56. Un incontro tanto atteso

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Per alcuni lunghi istanti, sembrò che la donna incappucciata, rimasta perfettamente immobile, non avesse udito il bisbiglio titubante ed emozionato della sorella, che attendeva una sua qualunque reazione col fiato sospeso. D'altra parte, non appena ebbe udito quel nome, Merlino aggrottò la fronte perplesso, rendendosi improvvisamente conto che, fino a un attimo prima, non aveva mai saputo come si chiamasse la Vertelch: stranamente, non gli era nemmeno venuto in mente di chiederlo, anzi, non aveva neppure pensato che, prima di assumere quel ruolo prestigioso, ma, allo stesso tempo, così gravoso, senz'altro anche lei, come tutti, doveva aver avuto un nome proprio. Del resto, né Gilbert né Priscilla gliel'avevano mai accennato e si erano sempre riferiti a lei definendola "la Vertelch" o chiamandola sorella. Riflettendoci, era una cosa buffa che ne fosse venuto a conoscenza solo ora che ce l'aveva proprio davanti agli occhi. Non avrebbe saputo bene come spiegarlo, ma, adesso che sapeva il suo vero nome, in qualche modo si sentiva più vicino a lei: pensare a lei come Lucynda e non più solo come "la Vertelch" la rendeva meno spaventosa e distante, come se il fatto di chiamarla con l'appellativo datole dai genitori alla nascita la rendesse, in un certo senso, più umana. Essa era, prima di ogni altra cosa, una persona, che - ne era sicuro - aveva bisogno di aiuto, una donna sola che, da molto tempo e non di sua spontanea volontà, sosteneva un pesante fardello sulle proprie spalle, persino più grande di quello che gravava sulle sue. Certo, egli sosteneva Artù difendendo nell'ombra il futuro di Albione, ma la Vertelch era investita di una responsabilità ancora maggiore, riguardante addirittura il mondo intero e la sopravvivenza stessa di ogni essere vivente. Ciononostante, non bisognava dimenticare che lei era, o almeno era stata, prima di tutto, una donna di buon carattere e di sani principi, secondo quel poco che gli avevano riferito; del resto, se non avesse posseduto un animo puro, la fonte non l'avrebbe scelta. Eppure, per qualche motivo a loro ancora ignoto, pareva aver assunto il ruolo della strega malvagia, che sfruttava il proprio potere per ledere gli altri senza curarsi delle conseguenze: ci doveva pur essere una spiegazione a quel suo cambiamento e trovarla significava entrare nel suo cuore e avere una possibilità di successo nella missione che Gilbert e tutta Bre Bile gli avevano affidato.
Dopo un silenzio prolungato, Priscilla riaprì la bocca per richiamare la sorella a voce più alta di prima, ma si bloccò non appena la vide, ancora di spalle, alzare un braccio all'improvviso e tenderlo al di sopra della vasca. Al suo gesto, da una parte di quest'ultima, un fluido di colore rosso si sollevò oltre il bordo, rendendosi visibile ai loro occhi, per poi ricadere subito verso il basso allorché Lucynda riabbassò il braccio. Proprio in quel momento, Merlino intuì che il temibile drago di fuoco rimasto nel labirinto era scomparso: la Vertelch aveva posto fine all'incantesimo, rinunciando alla lotta col suo vortice di vento, che egli dissolse quindi a sua volta. Subito dopo, la sala, prima rischiarata solo dalla luce proveniente dall'entrata, si illuminò d'incanto, come se ci fossero delle grandi finestre da cui entravano intensi raggi di sole; in tal modo, il Saggio rivelava ancora la sua presenza aiutandoli come gli era concesso, rendendo il luogo meno lugubre e più adatto al dialogo e al confronto - almeno secondo la sua opinione e quella di Merlino - che sarebbe seguito.
Finalmente, Lucynda si girò con estrema lentezza e mostrò il proprio volto, provocando una reazione diametralmente opposta nei due astanti.
Anche se era ancora incorniciato dallo spesso cappuccio e pur non essendo tanto vicina da poterla toccare, Priscilla riconobbe all'istante il viso della gemella, così simile al suo, o, almeno, a quello d'un tempo, a eccezione degli occhi, somiglianti ma non identici: lei non era Lucynda e Lucynda non era lei, anche se molti, in passato, le avevano scambiate ripetutamente l'una per l'altra. Malgrado il loro aspetto, entrambe avevano sempre saputo di essere diverse, di avere qualità e caratteri distinti, non solo per i poteri divinatori che Priscilla, a differenza della sorella, aveva ben presto manifestato: i loro cuori, le loro anime, seppur strettamente connessi, erano molto diversi. Lucynda era sempre stata quella più dolce, gentile e affettuosa, quella che aveva una buona parola per tutti, sempre calma e sorridente, mai acida o scontrosa. Praticamente il suo opposto: erano tanto identiche nell'aspetto, quanto differenti nel carattere.
Priscilla rimase immobile e muta, senza la minima idea di cosa dire per rompere il ghiaccio e spezzare la tensione soffocante che le separava: quali erano le parole giuste per arrivare al suo cuore attraverso la forza dell'amore, come le era stato suggerito dal Saggio? Lei era una vera frana quando si trattava di imbastire un discorso sui sentimenti; non era mai stata in grado di esprimere a parole le proprie emozioni ed era terrorizzata dall'idea di fallire proprio in quella circostanza, sapendo che, in tal caso, l'avrebbe rimpianto per tutto il tempo che le restava da vivere. Si limitò a fissarla da lontano, sperando di ricevere perlomeno un segno di riconoscimento da parte sua. Ma qualcosa nel suo sguardo stralunato e freddo stava dando conferma ai suoi peggiori timori. L'incontro tanto atteso, immaginato così a lungo nella sua mente, era finalmente giunto e lei non sapeva prevederne l'esito; non aveva il minimo sentore di come sarebbe andata a finire, dato che era troppo coinvolta a livello emotivo e non riusciva a prevedere più nulla. Erano così vicine, eppure così lontane: qual era la chiave - se esisteva - per accedere all'animo buono, al cuore affettuoso che palpitava ancora sotto quel cattivo travestimento? Il ruolo da strega malvagia non si addiceva per nulla alla sua cara Lucy. Perché diamine non sapeva quale fosse la giusta mossa da fare, ora? Forse, perché, trovandosi così coinvolta, il futuro non le era mai stato tanto oscuro e ignoto: non le aveva mai fatto così tanta paura.
Merlino, invece, non appena scorse il volto di Lucynda, sobbalzò, non dalla paura, bensì per la sorpresa.

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