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Mi sono rivestita e siamo tornati a casa senza dire una parola.

Due bambini, ma di che cazzo stiamo parlando?

Ho già avuto crisi esistenziali quando ero convinta si trattasse di uno, figuriamoci ora che sono due.

Raggiungiamo il mio appartamento in venti minuti, che a me sono sembrati venti giorni. Entro in casa e butto la borsa per terra, poi mi siedo sul divano con un tonfo secco. Alec fa lo stesso e, con i gomiti sulle ginocchia, si tormenta i capelli con ravvicinati gesti frenetici.

<<Shit>> , lo sento imprecare, ma decido di ignorarlo; nella mia testa sta girando ben di peggio.

Mi convinco a girarmi verso Alec che, ovviamente, non ha ancora abbandonato la sua posa da disperato. Allungo una mano a sfiorargli appena il bicipite e lui scatta sull'attenti, come se avesse preso una scossa.

<<Cosa facciamo?>> mormoro con un filo di voce, talmente bassa che non sono sicura mi abbia sentita.

Alec si riscuote da quello stato di trance e mi si avvicina, circondandomi la vita con le braccia. Mi lascio cullare, anche se si muove un po' troppo velocemente, cerco di non farci caso.

<<Vieni, dobbiamo mangiare qualcosa>> dice d'un tratto e mi costringo a seguirlo, anche se il mio stomaco è forzatamente chiuso.

<<Non ho molta fame>> ammetto quando vedo che comincia ad estrarre pentole a caso.

<<Di cosa hai voglia?>> mi chiede lui con in mano una bistecchiera. Posta così, ha tutto un altro sapore. Alzo gli occhi mentre fingo di pensare, poi torno a guardarlo.

<<Di pizza! Quella alta, soffice, con due chili di mozzarella...>> comincio e, solo a parlarne, mi viene l'acquolina.

Alec annuisce convinto, mette via le pentole e mi prende per mano.

Meno di dieci minuti dopo siamo al centro commerciale e, senza mai sciogliere la presa dalle sue dita intrecciate, lo trascino fino alla pizzeria che adoro.

Alec si mette in fila, con il cappuccio sulla testa e lo sguardo chino, nella speranza che nessuno lo riconosca. Quando torna al tavolo, ha con sé un vassoio colmo di pizza.

<<Doppia mozzarella, giusto per esagerare>> commenta con una mezza risata.

<<Oh my God!>> esclamo, sorpresa.

Alec non smette di ridere e mi osserva mentre mi riempio la bocca con un enorme pezzo di pizza soffice.

È deliziosa.

Finito il primo trancio, bevo un sorso di coca e incrocio lo sguardo di Alec. Dietro la facciata spavalda e il sorriso, vedo la profonda preoccupazione che lo tormenta.

<<Quindi... Che cosa facciamo?>> chiedo, di nuovo.

<<Ci abituiamo all'idea>> risponde lui con finta nonchalance.

Al mio sguardo ammonitore, Alec lascia cadere il trancio nel piatto, si pulisce le mani e appoggia i gomiti sul tavolo. Sta cercando anche lui di riordinare i pensieri, proprio come me.

<<Che cosa dovremmo fare, se non abituarci all'idea?>>

<<Non lo so... Due gemelli, Alec. È talmente assurdo che non sono ancora riuscita a concepirlo del tutto.>>

<<Appunto. Bisogna abituarsi all'idea>> risponde tranquillo lui, con i palmi aperti rivolti all'insù, come a dire "proprio quello che ho detto io".

A Corner Love - 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora