otto

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"agente, per l'ultima volta..." disse spazientito Fabio "ha solo quattro anni, cazzo, datele il suo tempo!" disse mentre il personale di polizia continuava a tenere lo sguardo sulla bambina dagli occhi tristi e cupi in attesa di risposte. Erano passati pochi giorni, Martina non parlava, non rideva e non guardava più il volto di nessuna persona. Fabio e Mirko erano disperati, non sapevano come riprendere la loro nipotina da questa fase di shock, non sapevano come spronarla. "signor Rizzo, non mi sembra di aver parlato con lei, quindi mi faccia il piacere di stare lì composto e in silenzio, sua nipote sa quello che deve fare" rispose l'agende facendo innervosire ulteriormente lo zio "senta, testa di cazzo- si alzò-mia nipote sa bene quello che ha visto e non ne vuole parlare, ma cazzo lo sa? Le ho già raccontato una versione ed è la verità, non le basta?" disse esasperato "moderi i termini!" rispose l'agente offeso "non me ne frega proprio un cazzo dei tuoi termini di merda, cristo, ci faccia andare e basta. Quando la bambina avrà deciso di parlare la porterò da lei. Ma lasciatela stare!" disse "lei non è il tutore della bambina, giusto?" domandò un altro agente sentendo le urla "non per il momento, ci sono altri problemi, ma per ora sta da me ed è affidata a me" disse il moro, annuirono entrambi, l'agente sospirò e si avvicinò alla porta del suo studio aprendola "buona giornata signor Rizzo, spero a presto" disse riservandogli un sorriso cordiale "ma fottiti" sussurrò Fabio prendendo per mano la nipote e uscendo dalla questura.

Martina non era minimamente interessata a quello che le aveva chiesto l'agente di polizia, continuava a sentire un dolore al petto indescrivibile, le impediva di esprimere le sue emozioni come dovrebbe e le impediva di raccontare ciò che aveva visto. Il padre con le mani attorno al collo della donna, lei si dimenava, una piccola lama sporca di sangue non molto distante dai due e la maglia della madre intrisa del suo stesso sangue. Non riusciva a cancellare quelle immagini, la madre aveva smesso di lottare, la sua luce si era spenta, si sentiva persa nel buio. Non sapeva cosa fare. Non sapeva più se potesse fidarsi di suo zio, vedeva medici che dicevano di volerla aiutare, ma la sua voce le diceva di non fidarsi, che nessuno l'avrebbe aiutata davvero e così stava zitta, nella speranza di trovare davvero qualcuno di cui potersi fidare. "è tutto inutile, chissà dove cazzo è scappato quel figlio di puttana" sbuffò lo zio sedendosi sul sedile dal lato guida. La bambina lo guardò dallo specchietto retrovisore, gli occhi grandi e scuri avevano un'aria severa e di una persona con la quale non si può scherzare, Martina lo conosceva bene suo zio, sapeva di potersi fidare, e allora perché non parlava? "Martina, senti..." disse interrompendo l'attimo di silenzio "capisco che sei spaventata, lo capisco bene, ma qualsiasi cosa ti passi per la testa, qualsiasi voglia tu abbia, dimmelo, ti prego..." disse accarezzando il volto della piccola "queste persone vogliono sapere tu cosa hai visto, e se vuoi che smettano di chiederlo ti conviene parlare, parlane con me se vuoi, ci penserò io a quel punto." disse 

-diglielo!- sussurrò qualcuno nella sua testa, la bambina guardò il suo tanto amato zio, gli sorrise e si gettò fra le sue braccia "papà...aveva le mani intorno alla gola della mamma...così.." disse staccandosi dall'abbraccio e portando le manine intorno alla sua gola "mamma urlava, cercava qualcuno che le potesse dare una mano, io cercavo qualcosa per fare male a papà. Quando l'ho trovata mamma ha smesso di urlare e di muoversi, così visto che anche papà aveva tolto le mani dal collo della mamma gli ho lanciato il vaso" disse distogliendo lo sguardo da quello dello zio e puntandolo sulle scarpine bianche " e poi?" domandò, alzò le spalle "non mi ricordo, mi sono avvicinata a mamma e poi sei arrivato tu" alzò le spalle "papà è scappato?" chiese, la bambina annuì. Fabio rimase in silenzio e mise in moto l'auto, ammirando il coraggio di sua nipote, non era poi così ingenua, pochi bambini avrebbero reagito nella sua stessa maniera. Sapeva che era speciale, fin dal primo momento in cui la prese in braccio, guardando quel suo volto dolce e innocente. 

[...]

Sembrava che tutto fosse tornato al suo posto, o quasi, Mirko sorrideva nel vedere che suo fratello e sua nipote stessero scherzando come sempre, come se non fosse successo nulla. Il che era già un buono inizio per la convivenza della bambina in quella casa. Presto però Mirko se ne sarebbe andato, la sua fidanzata desiderava convivere e, un giorno, avere una famiglia, lo stesso suo desiderio. Fabio d'altro canto non ci pensava, aveva avviato la sua carriera e pensava solo a divertirsi, in quel momento poi credeva che la persona a cui dovesse dare tutto l'amore fosse proprio Martina, insomma, non aveva tempo per una relazione stabile, non voleva mettere in secondo piano sua nipote perché, secondo l'altra persona, la loro relazione era più importante di una bambina di quattro anni.

Qualcuno bussò alla porta, Martina si irrigidì, Fabio lanciò uno sguardo di intesa al fratello che subito prese la bambina con sé. Il più grande andò ad aprire e si ritrovò una giovane ragazza con una giacca nera, una camicia e una gonna nera, abbinata a dei tacchi, i capelli raccolti in uno strano chignon e gli occhiali spessi sulla punta del naso. Con sé aveva una cartelletta "lei è?" chiese il moro alzando il sopracciglio "sono un'assistente sociale, sono qua per sua nipote Martina Privitera, deve venire con me." disse la donna 

Senza Un Posto Nel Mondo|| Marracash Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora