lei poteva riuscire benissimo a immergersi nella fonte e andarsene sulle proprie gambe. Doveva riuscirci, non avrebbe più deluso nessuno; aveva già commesso abbastanza errori. La sua mente corse poi a Daven: se fosse stato lì al posto di Merlino, le avrebbe detto di non tormentarsi più per quanto era accaduto; le avrebbe rivolto uno dei suoi luminosi e ampi sorrisi e l'avrebbe esortata ad agire per il bene del suo popolo e per quello dell'umanità intera. Era convinta che egli non fosse cambiato nemmeno invecchiando, dato che aveva spontaneamente sacrificato la propria vita per salvare quella altrui, senza esitazione. Pur non essendo più vivo, in un certo senso era stato Daven a indicarle la via per uscire dalle tenebre: la pietra apparsa miracolosamente grazie al pozzo e i ricordi ad essa legati l'avevano fatta rinsavire, scacciando l'oscurità in cui era sprofondata. Anche il suo primo amore era stato proprio come un raggio di sole che aveva attraversato la sua giovinezza ed era infinitamente grata di averlo conosciuto; Lucynda, ora, non aveva più rimpianti, no, non avrebbe più fantasticato sul passato, doveva soltanto pensare al futuro.
Dopo aver così meditato tra sé e sé, fu di nuovo lei a parlare per prima e la sua voce suonò piuttosto allegra e scherzosa, tanto che Merlino e Priscilla se ne meravigliarono.

"Beh, che cos'è questa faccia da funerale, sorellina? Temi forse che i fluidi degli elementi possano sciogliermi e trasformarmi in una poltiglia informe e appiccicosa? Gilbert mi ha assicurato che non c'è nulla di cui preoccuparsi, sarà un processo indolore e non sarò né la prima né l'ultima ad affrontarlo."

Tuttavia, sua sorella non parve affatto rassicurata da tali parole.

"Sì, lo so, ma che ne sa, lui? Non mi risulta che abbia mai parlato con nessuna Vertelch che l'avesse fatto, dato che se ne vanno da Bre Bile sempre silenziosamente, quasi fossero ombre più che persone. Ah, dice sempre così quell'uomo, anche se le cose non le ha provate in prima persona! Tende a rassicurare gli altri, quando lui è il primo a essere preoccupato..."

"Lo conosci bene, eh, sorellina? Beh, io mi fido della sua opinione, tu no?"

La veggente la guardò titubante.

"Mah, sì, generalmente, però..."

A quel punto, Merlino intervenne a difesa dell'anziano mago.

"In effetti, prima che entrassimo nel pozzo dei desideri, ha detto lo stesso anche a me e ad Artù e aveva ragione! Non è stato affatto doloroso."

Priscilla fece un cenno diffidente in direzione della fonte dei quattro elementi, aggrottando le sopracciglia.

"Giudica un po' tu! Il pozzo è una cosa diversa... Calarsi là dentro non mi pare che possa essere considerato un bagno rilassante."

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