XIX - L'amore è arsenico

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«Sai che puoi parlarne, se ne hai bisogno. Non sarai più debole solo per questo.»

Seth la guarda, quelle parole gli hanno ribaltato lo stomaco. È dolce come il miele, è tanto bella che con la mente annebbiata dall'alcool potrebbe mandare tutta l'amicizia che hanno costruito in quel periodo a puttane per baciarla.

Ha paura di fare quel passo, ha paura che scappi ancora. Svuota il bicchiere per distrarsi, il whisky gli ustiona la gola.

Kym lo sorseggia con calma, invece. Non vuole ubriacarsi fino a perdere la testa – quella è una cosa che fa solo quando sta così male che bere fino a vomitare anche l'anima è l'unico modo per spegnere i pensieri. Sono i momenti in cui la timidezza viene soppressa e si perde a ballare fra luci psichedeliche, immersa in una musica che rimbomba troppo alta e con la mente annebbiata dagli alcolici zuccherati.

«Non ne voglio parlare, finirebbe solo per portare a galla tutto, ancora e ancora, e sono stanco. Preferisco dimenticarmene, distrarmi. Per questo ti volevo qui, tu mi distrai.»

A Kym il cuore batte più forte, sono un paio di secondi in cui le sue pupille si dilatano e la distanza che li divide sembra essersi accorciata. Le piace il modo in cui la guarda, come se vedesse qualcosa di meraviglioso, e quasi per riflesso anche lei riesce a scorgere quelle scintille di bellezza. Per un istante non si preoccupa dei difetti che copre con il trucco, delle piccole imperfezioni sul viso, fra pallide cicatrici da acne, rossori qua e là sul naso, perché Seth la guarda con la profondità di chi studia l'arte e si ritrova davanti a un quadro che prima di quel momento ha visto solo sui libri.

«Promettimi che non scappi», parole che quasi gli fuggono dalle labbra, e che in quel contesto, in quel momento preciso non hanno alcun senso. Abbassa il tono della voce, la modula per evitare che appaia come un ordine, quando è una richiesta. E non vi è abituato, di solito non chiede, pretende. Eppure non è capace di tenerla stretta a sé, è sempre in bilico fra infinite incertezze. Insicurezze che lei gli tira fuori. Lo rende più umano e gli regala le emozioni che con gli altri sopprime.

«Sei tu quello che se n'è andato», controbatte Kym, ed è la verità. Lei non l'avrebbe lasciato perdere per anni, se Seth fosse rimasto. «Perché lo hai fatto? Non è successo niente, non abbiamo litigato... sei sparito e basta. Eravamo amici.»

«Sai benissimo perché non ti ho più rivolto la parola.»

Kym ci ha pensato a lungo, ma non è vero, non conosce la risposta e non ha mai avuto il coraggio di chiederglielo. Era più piccola, quell'evento risale a circa tre o quattro anni prima. «No, io non lo so.»

«Stai scherzando? Non so nemmeno definire quello che hai fatto. È stato spietato.»

Kym corruga le sopracciglia. Non lo segue, non ha particolari memorie di quel giorno. «Non capisco, non me lo ricordo.»

«Quel giorno ti ho detto che ti amavo. Ti ho spiegato che odiavo usare quelle parole, che erano troppo riduttive e non esistevano reali vocaboli capaci di racchiudere un sentimento tanto bizzarro. Ti ho detto che tu mi piacevi perché eri l'unica persona con cui stavo bene. Ci ho girato un po' intorno, d'accordo, avevo solo quattordici anni, ma alla fine ci sono arrivato... e tu mi hai risposto "grazie". Solo questo. Sei rimasta in silenzio. È peggio di friendzonare qualcuno.»

Kym ha un'aria sempre più allibita e inevitabilmente le sue labbra si piegano in un sorriso. «Tu non mi hai rivolto la parola per anni solo per questo?»

«Sì, non è stato carino.»

Kym ride, divertita. È una situazione che le fa battere il cuore, annulla tutte le paure che si è cucita addosso nel tempo. 

Poi il suo sguardo s'incupisce all'improvviso, Seth nota l'oscurità che le distorce il viso; quasi come se una parte dentro di lei, quella selvaggia, violenta, animale, uscisse allo scoperto per un momento. Sono secondi neri come i meandri della notte, sono melodie funeste incastrate sotto strati di tormento. Una spirale asimmetrica di fumo le abbandona le labbra, l'ultimo tiro della sigaretta che ha stritolato fra le dita e consumato con avidità. «Non farlo mai più.»

Ogni essere umano cela dentro di sé paure profonde, traumi sviluppati nell'infanzia e da cui fuggire sembra impossibile.

Kym, vittima di un'esistenza che l'ha privata fin da subito di una figura fondamentale come quella di un padre, ha il terrore dell'abbandono. E forse è una delle peggiori fobie che l'animo umano possa provare, perché non vivi bene. Non riesci ad amare, ti ritrovi costretto fra le rigide mura delle tue paure, ingabbiato in una corazza che ti sei avviluppata intorno con la speranza di fuggire al dolore delle perdite, iniziando a vivere soltanto di paranoie e tremori che si susseguono nelle notti in cui non hai nessuno da abbracciare. Per evitare l'abbandono si è disposti a qualunque follia, anche la più estrema. Per evitare l'abbandono alcuni vendono tutta la loro sanità mentale.

«Non lo farò, non voglio andarmene. Sto bene con te.»

Rassicurazioni a cui è difficile credere, non siamo in grado di vedere il futuro e dubitiamo di qualsiasi cosa, non proviamo abbastanza fiducia. E forse è semplicemente troppo da lieto fine per essere reale, in un mondo che ripudia i finali felici.

Loro non hanno purezza da sporcare, macchiare, cancellare. Non ci sono spazi bianchi da coprire con il buio. È il contrario, cercano quasi con disperazione di aggrapparsi a una scintilla di luce, e al momento l'unica scintilla nella loro esistenza è la presenza dell'altro al proprio fianco.

Mosso dalla certezza che il loro rapporto sia sano, e per una volta non uno stupido errore di cui pentirsi, spoglio del terrore di perderla – perché è una promessa quasi muta quella di non lasciarsi mai più –, Seth decide di provarci. Vuole assaggiare le sue labbra e scoprire se sanno di miele o di arsenico, se gli fanno venire voglia di vivere o di morire.

In realtà non lo comprende. Sono colori caleidoscopici e sfumature mai percepite dall'occhio umano, tonalità che non esistono su quel pianeta in cenere. 

L'amore non si può descrivere a parole, ma si sente nei gesti, nella dolcezza che non fa parte di loro, eppure prende il sopravvento, domina gli animi. 

È come lasciarsi accarezzare dalle onde del mare, come guardare il sole sorgere. È un momento di pace in un universo che stride fra agonie e lamenti. 

Eclissi di cenereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora