Il lato positivo

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Arrivammo in ospedale in tempo record, perché Samuele offrì al tassista il doppio della sua tariffa per fare più veloce, e Tommaso, rincarò la dose, aumentandola al triplo se avesse corso ancora di più, perciò l'uomo guidò come un pazzo e non rispettò molto le norme stradali.

Se le mie acque non si erano ancora rotte dopo questa corsa folle, forse non sarebbe mai successo... iniziavo ad avere qualche dubbio su queste contrazioni. Il dolore, stranamente, era quasi scomparso del tutto, e da quel che avevo letto, non era così che funzionava, solitamente. 

L'ingresso in ospedale non fu dei migliori, io con il mio ridicolo abbigliamento, non facevo certo una bella figura, ma ciò che mi imbarazzava davvero, non era il mio pigiama, bensì i miei due accompagnatori.

Mi lasciarono indietro per correre al banco accettazione, spiegano alla povera impiegata il problema, mentre io raggiungevo la sala d'attesa e mi sedevo tranquillamente su una delle sedie. Il mio ginecologo, fortunatamente, era di turno quel giorno, perciò era già presente nella struttura, e dopo qualche minuto ci fece accomodare in una delle tante sale visite.

Mi fece una serie di domande, mentre Tommaso e Samuele continuavano ad interromperlo per aggiungere particolari inutili. Mi stavo quasi pentendo di aver permesso a Samuele di entrare con noi. Anzi avrei dovuto lasciare fuori anche Tommaso.

"Mi scusi dottore, ma non dovremmo andare in sala parto?" stava chiedendo quest'ultimo, contorcendosi le mani per la tensione.

"Forse sarebbe meglio chiamare la zia" prese a dire Samuele cercando il suo cellulare che ovviamente aveva lasciato nel suo appartamento.

"Ragazzi, come vi ho già detto non si sono ancora rotte le acque quindi..." iniziai a dire io, guardando eloquentemente il dottore per cercare il suo aiuto.

Lui mi sorrise rassicurante e si schiarì la voce, abbastanza rumorosamente, riuscendo a placare quei due terremoti per qualche secondo. Grazie al cielo un po' di silenzio.

"Camilla" disse poi, spostando lo sguardo su di me "non partorirai oggi. E neanche domani."

Perfetto, un'altra figura di merda con il dottore: fatta!

Tommaso e Samuele provarono ad intervenire, ma l'uomo bloccò entrambi con una mano e riprese a dire: "Da quello che mi hai detto, i dolori che hai avuto non sono vere doglie. Si chiamano contrazioni di Braxton Hicks, e sono frequenti in questi ultimi mesi della gravidanza, ma non c'è nulla di cui preoccuparsi."

Adesso eravamo tutti e tre ammutoliti e lo fissavamo come se ci avesse detto: siete dei cretini. O almeno così ci sentivamo noi tre.

Il ginecologo mascherò un sorriso divertito vedendo le nostre espressioni e riprese a dire: "Sono degli spasi addominali, simili alle doglie, ma non provocano dolori forti come le contrazioni vere e proprie. Si può notare la differenza anche dal fatto che non si presentano ad intervalli regolari e il dolore scompare da solo poco dopo."

"Quindi non partorirà oggi?" chiese confuso Tommaso, grattandosi la testa imbarazzato.

"No, ora faremo un rapido controllo, per accertarci che sia tutto nella norma e poi potrete tornare a casa." concluse il dottore, invitando i due ragazzi ad uscire e facendomi poi stendere sul lettino.

Confermò che era tutto nella norma e che la gravidanza stava procedendo come previsto, perciò non avevo nulla di cui preoccuparmi.

"Mi scusi dottore per averle fatto perdere tempo" mormorai mentre mi rivestivo, ovvero mentre infilavo nuovamente il mio pigiama con il gatto. Mi sentivo così stupida a stare in piedi di fronte a quest'uomo con un indumento del genere.

Lui si mostrò molto comprensivo e non fece commenti ironici sull'accaduto, anzi mi disse: "Non devi scusarti Camilla, è il mio lavoro. Adesso che si avvicina la data del parto, devi sentirti libera di interpellarmi per qualsiasi dubbio ti venga in merito alla tua saluta o a quella della bambina. Non bisogna sottovalutare neanche il minimo problema, è questa la mia filosofia."

Mi sentii davvero tutelata da quest'uomo e pensai che avevo fatto bene ad affidarmi a lui. Gli rivolsi un grande sorriso e lo ringraziai per la pazienza, poi uscii dalla stanza e dall'ospedale, seguita da Tommaso e Samuele che si erano alzati dalle sedie, in sala d'attesa, non appena mi avevano visto passare davanti a loro.

Mi sommersero di domande e giustificazioni, ma io li ignorai, camminando dritta e impettita verso la fermata dei taxi, poco distante, e cercando di attirare l'attenzioni di una delle loro macchine che passava proprio in quel momento.

Quando si fermò, sul viso dell'uomo alla guida spuntò un'espressione divertita e confusa, a causa della pancia, il pigiama, i capelli spettinati e il viso completamente struccato. Sicuramente non sembravo molto normale.

Misi a tacere qualsisia suo commento fulminandolo con lo sguardo all'istante. Era una mattinata già difficile senza ulteriori prese in giro da uno sconosciuto. 


Quando arrivammo sul nostro pianerottolo, decisi che era il momento di affrontare i due "uomini", così mi voltai verso di loro e dopo aver portato le mani sui fianchi, esordii: "Se questa sarà la vostra reazione, il giorno del vero parto, preferisco avere di fianco a me Carolina."

Almeno lei sarebbe stata in grado di sdrammatizzare la situazione con una delle sue battutine acide. Meglio che finire in ospedale in pigiama.

"Io cosa?" chiese una voce al di là della porta di Samuele.

Ma di cosa erano fatte queste porte? Cartapesta?

Carolina apparve corrugando la fronte e chiedendo perplessa: "Eccoti Samuele! Dov'eri finito?"

"Scusa Carrie, c'è stato un falso allarme" disse lui, avvicinandosi a lei e lanciandomi un'occhiata colpevole.

"Sì" specificai "sono loro due il falso allarme"

"Forse mi sono fatto prendere un po' dal panico" ammise Tommaso spostando lo sguardo sul pavimento.

"Un po'?" chiesi io alzando il tono di voce.

"Forse più che un po'. Ma sai non ero preparato, è successo così all'improvviso..."

"Perché, pensi che ti manderà un messaggio la bambina, quando sarà il momento?"

"Ma per caso sei andata in ospedale così conciata?" intervenne Carolina, lasciandosi scappare una risata e puntando un dito sul mio gatto obeso.

Le rivolsi una smorfia di disprezzo e entrai nel mio appartamento, chiudendomi la porta alle spalle.


La sera Tommaso per farsi perdonare, mi comprò una torta con la marmellata di ciliegia e nonostante mi sentissi ancora umiliata per la situazione nella quale mi ero trovata, restare arrabbiata con lui era impossibile!

Quando raccontai a Rebecca la mia disavventura, mi tenne attaccata al telefono mezzora, per sapere tutti i particolari e poi passò un'altra mezz'ora a ridere come una matta, senza curarsi della mia irritazione. Ma dovevo ammettere che sarebbe stata una storia divertente da raccontare in futuro. Un futuro molto lontano però.

"Dai Cami, guarda il lato positivo" disse poi la mia amica, cercando di riprendere fiato.

"Sarebbe?" chiesi io ironicamente.

"Ormai hai fatto tutte le figure di merda possibili con il dottore" concluse Rebecca, ricominciando a ridere.

"Effettivamente... hai ragione!" concordai, unendomi al suo divertimento.

Ma sfortunatamente scoprii, in seguito, che Rebecca si sbagliava. La figura di merda peggiore doveva ancora arrivare. 

Una ciliegia tira l'altraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora