ufficio del preside

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"Richard John Grayson. È richiesta la sua presenza nell'ufficio del preside" la voce della segretaria gracchiò per tutta la scuola attraverso gli autoparlanti. Il ragazzo raccolse i suoi libri e li gettò nella borsa nervosamente sotto gli sguardi curiosi dei suoi compagni che stavano già facendo teorie e spargendo voci sul suo conto; non c'era da stupirsene, essere chiamato dal preside non era mai una cosa buona. Fece capolino alla porta e il preside Stone lo accolse con un sorriso caloroso facendogli cenno di entrare. Non era il solito colloqui preside-studente, seduti in un angolo c'erano l'infermiera della scuola e un uomo calvo vestito di grigio. Dick si fece coraggio e prese posto davanti alla sedia del preside, era incredibilmente a disagio, ma invece di sudare o farsi prendere dal panico portò tutta l'agitazione alle sue gambe, in modo da poter consumare il nervosismo sotto la scrivania per non essere visto.

"Non sei nei guai, Richard. Voglio solo farti alcune domande" A quanto pare l'adolescente non era stato così bravo come pensava a nascondere le sue emozioni, perché il preside si sentì in dovere di rassicurarlo vedendo le sue spalle incurvate come se si volesse proteggere. Tirò fuori un taccuino e una penna da uno dei cassetti: "Vedo che il tuo braccio è guarito, ne sono felice. Solo per curiosità, come hai fatto a romperlo?"

"Albero" rispose rapidamente il ragazzo, come se si fosse preparato quella battuta già da tempo: "Sono caduto da un albero. Ho perso l'equilibrio, sono veramente una persona irresponsabile, ma prometto che starò più attento" Il signor Stone inarcò un sopracciglio per squadrarlo e iniziò ad annotare qualcosa: "Richard, per favore, puoi toglierti la maglietta?" Lo disse in modo così spensierato, come se non fosse un grosso problema chiedere a uno studente di spogliarsi. Il viso di Dick assunse una sfumatura rosso pomodoro, non si sa se per l'imbarazzo o la paura di quello che stava per succedere: "Perché?!" il preside lo guardò negli occhi in modo serio: "Richard, uno dei tuoi compagni di classe ha riferito di aver visto innumerevoli cicatrici sul tuo corpo mentre eravate nello spogliatoio della palestra. Possiamo dare un'occhiata?"

"No" disse, ma c'era una leggera incertezza nella sua voce, dopotutto aveva appena risposto male al preside della sua scuola: "Posso andare adesso?" Non gli importava neanche della risposta. Qualunque cosa avesse detto se ne sarebbe andato. Ma non fu il preside Stone a bloccare la porta, l'uomo davanti a lui era calvo. Non vi volevano le sue doti investigative per capire cosa stesse succedendo: "Voglio Bruce".

"Richard, stiamo solo cercando di aiutarti. È stato Bruce Wayne a farti questo?" quest'ultima frase creò un silenzio inquietante. Dick si morse il labbro e fece un respiro profondo prima di dire qualcosa. Doveva restare calmo: "No" questa volta fu l'infermiera a intervenire: "Non può più farti del male" iniziò ad avvicinarsi a lui. Ricordate tutto il concetto del rimanete calmi e non farsi prendere dal panico? Non durò molto. "Se mi ha fatto male?" gridò: "È mio padre non mi farebbe mai del male! Non ho bisogno di protezione! Voglio Bruce!"

"Non possiamo far entrare il signor Wayne, se non collabori non avremo altra scelta se non aprire un'indagine completa" stai calmo, è solo un'indagine. Non ci sono poliziotti...ma il tizio pelato doveva essere dei servizi per la protezione dei bambini. Sarà poco più di una formalità. Rimanere. Spensierato. Pensò e sospirò internamente. "Va bene. Ma lo avvertirete, vero?" l'uomo pelato annuì al signor Stone che iniziò a digitare il numero di telefono di Bruce. Dick si sentì compiaciuto quando sentì suo padre urlare dal telefono pretendendo di vedere suo figlio. Quella bella sensazione sparì immediatamente quando Stone riattaccò il telefono e gli chiese nuovamente di spogliarsi. Questa volta non ha protestato. Era stato allenato dai migliori ed era una delle persone più capaci al mondo dopo Batman; doveva soltanto gestirsela al meglio e si sarebbe liberato di qualsiasi sospetto e indagine. Fortunatamente Alfred era abbastanza bravo quando si trattava di ricucire ferite e mettere punti, beh, doveva per forza esserlo con tutta la pratica che era costretto a fare. Il duo dinamico avrebbe molte più cicatrici se non fosse stato per lui, per questo Dick aveva solo poche linee discutibili sul petto; o almeno poche per i suoi standard, perché il tre adulti davanti a lui non sembravano essere della stessa idea. "Puoi spiegarci come ti sei procurato tutto questo?" Chiesero già con la penna pronta. "Certo" alzò le spalle, ormai aveva la storia pronta per ogni ferita: "Questo è di quando sono caduto dalla bici a nove anni. Bruce mi ha promesso che non mi avrebbe lasciato, ma l'ha fatto, quindi immagino che in un certo senso sia stato lui a farmi del male?" Continuò a mentire sulla provenienza delle sue cicatrici finché non fu salvato dal fastidioso squillo del telefono: "Il signor Wayne è qui" disse: "ehi, aspetti, non può entrare!" Qualcuno spalancò la porta ed entrò trasmettendo un'aria di carisma e potere. "Signor Wayne! Questo è un colloquio privato!" ma a quel punto Bruce aveva già afferrato la sedia di platica appoggiata alla parete e si era seduto accanto a Dick: "Questo incontro coinvolge mio figlio". Tutti gli occhi erano puntati sul ragazzo. Il personale della scuola cercava qualche segno di un bambino maltrattato, ma ovviamente Dick non ne mostrò nessuno. Si limitò a restare tranquillamente seduto accanto al suo presunto aggressore: "Bruce non mi picchia" la sua voce era ferma e piena di certezza: "Posso andare adesso?" Non che potessero fare molto altro. Le sue ferite erano state spiegate e la presenza di Bruce non sembrava turbarlo, inoltre il ragazzo continuava a negare. Non si poteva avviare nessuna indagine senza una prova definitiva o un'accusa. Il preside Stone annuì: "Ma se il signorino Grayson arriva a scuola con altre ferite inspiegabili dovremo riprendere in considerazione l'idea di un'indagine formale".

"Capisco" Bruce si alzò: "Apprezzo il fatto che teniate a cuore il benessere di mio figlio". Nella stanza c'era un silenzio imbarazzante e Dick non vedeva l'ora di andarsene.

"C'è mancato poco" sbattè la portiera della macchina.

"Non sbattere la porta" Bruce roteò gli occhi dopo avergli ripetuto la stessa cosa per la centesima volta: "Ma hai ragione, abbiamo rischiato molto. Potremmo dover considerare la scuola a casa". Non era una cosa così irragionevole ed era la soluzione più ovvia. Poteva nascondere i tagli e le contusioni, ma quando si trattava di ossa rotte diventava difficile. Non è che si rompesse le ossa ogni giorno, ma era comunque più frequente degli adolescenti medi. Dick si allacciò la cintura di sicurezza: "Non sarà sospetto?"

"Sì" sospirò Bruce. Tuttavia a Dick non piaceva la possibilità di entrare nel sistema di protezione dei minori, e se avessero perquisito la casa? Avrebbero potuto trovare la batcaverna. Era troppo rischioso. C'era un'altra opzione, ma nessuno dei due osava sollevare l'argomento. Era l'ultima risorsa. Essere Robin era una parte di Dick, senza di essa non sarebbe stato lo stesso.

"Sistemeremo le cose" mise una mano confortante sulla spalla di Dick.

"Come?"

Solitamente Bruce aveva una risposta per tutto, ma stavolta non fu così.

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