Passai tutta la mattinata in trepidante attesa, ero a lezione, ma non riuscivo a concentrarmi. Avevo trovato un messaggio di Tommaso sul cellulare, appena mi ero svegliata. Mi comunicava che sarebbe tornato nel tardo pomeriggio e che dovevamo parlare.
Ero emozionata di vederlo, mi era mancato tanto, ma ero anche molto agitata. La frase "dobbiamo parlare" non promette mai nulla di buono... ma non volevo essere prevenuta. Alla fine, era inevitabile che mi annunciasse la sua decisone, e non volevo credere che fosse negativa. Anche se, una vocina maligna nella mia testa, diceva che quella possibilità esisteva. Avevo soprannominato quella vocina Carolina.
Fortunatamente tutto il mio pomeriggio fu occupato da Alessandro, che non mi permise di pensare a nulla se non alla sua iperattività. Continuava a saltellare per il mio appartamento ripetendo eccitato: "Ballo! Ballo! Ballo!"
Il mio sfogo della volta scorsa gli era piaciuto anche troppo e ora voleva ripetere l'esperienza. Io no!
"Ale, guardiamo la televisione insieme?" chiesi sedendomi sul divano e poggiando una mano sulla mia pancia che cresceva ogni giorno di più. Lui notò il mio movimento e si concentrò su quella parte del mio corpo, inclinando la testa e dicendo: "Hai dentro una palla?"
Io risposi, ridendo: "No tesoro, c'è dentro il mio cucciolo"
Lui ci pensò un attimo, portandosi l'indice vicino alle labbra, poi continuò: "E io?"
Mi stava fissando con i suoi occhioni azzurri, bisognoso di affetto, e mi travolse un senso di tenerezza nei suoi confronti che mi portò a sporgermi in avanti e attirarlo a me, per abbracciarlo.
"Anche te, sei il mio cucciolo!" gli sussurrai all'orecchio, poi mi scostai per guardarlo attentamente e con fare serio gli domandai: "Quando nascerà, mi aiuterai ad occuparmene?"
Lui spalancò gli occhi, illuminandosi per quella responsabilità che lo faceva sentire grande e importante, mi strinse le braccia con le sue manine e annuì convinto, esagerando i movimenti della testa. Almeno non sarei stata da sola... avrei avuto l'aiuto del piccolo Alessandro!
Quando Claudia passò a prendere suo figlio era ormai ora di cena, e Tommaso non si era ancora fatto vedere. Mentre stavo preparando la mia cena, mi arrivò un suo messaggio che diceva che avrebbe fatto tardi e sarebbe arrivato dopo mangiato, ma aggiunse anche di aspettarlo.
Finii la mia pasta stracotta al sugo, mentre cercavo di distrarmi, pensando a quante pappe schifose sarei stata in grado di creare, una volta arrivata l'età dello svezzamento. Giunsi alla conclusione che avrei sicuramente avuto bisogno di aiuto!
Mi misi comoda sul divano, agevolata dai leggins neri con l'elastico morbido e un maglione beige con lo scollo a V che scendeva largo e mi copriva la pancia, senza fasciarla. Stavo guardando un film, con le orecchie più attente ai rumori fuori dalla mia porta che alle battute degli attori, quando sentii dei passi pesanti sulle scale. Velocemente spensi la televisione e mi precipitai all'ingresso. Stavo per mettere la mano sulla maniglia, ma ci ripensai.
Che diamine, era sparito come un fifone per settimane e ora io correvo da lui, prima ancora che fosse giunto al pianerottolo. E' vero, ero qui ad aspettarlo, ma non era necessario che lui sapesse quanto fossi stata in ansia per questa situazione. Tornai verso il divano, ma un battito sulla porta mi bloccò a metà strada. Era lui. Era davvero tornato. Dovevamo parlare.
Cavolo che agitazione! Sentivo il cuore che cercava di uscire del mio petto, mentre le gambe non la smettevano di tremare.
Avanti Camilla, datti un contegno!
Mi volati nuovamente verso la porta e feci un respiro profondo. Due respiri profondi... va bene, facciamo anche tre respiri profondi!
Lentamente presi la maniglia e la inclinai, chiudendo le palpebre per cercare di calmare tutte le emozioni che si mischiavano dentro di me. Nel momento stesso in cui si aprì la porta, si spalancarono anche i miei occhi e Tommaso riempì totalmente il mio campo visivo con la sua presenza.
Era bello da togliere il fiato, ma il suo viso era velato da una patina di stanchezza. I capelli erano come al solito scompigliati e un po' più lunghi del solito, gli occhi azzurri mi scrutavano con intensità, mentre la sua bocca era tesa. Indossava un paio di jeans strappati, una felpa viola, con sopra un logo e aveva ancora in mano il borsone che aveva usato per il viaggio.
Ci guardammo seriamente per un lungo momento, in silenzio apparentemente, ma con gli sguardi che si scambiavano più di quanto le parole avrebbero mai potuto esprimere: amore, ansia, desiderio, paura.
Poi Tommaso aprì le sue labbra in un sorriso un po' triste e disse: "Ciao Cami"
Quella semplice frase bastò per destabilizzarmi... la sua voce. Non avrei mai potuto vivere senza quel suono nella mia vita. Non volevo neanche considerarla questa possibilità.
Non riuscii a rispondere al saluto, la mia lingua era come bloccata, così mi limitai a spostarmi di lato per lasciarlo entrare. Lui depositò il suo borsone vicino al tavolo della cucina e si sedette sul divano, facendomi segno di seguirlo. Non comandai al mio corpo di muoversi, lo fece da solo, come spinto da una forza incontrollabile che lo calamitava verso Tommaso. Il mio Tommaso.
Presi posto vicino a lui, spostando il mio busto per allinearlo con il suo e trovarmi così faccia a faccia con lui. Tommaso si passò una mano tra i capelli e sospirò. Poi tornò a depositare il suo sguardo su di me e iniziò dicendo: "Cami... mi dispiace per essermene andato e... per averci messo tanto a darti una risposta."
Sospirò ancora, visibilmente agitato e si grattò il mento, riflettendo sulle parole da usare: "Questa è una decisione importante da prendere, e io non volevo illuderti e dirti che sarei stato con te, per poi sparire nel momento del bisogno."
Sospirò per la terza volta, e mi prese entrambe le mani nelle sue, fissandomi dritta negli occhi: "Io ci ho pensato per tutto il tempo, ho valutato tutte le possibilità, ho pensato al mio futuro e al tuo. Ho pensato anche al suo di futuro..." disse, spostando lo sguardo verso il mio ventre, e soffermandosi qualche attimo, per poi tornare su di me "... voglio esserci. Non perché sono obbligato a farlo o perché è un mio dovere. Voglio esserci davvero, con tutto me stesso. Per me, per te, per nostro figlio, per il nostro futuro insieme. Cami, io ti amo e in questi giorni ho capito che amo anche questo bambino. Sono tornato per restare."
Finì di parlare sorridendo contento, e dal suo sguardo capii che era convinto della sua scelta e che ci sarebbe stato sempre per me. Insieme saremmo riusciti a creare questa famiglia inattesa, ma già unita.
Lui poggiò la sua fronte contro la mia, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime per la gioia, ma anche per tutta la preoccupazione che avevo accumulato. Finalmente poteva andarsene dal mio corpo. Ridemmo contenti, ci abbracciamo, ci baciammo e poi Tommaso posò una mano sulla mia pancia, incontrando per la prima volta quella piccola creatura che stava crescendo dentro di me.
Sorrideva teneramente, accarezzandomi lentamente, gli occhi animati da una nuova luce. La felicità. Io provai un senso di pace osservandolo e gli mormorai dolcemente: "Tommi... avremo una bambina."
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Una ciliegia tira l'altra
Romance[Volume secondo] Questa storia è il seguito di SE SON ROSE...APPASSIRANNO. Continuano le vicende di Camilla, alle prese con i suoi vicini e le sue imbarazzanti vicende lavorative. Ma ora le cose si complicano ulteriormente. Come? Non vi resta che sc...