Arcobaleno

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L'ottavo mese di gravidanza arrivò insieme al compleanno di Tommaso. Aspettavo con ansia la sera per festeggiare con lui, dal momento che aveva la giornata piena, tra università e allenamento di boxe.

Io, invece, non avevo più molti impegni lavorativi, perché con la pancia di queste dimensioni, avevo preferito prendermi una pausa temporanea, fino alla nascita della bambina. L'unico impegno che avevo ancora era curare Alessandro, ma quello ormai non lo consideravo quasi un lavoro, talmente era piacevole la compagnia di quel bambino.

Io e Tommaso eravamo seduti, in attesa della visita con il ginecologo. Anche se era passato poco tempo dal disastroso falso allarma, oggi dovevamo ritirare i risultati di alcuni esami che avevamo fatto precedentemente.

Stavo sfogliando alcune riviste, senza un reale interesse, quando la mia attenzione fu catturata da una frase pronunciata da una donna alle mie spalle: "... sì, mia cugina ha fatto venti ore di travaglio!"

"Venti?" chiese sorpresa una seconda voce femminile, probabilmente dell'altra persona seduta dietro di me.

Deglutii spaventata, pensando al dolore che quella poveretta si era sorbita per tutte quelle ore. Mi ritrovai a sperare di fare un parto veloce, ma anche quella mia considerazione venne subito stroncata dalla frase successiva della prima donna: "La cugina di mia cugina invece non ha fatto neanche in tempo ad arrivare in ospedale... il bambino ha cominciato ad uscire quando era ancora in macchina!"

Spalancai gli occhi, rimanendo con lo sguardo sulla pagina patinata davanti a me, incapace di respirare, immaginandomi quella spaventosa prospettiva. Notai un movimento al mio fianco, e spostando la testa, incontrai gli occhi sconvolti di Tommaso, che si era girato e fissava la donna che aveva parlato.

A quel punto anch'io mi voltai e constatai che erano due signore più grandi di me, entrambe incinte, forse non del primo figlio, visto il modo sicuro con cui affrontavano quei discorsi per me tremendi.

Erano voltate di schiena rispetto a noi, così non vidi i loro volti, ma notai che una era mora, con i capelli molto lunghi, mentre l'altra era bionda con una chioma di ricci selvaggi. Non si erano accorte del nostro trauma, quindi continuarono a chiacchierare senza nessuno problema.

"Anche Maria ha partorito addirittura in casa di notte, neanche il tempo di alzarsi dal letto!" disse la bionda ridacchiando.

Ma cosa ci trovava di divertente? Era una cosa terrificante!

Io e Tommaso ci guardammo entrambi con un'espressione spaventata sul volto, mentre la more esclamava: "Io, il mio primo figlio, l'ho partorito in tre ore. Però sfortunatamente, per lo sforzo, ho fatto la cacca davanti a tutti."

"Cosa?!" gridai istintivamente, facendo girare dalla mia parte entrambe le donne con uno sguardo confuso.

Quando notarono la mia abbondante pancia e la faccia sconvolta di Tommaso, si mostrarono dispiaciute ma anche divertite. Troppo divertite per i miei gusti. Io stavo per avere un attacco di cuore!

"Scusa tesoro, non volevamo farti preoccupare" dichiarò la mora, mostrandomi un sorriso rassicurante, ma lasciandosi scappare una risata che accolsi con un'occhiataccia.

"Camilla" intervenne la segretaria del dottore, facendomi segno di seguirla verso la sala visita. Mi alzai il più velocemente possibile, aiutata da Tommaso che stava ancora cercando di elaborare quando sentito.

Mentre seguivamo l'impiegata lungo il corridoio, Tommaso si avvicinò al mio orecchio e sussurrò timoroso: "Non possiamo chiedere al dottore se ti fanno restare qua in ospedale fino al momento del parto?"

Una ciliegia tira l'altraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora