VIII

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<No ferma, in che senso?> Cassie e Sam era proiettate sulla televisione del salotto di Diana, mentre andava avanti e indietro nervosa, cercando di mettere in ordine il pomeriggio prima passato con Tom. Sprofondò sul divano e si prese la testa tra le mani, i capelli sciolti ricadevano sul viso ormai stanca e confusa dalla nottata in bianco.

<Diana> Cassie era sul suo terrazzo a prendere il sole, con pantaloncini e canottiera, i capelli in uno chignon alto, il telefono appoggiato al tavolino di legno e le gambe sulla ringhiera <Ti ha solo baciata>.

Diana strofinò le mani sulla faccia <Lo so Cassie> si rialzò dando le spalle allo schermo, camminando verso la vetrata, sospirò pesantemente.

<Di cosa hai paura?> Sam si era spostata i capelli di lato, con la luce solare che entrava nella stanza bianca e lucida, in contrasto con i suoi occhi grandi.

Diana si passò la mano sul collo <Non sono pronta> guardò a terra rigirandosi, spendo di trovarsi addosso gli sguardi preoccupati delle sue amiche.<È passato un anno> commentò Cassie.

Scosse la testa <Non sono pronta> ripeté.

Cassie cercò di parlare, ma Sam la zittì <Non importa, devi sentirlo tu> e si rilassò sulla sedia <Non forzare i tuoi sentimenti, non serve a niente>.

Cassie le diede ragione, scusandosi dopo per le risposte date.

Diana scosse la testa, poco dopo le salutò, ritrovandosi ancora una volta nel suo immenso e vuoto appartamento. Sentì dentro di sé le emozioni darsi a pugni e litigare a vicenda, lo stomaco continuava a farle male e a brontolare, ma di mangiare non aveva ne voglia ne la forza di farlo. Si raggomitolò sul divano, sulla poltrona accanto aveva ancora la sua giacca di quella notte, lì, immobile, con ancora i loro profumi che si mischiavano e che non avevano intenzione di lasciarla andare. Si sentiva ancora sulla pelle il calore del suo corpo, il respiro regolare e il suo viso tra i capelli, le braccia possenti che la stringevano e le gambe incastrate tra loro.

Urlò con la faccia premuta sul cuscino, per attutire il rumore; lo abbracciò e scoppiò in un pianto disperato.

Non era passato molto dalla sua ultima cotta, perché non è mai stata una propria vera relazione, ma l'aveva distrutta interiormente, lasciandola allo sbaraglio delle proprie ferite e sentimenti. Quella poca fiducia che aveva se l'era persa con quel ragazzo che orami non vedeva più e neanche si ricordava.

Abbracciò il cuscino, portandolo maggiormente al suo petto e ristringendosi sul divano.

Respirò a lungo, le labbra serrate con ancora il calore di Tom sulle sue, la sua mano tra i capelli che la spingevano a lui e l'altra sul collo, le sue sul suo petto, pronte a spingerlo via quando nella testa scattò il campanello d'allarme.

Era rimasto confuso da quella mossa, e chiese spiegazioni quando lei uscì dalla macchina e cominciò a camminare fino a casa sua, senza girarsi indietro.

Era tornata a casa ed era rimasta sul divano a guardare il riflesso del sole che tramontava e la luna che illuminava la New York ormai dormiente.

Victor l'aveva chiamata almeno dieci volte, ma lei non aveva mai risposto; Tom non si era fatto vivo e Sam e Cassie continuavano a chiederle come stava e perché non rispondesse né a Victor né a loro.

Alla fine, aveva ceduto e aveva raccontato tutto, senza tralasciare nessun dettaglio, ormai distrutta, tanto da non mangiare e non riuscire a dormire.

Suonò il campanello, aprì lentamente le palpebre e pensò di fare finta che non ci fosse, richiuse gli occhi e cercò di riaddormentarsi, ma il campanello risuonò di nuovo.

Ovunque tu sia || Tom HollandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora