Letter from brother Watson

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221B Baker Street
London. 30 luglio 1898

Dear Belle,

Grazie per aver risposto in fretta al mio precedente telegramma. Purtroppo, come ben saprai, in questo sei certamente più efficiente di me, sorellina.

Sono lieto di poterti finalmente scrivere.
Gli impegni lavorativi e tutto ciò che gli ruota attorno, mi hanno impegnato tanto da non riuscire a trovare un solo attimo per rispondere alla tua lettera, penso anche che la mia stanchezza avesse impedito ai miei arti di svolgere qualsiasi movimento. A proposito, non ti ho ancora accennato nulla dell'ultimo mistero in cui io e Sherlock siamo stati coinvolti, come potrai già intuire è stato entusiasmante a modo suo, questo ovviamente grazie a Sherlock, ma non preoccuparti, nulla che non rientri nella sua spiccata personalità.

Comunque, sorellina, avremo modo di parlare di questo dopo, perché sono felice di annunciarti che sto per farti presto visita. Presto potrò trovare un pò di pace tra gli alberi del nostro giardino, seduto sull'erba verde della nostra amata campagna inglese. Mi manca moltissimo casa nostra che non puoi immaginare, in questi dieci anni, la lontananza ha creato un vuoto incolmabile dentro di me. Non vedo l'ora di potervi riabbracciare.

Aspettami per il giorno 13 luglio, alle ore 11:00. Prenderò il primo espresso, sperando di arrivare in tempo per il pranzo. Ti prego di non dire alla mamma questa notizia in maniera così improvvisa, ma di preparare un discorso che pian piano porti lei e papà a supporlo.
Detto questo, mia dolce Belle, spero di vederti presto.

Un grande abbraccio,
Jonh Watson.

💐

Quel 13 di luglio, che vogliate crederlo o no, arrivò molto prima di quanto Belle avesse potuto immaginare. Stava proprio rifacendo il suo letto quando alzò gli occhi azzurri casualmente verso il calendario, sbarrandogli pieni di sorpresa. Si era accorta che tutti i giorni, dal 1 di luglio sono al 12 erano stati sottolineati; solo il tredici sembrava non essere stato segnato. Quel numero, dipinto in bella calligrafia, era stato decorato con una quantità di colori accessi che Belle di rado utilizzava in uno dei suoi schizzi per evidenziarne l'importanza. Finalmente quel giorno era giunto e lei doveva prepararsi. Watson sarebbe arrivato presto e l'orologio segnava le 9:30, era in ritardo. Finito di rifare il letto e di riordinare almeno in parte la sua stanza, Belle si catapultò come un razzo verso l'armadio per afferrare uno dei suoi vestiti più belli, color rosso scarlatto, lungo fino alle caviglie. Indossò di malavoglia il corsetto — lo odiava, probabilmente non c'era cosa più scomoda e invalidante che esistesse — ma si diceva che fosse necessario. Anche per questo aveva deciso di ricucirlo a modo suo principalmente per un fattore di comodità. Quando legò i nastri del suo abito, passò le mani sulla gonna per eliminarle le pieghe, e sempre con molta felicità sistemò i capelli appuntandone qualche ciocca. A lavoro compiuto si complimentò con se stessa e uscì di casa. Pensò che fossero passate solo poche ore da quanto Watson aveva risposto alla sua lettera, per quanto quelle due settimane fossero volate così in fretta, mentre attraversava il vialetto verso la carrozza.
«La stazione, grazie» disse al cocchiere dopo che fu salita.
Jonh Hamish Watson
Laureato in medicina all'università di Londra nel 1878; chirurgo militare a servizio della Corona, ha combattuto nella seconda guerra anglo-afgana, congedato dopo la battaglia di Maiwand, per aver subito un incidente, fortunatamente nulla di grave. Braccio destro del più grande detective dell'epoca, Sherlock Holmes, con il quale divideva un appartamento a Baker Street. Lui e Watson erano una squadra formidabile. Praticamente straordinari, Belle non avrebbe avuto niente da ridire a riguardo. Era profondamente affascinata dalla quantità di casi che il fratello aveva dovuto risolvere, delle molteplici maschere che poteva indossare un colpevole, quale movente potesse spingere a commettere un crimine. Avrebbe desiderato che un giorno Watson le spiegasse meglio tutto del suo lavoro. Magari avrebbe potuto chiederglielo quando sarebbero arrivati a casa. I suoi non avrebbero esitato a mandarla a Londra con suo fratello, l'unico fratello, la persona che più le era mancata in tutti quegli anni, che finalmente aveva deciso di prendersi una paura dal suo sfiancante lavoro per fare visita alla sua famiglia. Erano stati sette gli anni in cui era mancato, nonostante ciò non aveva mai smesso di scrivere di lui e del suo bizzarro inquilino. Chissà che tipo fosse Sherlock Holmes di persona, se era davvero così particolare come Watson diceva oppure gli piaceva solo esagerare riguardo alla descrizione del noto detective. Avrebbe chiesto anche quello. Mentre Belle faceva tutti quei pensieri, la carrozza aveva già attraversato gli immensi campi verdi ed era arrivata proprio di fronte alla stazione di Costwolds, fermandosi all'entrata. La ragazza scese appena in tempo di sentire il treno fischiare, Watson era arrivato.
«Jonh!» la ragazzina si mise in punta di piedi per scorgere il volto del fratello, solo dopo si accorse che l'uomo era sceso è stava camminando verso di lei con un grande sorriso.
«Belle!» disse Watson a sua volta aprendo le braccia in direzione della sorella. Rimasero qualche momento abbracciati per assicurarsi che fossero veramente lì e che non fosse semplicemente un sogno. Quel 13 di luglio, pensò Belle, finalmente suo fratello aveva fatto ritorno a casa, era motivo di festeggiare.
«Mia dolcissima Belle, ti ho riconosciuto all'istante quando ho visto i tuoi lunghi capelli castani, come quelli di mamma, e gli occhi chiari e vispi, come quelli di papà. Devo dire che ora riesco a capire bene a chi somigli di più».
«Somiglio di più a te, fratellone. Che gioia che tu sia qui, non riesco ancora a credere che tu sia qui».
«Probabilmente sarà l'emozione» Watson sorrise, poi la prese per mano per avvicinarsi a due figure alle sue spalle «Adesso permettimi di presentarti Sherlock Holmes e Enola Holmes».

➣ Enola Holmes: the Watson caseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora