"Magari potresti chiamarla Ida, non è proprio il nome di mia nonna, ma almeno ci sono tre lettere su quattro!" ribadì Rebecca dall'altro capo del telefono.
"Becky, ancora?" risposi attraverso il microfono, incamminandomi sul marciapiedi verso l'agenzia di marketing.
"Va bene... se non ti piace Ida, almeno pensa a Ela! E' carino!"
"Non credo esista"
"E chi dice che deve esistere? Gwyneth Paltrow ha chiamato sua figlia come un frutto!"
"Allora la chiamerò Cherry"
"Ma non somiglia al nome di mia nonna..." sentii una profonda delusione nel suo tono di voce, ma durò poco, perché riprese subito, dicendo con entusiasmo: "Ci sono, chiamala Adel!"
"Ciao Becky" la liquidai io, chiudendo la chiamata mentre lei stava ancora baleterando parole a caso. Ero giunta davanti all'edificio che ospitava l'agenzia di marketing, un palazzo alto con diversi uffici e appartamenti. Fortunatamente la mia destinazione era la primo piano, ultimamente mi stancavo anche solo alzandomi dal letto.
Entrai dopo aver bussato e fui accolta da una signora molto gentile, sulla cinquantina, che indossava un completo sobrio, ma elegante e aveva i capelli scuri legati in una coda di cavallo.
"Ciao Camilla" mi salutò affabilmente "mi dispiace dell'inconveniente, ti ringrazio per essere passata."
Di solito mi recavo direttamente davanti al luogo che dovevo pubblicizzare e trovavo lì il mio costume ad aspettarmi, perché era compito dell'agenzia provvedere alla sua consegna, ma stavolta avevano avuto un contrattempo, così avevo fatto una deviazione, prima di recarmi al centro commerciale dove avrei dovuto lavorare.
"Non c'è problema" risposi gentilmente, sbottonandomi il cappotto che mi stringeva sulla pancia. La donna lanciò uno sguardo sul mio grembo e notò la mia situazione come dire... ingombrante!
"Ecco a te il sacchetto... credo che non tutti i pezzi del travestimento saranno necessari"
La guardai perplessa, ma decisi di non indagare oltre, o avrei fatto tardi. Mi congedai velocemente e presi il l'autobus per giungere la destinazione più in fretta. Mentre ero seduta sul mezzo di trasporto aprii la busta che avevo in mano e la stoffa rossa e bianca non mi lasciò nessun dubbio... sarei stata Babbo natale... di nuovo! Ricordavo il vestito succinto e imbarazzante della volta scorsa e sperai che questo mi coprisse almeno la pancia, altrimenti sarebbe stato davvero umiliante.
Le mie preoccupazioni erano infondate. Decisamente infondate! In piedi all'ingresso del centro commerciale, suonavo la campanella che avevo tra le mani, augurando ai clienti buon natale. Ringraziavo la folta barba, bianca e finta, che mi ricopriva metà viso, rendendomi poco riconoscibile.
Altro che Babbo natale sexy e striminzito, questa volta ero un Babbo natale grasso e voluminoso, con i capelli bianchi, ricci e gonfi, e un cappello rosso con la punta che terminava in un batuffolo, anch'esso bianco. I pantaloni, di una taglia più grande, non cadevano solo grazie all'aiuto della mia pancia e la giacca gigante aderiva sulla vita, evidenziando il gonfiore tipico della figura che stavo interpretando. Ora capivo cosa intendeva dire la signora non tutti i pezzi saranno necessari. La pancia finta ovviamente era rimasta nel sacchetto. Non mi serviva aumentare ulteriormente il mio volume!
Arrivai a casa stanca e ancora vestita in modo ridicolo. Cambiarmi, all'inizio del turno, nei bagni stretti del centro commerciale non era stato facile, perciò avevo deciso di non ripetere l'esperienza e di svestirmi una volta tornata. Non mi preoccupavo di Tommaso, ormai mi aveva vista conciata in qualsiasi modo.
Arrivata al pianerottolo mi levai la barba, che mi irritava la pelle e cercai le chiavi nella mia immensa borsa. Ma dove accidenti erano andate a finire?
Sentii un click e la porta si spalancò, rivelando una bellissima donna, dai lunghi capelli scuri e gli occhi del colore dell'oceano. Doveva aver passato i quarantanni, perché c'era qualche ruga sparsa per il viso, ma aveva un portamento e un modo di vestire piuttosto giovanile. Indossava dei pantaloni a zampa, che le fasciavano perfettamente le lunghe gambe magre, aiutata dalle scarpe con il tacco che sbucavano dall'orlo dei jeans e una camicia gialla lasciata morbida, che rimaneva per metà all'interno dei pantaloni e per l'altra metà sopra di essi.
La fissai ammaliata e rimasi senza parole, imbambolata come una stupida, e il mio travestimento di certo non aiutava!
"Posso aiutarti?" chiese gentilmente, spostandosi i capelli dal viso con la mano e facendo tintinnare i molteplici braccialetti oro che indossava.
"Io..." balbettai, cercando di trovare le parole per finire la frase. Fortunatamente fui salvata dalla voce di Samuele, che stava uscendo dal mio...cioè ora suo appartamento.
"C'è una festa a cui non sono stato invitato?" chiese scherzando, probabilmente riferendosi al mio outfit. Mi voltai verso di lui, arrossendo leggermente per il mio solito tempismo sbagliato.
"Cami?" domandò lui, reprimendo una risata "come ti sei combinata?"
"Ero al lavoro" specificai, come se non fosse già stato ovvio. Chi mai si vestirebbe in questo modo spontaneamente?
"Sei tu Camilla?" intervenne la donna davanti a me, ancora intenta a capirci qualcosa. Tornai a rivolgere a lei la mia attenzione, annuendo impacciatamente.
"Non vi siete ancora conosciute?" domandò Samuele avvicinandosi a noi, un po' a disagio. Spostai il mio sguardo da lui alla donna, senza riuscire a capirci molto, ma poi un pensiero mi trafisse la mente... oh no....
"Zia, ti presento Camilla" continuò Samuele indicandomi con la mano. Oh no...
"Camilla, ti presento Beatrice" spostò la mano verso la donna, che stava sorridendo cordialmente. Oh no...
"Lei è la mamma di Tommaso" concluse, rivolgendomi un'espressione dispiaciuta.
Come temevo!
Le mie guance si colorarono di un rosso più intenso della mia giacca, mentre spalancavo sempre di più gli occhi e maledivo la mia continua buona fede. Dopo tutte queste lezioni che avevo avuto dal cielo, come potevo ancora pensare che tornare a casa vestita così fosse una buona idea?
Beatrice si accorse del mio imbarazzo, così piegò la testa di lato, con il volto che esprimeva tenerezza e fece un passo avanti, avvolgendomi in un caldo abbraccio materno. Neanche mia madre mi aveva mai abbracciato cosi dolcemente.
"Stai tranquilla tesoro, sono qui per te" mi sussurrò all'orecchio, con una voce così comprensiva che calmò all'istante il battito del mio cuore.
Involontariamente pensai alla reazione che avrebbe avuto la mia di madre, scoprendo della mia gravidanza, e non potei fare a meno di constatare che non sarebbe stata così disponibile. Lei non ci sarebbe stata per me, come aveva sempre fatto. Perciò mi ero convinta di non aver bisogno di questo tipo di affetto nella mia vita.
Ma sentendo l'amore che Beatrice mi stava trasmettendo con un semplice abbraccio, nonostante ci fossimo appena conosciute, emerse dentro di me una mancanza che non pensavo di possedere. Mi mancava la mamma che non avevo mai avuto: una mamma che mi mettesse al primo posto nella sua vita.
Mi ritrovai a piangere silenziosamente, aggrappata alla camicia di Beatrice, che prese ad accarezzarmi delicatamente la schiena, aspettando pazientemente che la mia diga rotta di fermasse.
Alla fine, potevo far finta di essere forte e indipendente, ma c'era sempre una piccola falla nel muro che avevo eretto per tenere lontano il mio passato e il suo dolore. Era basato un po' di amore da parte di una mamma sconosciuta per creparlo definitivamente. Mi stavo rompendo e mi serviva il collante della mia famiglia per rimettere insieme i pezzi.
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Una ciliegia tira l'altra
Romansa[Volume secondo] Questa storia è il seguito di SE SON ROSE...APPASSIRANNO. Continuano le vicende di Camilla, alle prese con i suoi vicini e le sue imbarazzanti vicende lavorative. Ma ora le cose si complicano ulteriormente. Come? Non vi resta che sc...