Capitolo 5

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Mel aveva cominciato a passare tutto il suo tempo libero al numero Sei, lavorando ossessivamente. Ogni sera si riuniva con i Miller per la cena, aiutava a lavare i piatti, poi attraversava la strada ed entrava nella sua casa fredda e vuota e lavorava per altre due o tre ore. A volte era dura lasciare la calda atmosfera familiare, con Ben e Stevie allegri e scherzosi davanti alla televisione, ma Mel era dominata da una determinazione che riusciva a malapena spiegare anche a se stessa.
Nonostante tutte le pulizie fatte e l'essersi liberata degli scatoloni il tanfo era sempre presente. Facendosi guidare dal proprio olfatto Mel scoprì che proveniva dal tappeto del soggiorno, dopodiché non riusciva più a smettere di pensarci. Ogni volta che entrava in quella stanza guardava il tappeto. Era nero di sporcizia e l'untume aveva formato delle chiazze dure e lucide come gommalacca. Cercò di grattarle via con un temperino e uno spazzolone, ma era un impresa impossibile.
Si sedette inginocchiata sui talloni e guardò a lungo il tappeto poi, con improvvisa determinazione, scattò in piedi, spostò le sedie e il tavolo e lo arrotolò, legandolo in un fagotto più piccolo che poteva, trascinandolo fuori dalla porta d'ingresso in attesa della raccolta dei rifiuti.
Saira Hussain uscì dalla casa accanto e la guardò imbarazzata. Aveva tre anni in meno di Mel, ma qualche volta avevano percorso insieme il tragitto fino alla scuola.
- Ma tua madre cosa dirà?
- Non m'importa!- disse Mel. - Non m'importa se mi sgrida. Non ho più intenzione di convivere con quell'affare puzzolente. È meglio senza. Sto cercando di fare pulizia. Entra, tanto vale che vedi com'é.
A Mel non interessava più. Che tutti vedessero! Forse avrebbero capito a cosa era stata costretta ad adattarsi. Non credeva che Saira avrebbe fatto battutine di spirito o che ne sarebbe rimasta particolarmente sconvolta.
Saira rimase in silenzio, guardandosi attorno.
Anche Mel si guardò attorno e cominciò a ridere in modo isterico. - Sai che ti dico? Quando la prossima settimana cominciano le vacanze, mi metterò a buttar via anche quegli stupidi soprammobili sbreccati che ci sono sulle mensole. Li ho sempre odiati. E questo vecchio cuscino puzzolente. E quel grande orologio rotto. E... quella televisione. Non si può riparare, il tecnico gliel'ha detto.
- Ti ucciderà.
- Butterò tutto ciò che non si può riparare o lavare. Non vedo perché dovremmo vivere in mezzo al ciarpame. Ti fa solo sentire sporco e impotente. È questo il problema di questa casa. Di questa strada, addirittura. È piena di ciarpame abbandonato. Non c'è niente di bello o di carino da guardare.- Diede un calcio alle brutte gambe del tavolo.
- C'è un sacco da fare. Ti darò una mano.
Mel disse seccamente. - Posso cavarmela da sola, grazie.
- Ma io sono brava a fare le pulizie. Faremo più in fretta.
Era strano, pensò amaramente Mel, quando aveva avuto veramente bisogno di aiuto non c'era stato nessuno. Adesso che se la stava cavando da sola, si stavano mettendo tutti in mezzo.
Vi Brown dall'altra parte della strada, le aveva detto: "Se vuoi un letto o un prestito, vieni da me. Al Comune non piacerebbe, ma non lasciare che quella signorina con la puzza sotto il naso e la Volvo rossa la faccia da padrona con te. Io so come trattare con quella gente. Dille di girare alla larga."
Mel aveva ghignato. "Dee Tracey. Non é malvagia."
Mary Molloy, nell'ultima casa della schiera, le aveva detto stancamente: "Se hai qualcosa da lavare, Mel, te lo faccio io. Sai, siamo già in tanti che una persona in più non fa la differenza."
E il signor Smith del negozio all'angolo aveva insistito per darle una tavoletta di cioccolata e un pacco di pane a cassetta. "Vieni da noi se hai bisogno di cibo" aveva detto. "Non devi digiunare. Ti aiuteremo sempre."
Pareva che tutta la strada sapesse i fatti suoi, pensava Mel, ingrata, anche se come li sapessero era un mistero, visto che tra di loro non si rivolgevano mai la parola. Tranne i ragazzini, tutti si evitavano a vicenda e si tenevano in disparte.
Mel guardò Saira con rabbia. Saira le sorrise esitante. - Tu mi hai accompagnato a scuola e mi hai aiutato quando sono arrivata e non conoscevo nessuno. Adesso sono io che vorrei aiutarti.
- E va bene- disse Mel imbarazzata. - Puoi aiutarmi, se vuoi. Riorndinerò gli armadi e quello che contengono.
Una volta buttato via il tappeto, Mel trovò più facile buttar via altre cose. Divenne inesorabile, presa dalla furia di riordinare, a cominciare dalla credenza. Il piano era coperto da un ammasso di buste di carta, cataloghi, vecchie confezioni di cibo, vestiti sporchi, bottiglie di latte vuote e vassoietti di alluminio per i surgelati, con i rimasugli ancora appiccicati sopra. Tutto fu spazzato via in grandi sacchi di plastica. Gli armadi nelle nicchie ai lati del caminetto erano anch'essi straripanti e dopo aver svuotato anche questi Mel rivolse la sua attenzione agli armadi veri e propri e ai cassetti. Sua madre non guardava da anni negli armadi, quindi come avrebbe mai potuto obbiettare al fatto che lei buttasse finalmente via tutte le cianfrusaglie? Era tutto rotto, strappato o scheggiato. In tutti gli armadi e i cassetti straripanti non c'era una cosa che valesse la pena di tenere.
Non era neanche robaccia la loro, Mel si rese conto all'improvviso, buttando in un ennesimo sacco dell'immondizia una scatola piena di componenti elettrici rotti e di preistoriche spine a due poli. Tutto ciò doveva essere appartenuto al vecchietto che aveva vissuto lì prima di loro. Gli armadi a muro erano pieni di scatole di metallo ammaccate e di scatolette di cartone imbottite di cartoccetti di carta di giornale, ognuno contenente qualche vite arrugginita, pezzi di orologi, bulloni e cerniere.
Mal li osservava perplessa. Perché mai il vecchietto li aveva conservati con tanta cura?
Viti arrugginite... scatole di quadratini di giornale... libri... fotografie di cantanti pop... era tutto lo stesso. Perché mai la gente collezionava oggetti? Come conforto. Doveva essere stato svitato come sua madre. Viti - svitato... Mel cercò di riderci sopra. Come unico conforto un mucchio di componenti elettrici o quadratini di carta strappata.
Gettò con violenza le scatole e il loro contenuto nel sacco di plastica e si ritrovò a piangere di rabbia,
Dal momento in cui avevano portato via sua madre, Mel era stata costantemente furiosa, piena di un'enorme rabbia impotente contro qualcosa o qualcuno. Dee Tracey? Sua madre? Il destino? Dio? Non lo so sapeva, ma lavorò furiosamente, svuotando i cassetti e gli armadi, rovesciandone direttamente il contenuto nei sacchi di plastica. Si rese conto che la parte peggiore della battaglia era dentro di sé. Odio, rabbia, senso di colpa. Sentiva di voler uccidere qualcuno.
- Ma non dovresti almeno prima guarda cosa c'è dentro?- chiese Saira, tendendole il sacco aperto. - Potrebbe esserci qualcosa di valore...
- Qui dentro? È robaccia, sporcizia, e ci abbiamo già convissuto per tutti questi anni. Ma giuro che me ne libererò, fino all'ultimo frammento. Si é accumulata anno dopo anno ed ormai era talmente tanta che ci stava soffocando. Forse ha già soffocato mia madre.
In cucina il sottoscala era pieno di padelle arrugginite, pentole rotte e pezzi di moquette sudicia, verde di muffa. Sporca, sudata ed imprecante, Mel li trascinò fuori uno ad uno nel piccolo cortile posteriore. Ci volere altri due giorni per ripulire l'armadio con il detersivo e la candeggina. E poi rimase solo la credenza della cucina: due armadi, quattro cassetti. Con questi Mel fece più attenzione, non volendo gettare via cose utili per cucinare.
Ma tranne un armadietto che usavano per la loro piccola collezione di pentolame e porcellane sbreccate ed un cassetto di posate, Mel scoprì ancora una volta che il resto era pieno di quegli strani cartoccetti di giornale stipati in piccole scatole di cartone. In uno di questi c'erano tre fiammiferi. Due fagioli in un altro, ciascuno avvolto con cura in tre pezzi di giornale, datati 1963.
Quando l'ultimo cassetto, armadio e ripiano furono finalmente svuotati e lavati, Mel sentì una grande ondata di gioia. C'erano volute quasi tre settimane di incessante lavoro, ma ne era valsa la pena.
Tutta la casa sembrava spoglia e praticamente disabitata. Mel all'improvviso si rese conto di quanti pochi mobili ci fossero. Solo il tavolo da pranzo quadrato con le sedie e l'immensa, orribile credenza, sul quel linoleum consumato.
Decise che era arrivato il momento di scattare le fotografie del "prima" per il suo progetto di decorazione e di iniziare a ridipingere.- Avresti dovuto scattare le fotografie quando c'erano tutti gli scatoloni- disse Saira.
- No. Non volevo che gli altri vedessero- disse Mel imbarazzata. - Non era colpa sua.
- E il salotto? Ridipingerai anche quello?
- Può darsi- disse Mel - se ne avrò il tempo prima che torni a casa. Non so quanto tempo la terranno là dentro. Farò un paio di scatti ad ogni stanza, comunque. In caso servissero. Non abbiamo mai usato il salotto. È vuoto.
Mel trovò la chiave appesa a un chiodo in cucina e aprì la porta.
La stanza era stipata fino al soffitto con altri scatoloni di cartone. C'era il solito tanfo di muffa.
Me si sentì fisicamente male. Per quanto tempo sua madre era stata matta? Avrebbe voluto sedersi sul pavimento e piangere di delusione e di rabbia. Proprio quando credeva di aver ripulito tutto, questo...
Saira la guardò e distolse gli occhi. Disse frettolosamente: - Non sono poi tante come sembrano. Possiamo levarle in poco tempo. Oggi, senza problemi. Cominciamo subito.
Mel chiuse mestamente la bocca. Andò in cucina a prendere altri sacchi di plastica. Non era sicura di riuscire a trattenere le lacrime.
Lavorarono in silenzio, svuotando le scatole dai quadratini di carta di giornale, portando gli scatoloni affastellati in cortile. Mel lavorava con violenza, appiattendo con furia le scatole, con lacrime di angoscia e di rabbia che le scivolavano ignorate lungo le guance. Dopo un po' Saira smise e fece un té per entrambe e Mel cominciò a sentirsi meglio. Era stupido lasciarsi mettere di cattivo umore da qualche scatolone dopo tutti i lavori pesanti che aveva fatto. Questa volta era veramente l'ultima. Non aveva alcuna intenzione di svuotare gli armadi nella camera da letto di sua madre. Forse quando sarebbe uscita dall'ospedale lo avrebbero fatto insieme e avrebbero ridipinto la stanza, ma adesso aveva abbastanza da fare al piano di sotto.
Rimossero gli scatoloni a tempo di record, lasciando la stanza quasi vuota, tranne che per un piccolo divano dallo schienale alto, strappato e macchiato, con l'imbottitura che usciva da tutte le parti, un tappeto grigio e polveroso e tre bauli di legno pieni di roba accuratamente imballata. I bauli si rivelarono pieni di tesori. Un servizio da tè in porcellana fine. Biancheria da letto e asciugamani. Tende. Cuscini. Ed impacchettati in due buste di cellophane, sul fondo, due tappeti di vera pecora. Un cestino per le cartucce. Un portapane di bambù.
- Queste sono le nostre cose- disse Mel saltellando dalla gioia. - Me ne ero dimentica. Le avevamo nella casa in Scozia. Qui non le voleva nemmeno levare dai bauli. Ma quando sarà tutto ridipinto io le tirerò fuori. Non mi interessa quello che dirà. Credo che sia una stupidaggine non usarle. Per cosa le stiamo conservando?
- C'è qualcuno?- sentirono Lucinda Miller che chiamava. Fece il suo ingresso dalla porta aperta e si guardò in giro. - E tutta quella roba che fine ha fatto?
- In cortile- disse Mel dolente. - Gli spazzini portano via solo qualche sacco per volta.
- In nome di Dio, e questo cos'è? Non l'avevo mai notato prima.
- Una credenza vittoriana con specchiera, 1885 circa- disse Mel, sorridendo all'espressione di Lucinda. - D'accordo l'ho letto su un libro di arredamento.
- Che cosa orrenda. Con tutte quelle mensolette arricciate che spuntano come fungi, c'era una cosa del genere nel film dell'orrore che ho visto la settimana scorsa. La facevano esplodere con il laser e si scioglieva in una pozza di sangue.
Tutt'e tre osservarono la credenza e cercarono di immaginarsela sciolta sul linoleum. Poi all'improvviso Mel scoppiò a ridere. Continuava a ridere senza riuscire a smettere. Il suo risentimento e la sua rabbia cominciarono a sciogliersi. Per la prima volta dopo tanti anni sentiva che la tensione dentro di sè si stava allentando. Un piccolo barlume si speranza, vivo, vero, si stava delineando nell'oscurità.

MEL - Liz BerryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora