I giorni seguenti Tommaso mi sembrò molto agitato, blaterava di preparare la casa per la bambina, anche se non capivo di preciso a cosa si riferisse. Mi sembrava già pronta così com'era: avevamo la cameretta, avevo posizionato un seggiolino al tavolo da pranzo e un vasino nel bagno, anche se ci sarebbe voluto del tempo per utilizzarlo e un box nel salotto, riempito di pupazzi.
Quella mattina stavo bevendo il mio succo alla ciliegia quando apparve Tommaso al telefono con sua madre, stavano discutendo di paraspigoli, fermi di sicurezza e copriprese.
La nostra bambina sarebbe stata tanto scema da infilare le dita nella presa? Ripensai alla domanda di Tommaso circa l'utilizzo nella torta della farina e alle mie pessime decisioni di tornare sempre a casa vestita in modo ridicolo. Forse lo sarebbe stata dopotutto. I geni erano quelli che erano.
Quel giorno, comunque, dovevo andare all'università e dopo avevo il turno di lavoro al negozio di fiori, così non prestai particolare attenzione ai vaneggiamenti di Tommaso, che, mentre parlava al cellulare in maniera concitata, mi faceva strani segni con le mani, che non capivo assolutamente. E poi ero io quella che si comportava in modo strano.
Passarono diversi giorni senza grandi novità, ad eccezione della mia pancia che sembrava sull'orlo dell'esplosione, ma nonostante questo, continuava a crescere. Inutile dire che ora anche infilarsi le mutande stava diventando complicato.
Una mattina, fui svegliata dal rumore assordante di un martello che picchiava contro qualcosa. Mi alzai dal letto frastornata, un po' ridicola nel mio pigiama con sopra un gatto, che ora sembrava essere ciccione per colpa delle mie forme accentuate.
Mi affacciai sul corridoio e notai Tommaso chinato su un mobile, intento a montare qualcosa di indefinito sull'angolo. Non indagai oltre perché il bisogno di recarmi al bagno divenne abbastanza pressante, così decisi di rimandare a dopo le domane.
Ma una volta arrivata davanti al gabinetto, trovai uno strano oggetto di plastica posizionato sopra al coperchio, che mi impediva di alzarlo.
Ma cosa stava succedendo?
Provai a capirci qualcosa da sola, ma quello strano braccio bianco non si muoveva di un millimetro, così chiamai Tommaso per avere il suo aiuto.
"E' un rompicapo?" chiesi ironica, mentre la mia vescica si faceva sentire.
"Dai Cami, è una sicura per bambini, non ci vuole un genio per toglierla" disse lui, schiacciando un paio di levette e provando a sbloccarla.
L'oggetto rimase saldamente al suo posto, senza dare il minimo segno di cedimento. Guardai Tommaso scettica, mentre lui iniziava ad agitarsi diventando ancora più inconcludente, finché non perse la pazienza e cominciò ad inveire contro il gabinetto, sostenendo che gli avevano venduto il pezzo difettoso.
Mi sarebbe piaciuto restare ad assistere allo spettacolo, ma il bisogno chiamava, così decidi di andare da Samuele per chiedere ospitalità.
Percorsi la strada che mi separava dalla porta nel minor tempo possibile, ma proprio mentre stavo per girare la maniglia, notai che il nostro salotto sembrava particolarmente spoglio. Mi avvicinai per indagare meglio e appurai che un sacco di oggetti erano sparti, quadri, vasi con all'interno diverse piante, alcuni soprammobili che ricordavano vecchi viaggi e addirittura il tavolino che era posizionato vicino al divano.
Chiusi gli occhi per cercare di mantenere la calma e mi resi conto che, se non mi fossi sbrigata, me la sarei fatta addosso. Attraversai il pianerottolo e bussai con insistenza alla porta di fronte, finché Samuele non aprì con una tazzina di caffè in mano.
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Una ciliegia tira l'altra
Romance[Volume secondo] Questa storia è il seguito di SE SON ROSE...APPASSIRANNO. Continuano le vicende di Camilla, alle prese con i suoi vicini e le sue imbarazzanti vicende lavorative. Ma ora le cose si complicano ulteriormente. Come? Non vi resta che sc...