San velino

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"Buon San Velino" esclamò Alessandro correndo lungo il corridoio di casa nostra con una grande scatola rossa tra le mani e un sorriso ancora più grande stampato in faccia.

"Si dice San Valentino, peste" provò a correggerlo Tommaso che avanzava dietro di lui più tranquillamente.

"Zitto te" disse il bambino, girandosi verso di lui e fulminandolo con lo sguardo. Tommaso rimase spazzato e ci raggiunse sconsolato. Era stato messo a tacere da un bambino di quattro anni.

Presi il regalo che mi stava porgendo Alessandro e lo aprii curiosa, sotto lo suo sguardo trepidante. Era una scultura fatta con il pongo, che rappresentava una pizza con al centro un cuore, anche se i colori erano decisamente fantasiosi, infatti la pizza era blu e verde, mentre il cuore era viola. Piegato di lato c'era anche un biglietto, visibilmente scritto da Tommaso, che diceva: sei la mozzarella sopra la mia pizza. Insostituibile.

Ero così commossa che ci volle un grande sforzo per non scoppiare in lacrime. Optai per un abbraccio ad Alessandro e un bacio sulla guancia, ringraziandolo immensamente.

Lui sembrò soddisfatto della mia reazione e poi iniziò a dire che voleva fare il ballo. Questa storia non gli voleva proprio uscire dalla testa, solo che ora aveva aggiunto un dettaglio e lo chiamava ballo cione, perché per natale gli avevo regalato un costume da procione come il mio, versione bambino. Mi ero condannata da sola!


"Ma sono morti tutti" esclamai sull'orlo della lacrime davanti alla televisione.

"Cosa?" chiese allarmato Tommaso dalla cucina mentre preparava il caffè del dopo pranzo della domenica.

"Il meteorite ha ucciso tutti!" ripetei angosciata, cercando di tenere a bada i miei ormoni.

"Ma di cosa cavolo stai parlando?" indagò Tommaso, affacciandosi sul salotto e guardando verso di me.

"Qua" singhiozzai, indicando lo schermo "nello spot delle merendine!"

Tommaso alzò gli occhi al cielo e afferrò il telecomando per spegnere e porre fine al mio piagnisteo.

"Niente televisione per te, finché non avrai partorito" concluse con un tono serio, ma lasciandosi scappare un sorriso.

Mi imbronciai e provai a replicare qualcosa, ma il suono del campanello mi interruppe, così mi alzai con fatica e andai alla porta, mentre Tommaso tornava al suo caffè.

Guardai dallo spioncino per controllare chi fosse. Se avessi visto Carolina, avrei fatto finta di non essere in casa, come facevo ogni volta che si presentava senza un vero motivo, ed era una cosa che succedeva sempre più spesso. Ma alla fine lei trovava sempre un modo per entrare.

Ma ciò che il mio occhio fu qualcosa che andava al di là di ogni mia immaginazione: mia madre. Mi voltai di scatto, appoggiando la schiena alla porta e cercando di regolarizzare il respiro e il battito del mio cuore che erano aumentati a dismisura.

Cosa ci faceva qui?

Sentii la voce di Tommaso arrivarmi da lontano: "Cami, chi è?"

Non potevo rispondere, ero troppo concentrata sulla decisone che stava facendo impazzire la mia testa: apro o non apro?

"Cami?" chiese ancora Tommaso raggiungendomi all'ingresso. Quando notò la mia faccia sconvolta fece per parlare ancora, ma un secondo suono del campanello lo interruppe. Presi un profondo respiro e aprii, mormorando: "Ciao mamma"

Tommaso spalancò gli occhi mentre Vittoria rispondeva educatamente: "Ciao tesoro. Ciao Tommaso"

Era vestita sobria ed elegante come suo solito, i capelli ben pettinati, le scarpe con il tacco, il soprabito costoso e l'immancabile borsa firmata. 

Una ciliegia tira l'altraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora