Che errore!

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Ero seduta sul divano intenta a inventarmi un gioco che potesse distrarre Alessandro, ma lui aveva le idee molto chiare e ripeteva come un disco rotto: "Ballo cione, ballo cione" tenendo stretto tra le mani il suo costume.

Sospirai sconfitta e pensai che forse ballare, o meglio ondeggiare, perché ormai era l'unico movimento che potevo fare, mi avrebbe svagato un po'.

Aiutai il bambino a diventare un piccolo procione grazie al suo travestimento e accesi la televisione, cercando un canale che trasmettesse musica. Ma, nonostante il ritmo incalzante che si era diffuso per la stanza, Alessandro stava fermo immobile e mi fissava imbronciato.

"Cosa c'è tesoro?" chiesi accarezzandogli la testa, coperta dal cappuccio peloso con le orecchie.

"Anche tu cione!" dichiarò mostrandosi offeso per la mia mancanza di collaborazione.

"Non credo di poterci entrare in quel costume" bisbigliai, più a me stessa che a lui. Effettivamente negli ultimi giorni non entravo in nessuno dei miei vestiti. Il seno era decisamente aumentato, tanto che avevo dovuto comprare nuovi reggiseni, i pantaloni mi fasciavano le gambe e la pancia, nonostante fossero abbastanza larghi. Quelli che indossavo oggi, ad esempio, non erano molto comodi, sentivo le cuciture tirare. Forse avrei dovuto cominciare a girare in tuta!

"Cioneeee" si lagnò Alessandro, abbandonano la testa all'indietro e chiudendo gli occhi risentito.

Forse erano gli ormoni della gravidanza, o forse questo bambino aveva indebolito la mia determinazione, ma cedetti al suo capriccio e andai in camera alla ricerca del mio costume, che sicuramente non sarei stata in grado di chiudere sul mio pancione.

Il bambino mi seguì eccitato, mentre io frugavo nell'armadio, ma dopo un quarto d'ora di ricerca, mi ricordai che avevo lasciato alcune scatole nel mio vecchio appartamento e mi ero dimenticata di recuperarle.

"Ale, ho lasciato il mio costume nell'altra casa, andiamo a prenderlo insieme?"

Il bambino annuì convinto e corse alla porta, seguito dal mio arrancare più tranquillo. Senza aspettarmi, si sollevò sulle punte, girò la maniglia e corse dall'altra parte del pianerottolo, fermandosi impaziente in attesa che la porta si aprisse magicamente.

Lo raggiunsi e bussai, sperando che Samuele fosse in casa. Lui aprì quasi subito ma, non fece in tempo a dire nulla, che Alessandro si infilò dentro, passando sotto al suo braccio.

"Un po' agitato il bambino" constatò Samuele spiazzato da tutta quell'energia.

"Alessandro è come un tornado! Potresti controllarlo qualche secondo mentre prendo una scatola che ho dimenticato qua da te?"

Samuele acconsentì e portò il bambino al tavolo della cucina, servendogli qualcosa da mangiare che non mi fermai a controllare. Che errore!

Nell'armadio, dopo qualche minuti, trovai  quello che cercavo, così raggiunsi gli altri due nella zona cucina, e mi accorsi che Samuele aveva dato ad Alessandro un cucchiaino e lui stava trangugiando abbondanti porzioni di nutella, anche se una buona parte era finita sulla sua faccia.

Trattenni il respiro e strappai il cucchiaio dalle mani del bambino che assunse un'espressione a metà tra la tristezza e la sorpresa. Subito dopo però, senza lasciarsi scoraggiare, riprese a gustarsi il cioccolato, infilando direttamente il dito nel barattolo.

"Alessandro! Smettila subito!" esclamai arrabbiata, raggiungendolo e facendolo alzare dalla sedia per allontanarlo.

"Che problema c'è?" chiese ingenuamente Samuele, fissandomi sconvolto.

Una ciliegia tira l'altraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora