Capitolo 16 (Vagheggiare Un Capolavoro)

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MIREA'S POV

Mi sveglio con la pelle d'oca su tutto il mio corpo. Mi avvolgo tra le roventi coperte ma non riesco a trovare calore. Apro, di poco, gli occhi e intravedo la finestra aperta.
Mi scopro, mi alzo e mi avvicino ad essa.
La brezza gelata scivola su tutta la mia statura, arricciando i capelli in una ribelle danza. Il sole assente, lascia padroneggiare la scena alle nuvole perlacee e al vento gelido, generando una giornata alquanto uggiosa, cupa. Mi affaccio fuori la finestra del balcone e appoggio le mani sulla ringhiera, meditabonda.

Devo ammettere che mi sento abbastanza sola senza mia fratello, senza quel pezzo di puzzle che è partito di nuovo per Seul. L'ultima volta, non l'ho neppure salutato ma sono rientrata in casa a fare i bagagli, con i mille problemi che rieccheggiavano in testa. E mi sento una vera insulsa nel non averlo abbracciato.
È da due giorni che mi trovo qui e voglio scappare, lontano. Lontano da occhi indiscreti, lontano dal caos, lontano da questo posto crudele e dal mio atto di impulsività. Tuttavia, ciò che ho commesso mi perseguiterà per sempre.

Lascio un sospiro di debolezza e mi massaggio le tempie. A quanto pare, la morte di mia madre mi sta puntando con queste numerose e dolorose fitte alla testa, più violenti e più persistenti.

Appoggio i gomiti sulla ringhiera e obbligo i miei occhi a concentrarsi su quello che si trova dinanzi a me, lasciando i pensieri un po' in disparte. Seppure indarno.
In questi due giorni non ho mai osato rivolgere una parola a Kippeum, nonostante lui stesse facendo di tutto pur di farmi sorridere, pur di rubarmi un'occhiata, pur di udire la mia voce.
Cercavo di rimanere neutrale anche se, in cuor mio, mi duole notarlo in questo stato.
Se Kippeum non se ne fregasse nulla di me, non avrebbe insistito così tanto.
Ciò nondimeno, lui è stato sempre al mio fianco, anche quando lo scacciavo in malo modo, anche quando avevo i miei sbalzi d'umore, anche quando lo rispondevo male per l'episodio di mia madre. Lui c'era.
C'è sempre stato, riprovandoci.

Stringo le mani sulla ringhiera e sprigiono uno sbadiglio, assonnata. Non riuscendo a chiudere occhio in queste notti.
Mi volto alla mia destra per osservare l'altro lato della strada ma, d'improvviso, trovo Kippeum che mi osserva minuziosamente dal suo balcone, affianco camera mia. Accennando un lieve sorriso.
Appena vede che lo noto, si sistema i capelli e si schiarisce la gola.

"Che coincidenza, eh!" ridacchia imbarazzato "Trovarti sul balcone... Ehm..." si zittisce, non sapendo cosa dire.

Distolgo lo sguardo. Percepisco uno sbruffo da parte sua e chiude la finestra del suo balcone.
Forse questa convivenza non farà bene a nessuno dei due, specialmente se continuiamo a non parlarci, o meglio, se io continuo ad ignorarlo.

"M-Mirea"

Sobbalzo dallo sgomento e mi giro verso il suo lato, con lo sguardo che lo annichilisce per esser entrato senza bussare o senza emettere un piccolo rumore facendomi accorgere della sua presenza.

"S-scusami"

"Mi hai fatto spaventare. Stavo pensando..." le mie prime parole rivolte a Kippeum dopo quella sera.

"Cosa stavi pensando?" mi chiede con tono preoccupato nel mentre si posiziona accanto a me, gomiti sulla ringhiera.

"Al nulla. Pensavo al nulla" rispondo, non riuscendo ad adottare un altro comportamento se non freddo e distaccato.

Sento che sospira.

"Mirea, devo dirti molte di quelle cose. Tante. Troppe. Alcune recenti, altre, invece, sono vecchie ma di estrema importanza"

Giro il capo verso di lui e lo osservo con aria disorientata.

"Anche se questa cosa dovevo dirtela da tempo, penso che, ora, non sia importante tanto quanto quello di chiarirci"

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