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Il viaggio era stato pressoché tranquillo per i primi quaranta minuti. Dopo le diverse voci e il susseguirsi di via vai continui, c'era stato un momento in cui il mezzo aveva dovuto necessariamente fermarsi, nulla di grave, poi, il treno ripartì.
Quando finalmente, Belle mise piede sul suolo londinese, si accorse di quanto la città le fosse mancata e non mancava di farlo vedere con un enorme sorriso stampato sulle labbra, questo almeno fin quando un gruppetto di giornalisti non si avvicinò ai quattro. Era chiaro che Sherlock Holmes e Dr Watson, e anche Enola fossero personaggi importanti, ma che qualcuno di loro avesse citato pure il suo nome la sorprese.
«Signorina Watson, buon rientro a Londra. Secondo alcuni, il governo inglese sta procedendo per scendere a patti con la Francia, lei che ne pensa?» il giornalista aveva urlato a meno di un metro dal suo orecchio. Belle sé lo coprì con la mano, infastidita, cercando quanto più fosse possibile di liberarsi, ma non ebbe molto successo. Intanto la folla avanzava verso di lei in cerca delle risposte di cui era sprovvista.
«Cosa volete ne sappia una ragazzina sull'andamento politico? Solo perché è figlia di un membro delle forze armate e di un funzionario alla Camera dei Lord?» un giovane ragazzo dai capelli scuri si era posto tra lei per difenderla, dandole lo spazio per uscire fuori dalla stazione ed entrare dentro la carrozza.
«Permettete signorine» il ragazzo continuò aprendo la porta della carrozza e porgendo la mano per farle salire.
«Tu chi sei?» Enola domandò con la poca delicatezza.
«Tom, Thomas, solo Tom. Vostro nonno, Mr Watson, mi ha mandato a prendervi personalmente. Prenderemo una strada alternativa se vorrete».
Jonh Watson, che prima aveva assunto un'espressione dubbiosa, rilassò immediatamente il viso.
«Ma certo, sei il figlio di Gordon! Il nostro cocchiere. Non ti ricordi Belle? Bene, Tom, devo chiederti un favore».
«Certo Mr Watson» il ragazzo tese l'orecchio.
«Prima di andare a casa dei nostri nonni, avremmo urgente bisogno di raggiungere casa nostra. Sai la strada, giusto?».
«Quella che si trova vicino Covent Garden?».
«Esattamente».
La casa a Covent Garden era stata la prima casa dei coniugi Watson quando si sposarono e lo avevano vissuto per tutta la loro vita fino a quel punto, quando l'avevano lasciata alle mani dei figli, lasciando in parte anche qualche indizio che Belle era pronta a cogliere. Una volta entrata in casa sentì che finalmente aveva ritrovato ossigeno da respirare e un peso in meno sullo stomaco. Casa sua le era mancata e in ogni caso sarebbe stato meglio stare a Londra che nella dispersa nel verde Costwolds.
«Senti odore di casa?» Enola la prese in giro, dopo che ebbe lasciato la mano di Tom per raggiungerla all'ingresso.
«Non sai quanto» affermò l'altra «Ma sento anche odore di nuovi indizi».
Enola annuì con la testa «Esatto, se i tuoi hanno lasciato indizi a Costwolds, allora qui sarà pieno zeppo».
«Non credo» la maggiore si tolse il cappello e i guanti, lasciando l'altra perplessa.
«Con una reggia come questa vorresti farmi credere che non ti abbiano lasciato più di un indizio?».
«Certo che l'avranno fatto, ma conto che siano meno di tre e sai perché?».
«No, illuminami» Enola alzò la braccia al cielo, seguendo la ragazza su per le scale, le quali portavano fino al piano di sopra dove si trovavano le camere da letto, i bagni e un salotto col pianoforte. Quella casa sembrava davvero una reggia, ma cosa ci si poteva aspettare da gente benestante se non il lusso?
«Perché i miei non sono amanti del troppo e perché mio padre aveva sempre un detto che recitava "mai più di tre e mai meno di uno" . Lo utilizzava quando parlava di cibo e mia madre lo riprendeva, specialmente con i croissant della signorina Torn, che detto tra noi, alla fine mangiava più lei che noi».
«Questo è il motivo per cui pensi che ci siano meno di due indizi?».
«Esatto. Se dovessi basarmi su i ricordi più importanti e più frequenti, direi che lo è».
«Ottimo, allora cerchiamo».
Le due ragazze sistemarono le proprie cose, e prima che arrivasse l'ora di pranzo, si misero a cercare in giro per casa senza che i fratelli potessero vederle, almeno secondo loro. Sherlock era difficile da ingannare, ma più che complice delle due, altrimenti non si sarebbe spiegato il motivo per cui aveva parlato del medaglione in treno, facendo quel sorriso sornione. L'investigatore iniziò a trattenere una lunga conversazione con Watson riguardo il da farsi.
«Pensi che si tratti davvero di una questione lavorativa, Watson?».
«Dillo tu a me, Sherlock» l'altro sospirò confuso, avvicinandosi alla finestra per guardare giù in strada «Mia madre mi aveva mandato una lettera pochi giorni fa in cui mi chiedeva di aiutare Belle a inserirsi in società. Che fosse per attirare qualche buon partito, o semplicemente per darle la possibilità di fare carriera, non lo so. Dovevamo essere tutti presenti al gala che ci sarà tra due giorni, come famiglia e io ti avrei chiesto di venire e di portare Enola, avrei portato mia moglie e avremmo festeggiato come si usa fare tra quelli del mio ceto sociale. Non lo so. C'erano tanti progetti, che la scomparsa dei miei genitori era l'ultima cosa che desideravo, che desiderava Belle...».
«Penso che i tuoi genitori non siano scomparsi per volere di qualcuno, ma perché dovevano necessariamente farlo. Poi, dovendo far conto della loro importanza in società era chiaro fossero a conoscenza di alcuni dettagli...».
«E glielo spiegherai tu a Belle?».
«Credo che lo scoprirà da sola. Lei e Enola  formano un'ottima squadra».
«E tu permetteresti alle nostre sorelle di indagare sulla cosa? Non si tratta del Marchesino scomparso!» Watson disse sottovoce ma in maniera agitata, per paura che le due ragazze potessero ascoltarli, ora che Sherlock gli aveva rivelato questa possibilità.
«Anche il Marchese aveva la sua importanza al tempo della riforma. Come adesso lo hanno i tuoi genitori in questo momento. Non dico di dover lasciare completamente libere le nostre sorelle di immischiarsi in affari col governo, ma se come dici tu, Belle doveva trovare il suo posto nella società, è chiaro che finirà per parlare della cosa. Il tuo tentativo di tenerla fuori dalla politica fallisce. Quindi, mio caro Watson, lascia che faccia le cose a modo suo, guidala senza mai tenerla alle strette, chi sa se poi non siano capaci di venirne a capo».
«Odio darti ragione Sherlock» Watson sbuffò ripensando al lungo ragionamento «Ma hai ragione» disse, provocando nell'altro una risata.

➣ Enola Holmes: the Watson caseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora