Capitolo 4: DISCORSI TÊTÊ-À-TÊTE

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"Che cosa..." mi ritrovai a pensare ma fu solo per un secondo. Quella stramba visione così com'era giunta era improvvisamente sparita lasciandomi del tutto confusa e accaldata, cosa che non sfuggì al lord di fronte a me.

«State bene, milady?» chiese, osservandomi attentamente.

«Come mai questa domanda, mio signore?»

«Ero preoccupato. Ieri sera non avete mangiato granché. Immagino che lo spettacolo di ieri vi abbia sconvolto.»

«Siete gentile ma non dovete darvi pensiero. Ci sono cose molto più interessanti della sottoscritta.»

«Si tratta della mia futura moglie» rispose lui, a labbra strette.

Seppur fosse unicamente volontà di mio padre farmi maritare con lui, io ancora non sapevo bene cosa pensare a riguardo. Come ogni fanciulla sognavo un corteggiamento appassionato, un giovane innamorato e una vita ricca di amore e risate. Ero cresciuta con una madre assente, che vedevo solo per alcuni momenti durante la giornata e per il resto del tempo non era dato sapere dove fosse e cosa stesse facendo. Tutt'oggi questa cosa mi turbava ed ero decisa a non dover vivere una vita coniugale come quella dei miei genitori. Volevo risate e schiamazzi, baci e ardore come quello che leggevo nei romanzetti che Eileen mi aveva fatto leggere di nascosto.

Prima che Liam potesse anche solo pormi qualche altra domanda decisi di cambiare argomento. «Avete ragione. L'esecuzione mi ha lasciata veramente sgomenta.»

«Purtroppo queste morti avvengono sempre più di frequente, milady. Per non parlare di cosa avviene nel Munster.»

Ora aveva acceso la mia curiosità. Come donna non ero tenuta ad interessarmi di politica, guerra, economia o ad altri affari tipicamente maschili, ma era impensabile che la strage di morti che l'esercito inglese stava disseminando non arrivasse anche alle mie orecchie.

«Ditemi che cosa sta succedendo» lo pregai.

«Si sta combattendo contro gli inglesi di Carew. Allo stesso tempo Chichester si sta dirigendo a nord verso l'Ulster.»

Sentii il cuore accelerare e lo stomaco fare le capriole. «Verso l'Ulster? Giungerà fino qui?» mormorai, portando le mani al petto.

«Non abbiate paura, Rosheen. Non vi farà del male.»

Lo osservai meglio e notai come si mostrasse impassibile, quasi rilassato, con le spalle appoggiate allo schienale della poltroncina, gli occhi limpidi e un sorriso sulle labbra.

"Come può rimanere così indifferente?"

«Come mai ne siete così sicuro? La strada che porta all'Ulster passa proprio per questa città.»

«Sarete al sicuro. Così come la vostra famiglia. Anche quei poveri contadini si sarebbero potuti salvare.»

«E come di grazia? Avete sentito anche voi le accuse della folla» borbottai.

«Molti irlandesi avrebbero potuto aver salva la vita se avessero rinnegato la loro cultura».

Qualcosa nel suo tono di voce non mi convinceva. Vi era dell'altro che mi celava. «La loro cultura? Siete o non siete anche voi irlandese?»

«Non fatevi illusioni, Rosheen. Le cose stanno cambiando e in fretta. Se non vi adeguerete, rimarrete indietro».

"È un traditore! Il mio futuro marito patteggia per gli inglesi!" pensai inorridita.

«Siete giunto qui per convertirmi alla cultura inglese dunque?» chiesi, sprezzante.

Liam si fece più vicino e le sue mani si mossero per afferrare le mie.
In preda all'ira mi alzai lasciandolo in posizione inferiore alla mia, seppur in quel quadretto ero io la meno titolata. Io non ero più la contessina di Roscommon. Ero solo una povera fanciulla che dipendeva dallo zio ricco. Lui invece era figlio del barone McMahon, vassallo del conte di Monaghan.

La pendola mi salvò in extremis suonando le ore quattordici che lo fecero sbuffare.

«Se non ci presentiamo al ricevimento vostro padre verrà qui, non è così?»

Mi porse il braccio e io lo accettai di malavoglia ma con una chiara convinzione in mente.

"A fine serata darò il benservito a questo bifolco."

In barba a ciò che era appena successo tra di noi, Liam mi accarezzò delicatamente una ciocca di capelli fuggita dall'acconciatura e sentii il mio cuore impazzire come non mai. Non si trattava di paura, era diverso questa volta. Sembrava più uno sfarfallio veloce e leggero che però mi tolse la parola. Durò giusto un battito di ciglia, o due, ma poi tornai alla realtà e mi ritrassi da quella mano divenuta così gentile.

«Non dovete vergognarvi del mio tocco» mi pregò. 

«Non...i miei capelli...»

Sentii la sua mano accarezzarmi delicatamente la guancia e gli occhi catturarono i miei, in un discorso silenzioso rotto solo poco dopo dalla sua voce roca. 

«Non m'importa un accidente se i vostri capelli sono chiari o scuri» 

Non potemmo discutere oltre che la porta si aprì e mio padre entrò senza aver bussato. 

 «Il ricevimento è iniziato.»

Seguimmo Kasey nella sala verde dove trovai l'intera famiglia riunita per festeggiare i tredici anni di mia sorella Coleen che chiacchierava con zia Margareth e suo marito Rìan O'Farell vicino al camino.

Era molto bella con il fisico slanciato e i capelli chiari raccolti in una deliziosa acconciatura. Aveva un carattere solare e amava tenersi informata su tutto, soprattutto i pettegolezzi.

Liam mi guidò nella pista da ballo e non ebbe occhi che per me, danzando i successivi tre balli. Quando i piedi iniziarono a dolermi mi accompagnò a sedere ma rimase con me soltanto qualche minuto.

«Oh, lord Liam McMahon... » disse mio cugino, avvicinandosi al tavolo.

«Igor, siete tornato in patria a quanto vedo.»

I due si guardarono con serietà, valutandosi a vicenda, e poi improvvisamente si abbracciarono. «Devo assolutamente presentarvi degli amici. Cugina Rosheen, ve lo riporto a breve.»

"Non sapevo nemmeno che si conoscessero" pensai, sbalordita.

«Ehi sorellina, sei rimasta sola?» chiese una donna vestita di verde.

Era la maggiore di noi con i suoi venticinque anni e quella che assomigliava di più a nostra madre: capelli rossicci, il viso sottile e armonioso e gli occhi scuri. Ma Eileen, al contrario di nostra madre, amava la famiglia. Lei ci aveva abbandonati.

«Oh Eileen, come state?» le chiesi, abbracciandola delicatamente.

«Questo bambino mi sfinisce. Non sta fermo un attimo.»

All'improvviso si portò una mano al ventre e lo accarezzò. «Volete sentire il vostro primo nipotino?» mi chiese con un sorriso.

Avvicinai delicatamente la mano alla sua pancia soda ma la ritrassi subito, sorpresa: avevo appena sentito un piedino scalciare.

"Che emozione questa nuova vita!"

«Fra due mesi lo conoscerete» ridacchiò lei osservandomi.

Poi si chinò verso di me e borbottò preoccupata: «Rosheen, per quanto io creda nel matrimonio non voglio che cediate a questa unione. Nostro padre non può giocare con i vostri sentimenti. Venite da noi per un paio di giorni. Lasceremo che le cose si calmino e decideremo il da farsi, insieme.»

Mi sarebbe piaciuto allontanarmi per un po' ma sapevo quanto nostro padre ci sarebbe rimasto male. «Non posso lasciarlo solo.»

«Pensateci.»

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