XIV

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Si trovava ancora una volta nel suo appartamento dopo una settimana di lavoro. Sdraiata sul divano a pancia in su, osservava il bianco soffitto, pensierosa.

Erano passate due settimane e mezzo da quell'episodio, i due non si parlavano più, solo quando entravano nel personaggio assegnato discutevano come vecchi amici. Nella realtà, invece, erano indifferenti l'uno dell'altro. Almeno, Tom lo era, lo coglieva qualche volta guardarla con insistenza, ma nulla di più.

Diana gli passava accanto senza degnarlo di uno sguardo e la testa alta, non si sarebbe mai permessa di abbassarla in sua presenza.

Victor, da quel giorno, si preoccupava il triplo, doveva assicurarsi che lei stesse in forma al centodieci percento sul lavoro, mentre in privato doveva subirsi la sua ira, ma non gli pesava. Ogni volta le diceva <L'ultima volta è successo un casino, questa volta ci sono io, quindi dovrà vedersela con me se ti farà ancora male>. Diana a quella frase si calmava e lo abbracciava, sorridendo, con il viso appoggiato al suo petto stretta e protetta.

Aidan, invece, si stava facendo sentire tutti i giorni. Per dei giorni l'aveva riportata a casa dal lavoro, perché Victor aveva del lavoro da svolgere, e lui era stato tanto gentile da farle da Taxi personale per cinque giorni. Una volta la aveva pure accompagnata a mangiare il sushi e ci erano rimasti per delle ore, poco dopo Diana si trovava nel bagno a vomitare pesce e riso con Aidan che le teneva i capelli.

Si divertiva molto con lui, adorava il suo sorriso e la voglia di farla sempre ridere o sorridere, anche quando non se la sentiva. Aveva un senso dell'umorismo davvero elevato, raccontava degli episodi della sua vita come se fossero dei libri sulla fantascienza e rideva, rideva e rideva. Quella era la cosa che amava di lui, il suo sorriso. Le due fossette che si formavano poco distanti dagli angoli della bocca erano adorabili e i suoi denti erano perfettamente allineanti e sbiancati, pensava che niente potesse rovinarli.

Un'altra volta, invece, verso sera l'aveva portata al Bowling. Inutile dire che aveva perso già in partenza, lui era bravissimo. Alcune volte sbagliava apposta, giusto per fare una faccia buffa e far ridere Diana, che a malapena ne prendeva quattro di birilli. Dopo due round finirono a mangiare la schifezze nel piccolo bar all'interno del Bowling, finendo per tornare a casa abbastanza tardi da far preoccupare Victor.

Era una bella persona, non si era mai azzardato di nominare Tom o qualunque cosa che c'entrasse lui, anche sul lavoro era la classica <Come è andata?> oppure <Non raccontarmi i particolari, andremo a vederlo quando uscirà al cinema> e non ne parlava più. Quando la andava a prendere e subito dopo doveva ritornare agli Studios per il suo turno, il viaggio verso l'appartamento era rumoroso e vivace, cantando le canzoni della radio.

Da qualche giorno entrambi erano talmente carichi dalle riprese e dal rispettare i turni che a malapena si scrivevano alla sera, giusto gli ultimi venti minuti prima di sprofondare nel sonno più profondo.

Ma qualcosa dentro di lei, qualcosa non andava bene. Si sentiva strana, confusa e debole. Debole di sentimenti.

Aidan era una persona fantastica, gentile e intelligente. Ma non era Tom.

Lo aveva capito subito. Non avevano gli stessi modi di fare, non avevano la stessa risata e non avevano lo stesso sorriso. I loro occhi erano l'opposto dell'altro e avevano lo sguardo diverso.

Aidan la guardava, le diceva che le piaceva come si vestiva e, quando faceva una battuta, la lasciava ridere a crepapelle da sola, limitandosi ad allargare le labbra e allontanare le due fila di denti.

Tom la osservava, le diceva che era bellissima in qualunque ora del giorno e rideva veramente, senza contegno, con lei. Tante volte le uscivano le lacrime dagli occhi per quanto rideva.

Ovunque tu sia || Tom HollandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora