Capitolo 12 La rivelazione

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Rimasi ancora sei lunghi giorni in ospedale, durante i quali non riuscii a parlare con Tyler. Ci tenevo a fargli sapere che gli ero grata, ma poche volte riuscivo a rimanere sola con lui e quando succedeva, inventava qualche scusa per uscire o se ne stava al telefono. Evitava il confronto. Era pensieroso e sulle sue. Decisi dunque di assecondarlo, se non aveva voglia di parlare con me, non l'avrei obbligato. Tuttavia, il solo fatto che fosse lì migliorò il mio stato di salute e la sensazione di vuoto svanì. Mi sentii amata da quelle persone così premurose nei miei confronti, che tanto avevo temuto di perdere. 

Il giorno della dimissione arrivò, nel frattempo non successe niente degno di nota e come aveva detto AJ, arrivò Jason per portarmi a 'casa' con la sua auto e con lui arrivò anche tutto il resto del gruppo. 

Il chirurgo che aveva eseguito l'intervento suggerì di non fare grossi sforzi e si raccomandò di medicare spesso le ferite. Jason lo rassicurò, si sarebbero presi cura di me, Mary garantì che sarebbe stata lei ad aiutarmi con le medicazioni e tutto ciò che non sarei riuscita a fare da sola. Il dottore firmò il foglio di dimissione, subito dopo andai a salutare Patty, l'infermiera che fu tanto buona con me poi, arrivò il momento di salutare Susan.

<<Ti ringrazio per avermi salvato la vita.>> asserì, le lacrime le rigavano il viso <<Niente di quello che potrei dire sarebbe abbastanza. Ti sarò sempre riconoscente.>> mi abbracciò e mi lasciò un biglietto con il suo numero. <<So che sei i buone mani, ma se avessi bisogno di me, volessi fare una vacanza a Miami o soltanto parlare con qualcuno, non esitare a chiamarmi.>> le sorrisi.

Mi chiesi se l'avrei più rivista. Non sapevo se sarei sopravvissuta, e se anche fosse, si sa come vanno queste cose, se non le vivi le persone, le perdi. Mi ero affezionata a lei e in qualche modo ciò che era successo ci aveva legate in modo profondo. La guardai allontanarsi, avevo la sensazione di non averle detto tutto. La chiamai, volevo in qualche modo farle capire che non l'avrei dimenticata e che le sarei stata grata per sempre per non avermi abbandonata. Lei si voltò e le dissi la prima cosa che mi passò per la testa:

<<Fammi un favore, cerca di evitare i vicoli d'ora in avanti!>> dopo un primo momento di esitazione, tutti risero. Era il mio tentativo per dirle 'abbi cura di te', rise anche lei.

Ero finalmente fuori. La tappa successiva era l'hotel dove avevo alloggiato prima della sparatoria e dove avevo ancora tutta la mia roba, compreso il borsone. Solo in quel momento mi vennero in mente i soldi. Sperai ci fossero ancora. Durante il tragitto confessai a Jason la mia preoccupazione, sempre omettendo la questione dei soldi, mi tranquillizzò dicendo che avevano contattato l'albergo subito dopo il ricovero, erano risaliti da un biglietto che avevo in borsa. Gli avevano garantito che nessuno avrebbe toccato la stanza fino al nostro arrivo, avrebbero tutelato tutta la mia roba.

<<...e poi tu sei un'eroina, tenere la camera riservata è stata un'ottima pubblicità per loro!>> sogghignò Jason. Guardai la sua espressione divertita e pensai che per fortuna decisi di pagare una settimana di alloggio anticipato. Salii in stanza con Mary, la quale mi aiutò a raccogliere le mie cose. Prima di ogni altra cosa guardai nell'armadio e con gran sollievo trovai la valigia con tutto il suo contenuto. La donna prese la valigia e lo zaino, non avevo altro, io non sarei riuscita a sollevarli in nessun modo. Scendemmo alla reception e saldai il mio conto, all'uscita trovammo qualche curioso giornalista che aveva saputo dove avevo alloggiato. Si erano piazzati lì nella speranza di ricavare un'intervista o qualche informazione per riempire i giornali di altri articoli per me deleteri. I ragazzi di Jason mi fecero da scudo e mi circondarono tenendo lontani i curiosi finché non riuscì ad entrare in auto. Caricammo i bagagli e ci dirigemmo verso casa. 

Una sola via d'uscitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora