8 - Alec

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Il viaggio di ritorno è stato un inferno. Mia era relativamente tranquilla, mentre io ero un fascio di nervi. Non ho superato i cento all'ora ed ho evitato tutte le buche possibili suscitando in Mia risate divertite e prese in giro. Io non ho riso, sono rimasto serio e teso fino a Firenze. Ho deciso di non voler rischiare fino a Milano e staremo qui finché non sarà pronta la casa a Torino.

Sto chiamando mia madre e, quando mi risponde, quasi ricomincio a piangere. Le racconto gli ultimi giorni d'inferno mentre guardo Mia dormire rannicchiata nel mio letto.

<<Oh mio Dio, Alec! Perché non avete chiamato?>> sbotta lei con il magone nella voce.

<<Eravamo lontani, mamma, e non avreste potuto fare niente.>>

<<Chissà che spavento... E Mia come sta?>>

<<Sta bene, ora. Sta dormendo.>>

Mia madre insiste per venire a trovarci, ma io le ribadisco di non preoccuparsi e di pensare alla completa guarigione di papà. Jonathan, invece, è più difficile da convincere. Appena la mamma gli racconta l'accaduto, lui sale in auto e mi avvisa che sta arrivando. Alzo gli occhi al cielo e rido tra me mentre immagino la faccia di Mia quando lo vedrà qui.

Una chiamata dell'agente immobiliare mi solleva ulteriormente l'umore, dicendomi che la casa è pronta e accessibile. Mi manda un video dei nuovi arredi scelti da Mia, posizionati esattamente dove lei li aveva immaginati.

È perfetta.

Chiamo la ditta di traslochi, affinché organizzino subito due squadre per svuotare i nostri appartamenti e portare tutto a Torino.

Quando Mia si sveglia, io sono raggiante.

<<Cos'è quel sorriso?>> chiede con voce roca mentre si stropiccia gli occhi.

<<Mercoledì partiamo, la casa è pronta>> le comunico con uno sguardo carico di aspettative.

Mia saltella sul posto, poi si dà un contegno e si limita a muovere le braccia su e giù in un'esultanza molto ridicola. La prendo in braccio per portarla alla mia altezza, poi la bacio con trasporto.

Lo scatto della serratura della porta mi costringe a metterla giù e le lascio lo spazio per godersi mio fratello. Che mi piaccia o no, Jonathan e Mia hanno legato molto. Ho scoperto che lui le parla dei suoi problemi, anche con le ragazze, cosa che con me non aveva mai fatto. Non posso biasimarlo, comunque; Mia è una perfetta ascoltatrice e una fonte inesauribile di ottimi consigli.

<<John?>> domanda lei confusa e alterna lo sguardo da me a lui.

<<Ci ho messo tantissimo, c'era un traffico assurdo, scusate!>> dice affannato lui mentre le corre incontro e la stringe in un lungo abbraccio.

<<Come stai?>> le chiede preoccupato, la osserva da capo a piedi e le stringe il viso tra le mani.

<<B-bene>> mormora lei, commossa.

Alzo gli occhi al cielo con un gesto teatrale e vado in cucina a preparare il pranzo.

Mezz'ora dopo siamo tutti e tre al bancone a gustarci un enorme piatto di penne all'arrabbiata.

Il pomeriggio lo passiamo sul divano, immersi tra i cuscini e con i joystick della play in mano. Ho le gambe di Mia addosso e, quando non tocca a me giocare, le massaggio i piedi e i polpacci. Vince due partite contro John, poi la straccio con tre gol di scarto.

<<Sei ingiusto!>> si lamenta quando, avendo perso, le tocca guardare mentre sfido mio fratello.

<<Ah si?>> la prendo in giro io.

A Corner Love - 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora