Capitolo 13 Punti di vista

5 2 0
                                    


Arrivammo a Clearwater, era passato da poco il tramonto. La prima cosa che vidi fu la scritta  rassicurante sul grande cartellone così familiare 'Safety Residence', illuminato da due faretti gialli ognuno dei quali aveva uno sciame di insetti impazziti che gli girava intorno. Jason parcheggiò nel garage dello stabilimento, situato nel sotterraneo, dopo aver attraversato la rampa l'auto si spense e le luci del garage si accesero. Aprii la portiera e Mary mi aiutò a scendere, ogni movimento per me era ancora piuttosto doloroso. Subito dopo la donna si congedò, pareva aver fretta, forse, doveva iniziare un turno alla caffetteria. Non salutò neanche il suo Jim, semplicemente sparì. 

Tutte le moto entrarono dopo di noi e si posizionarono in ordine, infila una di fianco all'altra, i ragazzi scesero e si radunarono tutt'attorno a Jason, il quale incalzò:

<<Ragazzi, abbiamo deciso di aiutare la nostra amica Sun. Il nostro compito prima di tutto, è mantenerla in vita. Abbiamo a che fare con gente pericolosa, ma non peggio di quello che abbiamo affrontato fino ad ora. Non dobbiamo farci cogliere impreparati, la prima cosa da fare è individuare gli investigatori. Domani inizieremo a fare qualche domanda in giro, se sono in città nel giro di un paio d'ore verrò a saperlo. Dovremo farli parlare. Siete pronti? >>

<< Che domanda. Non vediamo l'ora, a me prudono le mani! >> rispose Tom.

<< Il piano è farci dire cosa sanno poi, sarà meglio confondergli idee e rimandarli al mittente a mani vuote. >>

<< Potremmo farlo a suon di schiaffi! >> propose Sock. Gli altri risero. Sembrava una conversazione normale. Li osservai e risi tra me incredula. Jason, si avvicinò poi ad un armadio a muro, digitò velocemente un lungo numero su un tastierino, si sentì uno scatto e la porta blindata si aprì. << D'ora in poi girerete sempre armati, è fondamentale non farsi cogliere di sorpresa. Dobbiamo stare attenti e capire le loro mosse sempre un momento prima che le pensino. >> nel frattempo aprì l'armadio e tirò fuori le armi, tante armi, quel posto era un arsenale. J le prese e le distribuì. Mi appoggiai all'auto, mi girava la testa, non sapevo se per l'effetto che mi aveva fatto quella scena o per il dolore alla ferita. Comunque non ressi e adagio scivolai fino a ritrovarmi seduta per terra, con la schiena appoggiata alla ruota del Cayenne e le gambe dritte sul pavimento. Guardai ancora il contenuto di quell'armadio: fucili di tutte le dimensioni, pistole, munizioni e giubbotti anti proiettile. Li osservai maneggiare quelle armi come fossero giocattoli, c'era tutto il necessario per una guerriglia. Non si facevano mancare proprio nulla. La squadra era molto attenta alle istruzioni, AJ dopo aver caricato e controllato la sua pistola, la mise nei pantaloni dietro la schiena, poi si voltò nella mia direzione per caso, e si accorse che ero sul pavimento quasi priva di sensi. Si avvicinò di corsa, mi sollevò dal freddo strato di cemento con estrema attenzione. 

<< Tu! >> ordinò Jason a Tyler << Accompagnala in camera sua. Ho bisogno di AJ qui adesso. >> Senza fiatare, con l'aria di chi esegue un ordine contro la sua volontà si avvicinò e mi prese dalle braccia di AJ con garbo. Avevo sognato spesso quel momento, stare tra le sue grandi e forti braccia, ma le circostanze erano differenti. Il contatto non mi lasciò indifferente, affondai il volto nella sua spalla e cercai di godermi il più possibile quel momento. Chiusi gli occhi e sentii la voce di Jason impartire ordini:

<< Stai con lei e accertati che stia bene. Se ci fossero novità ti chiamo. >> si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi si diresse verso la stanza numero ventiquattro. L'odore della sua pelle, il calore del suo corpo, la sicurezza che mi trasmetteva era dura non poter reagire in nessun modo. Se avessi seguito l'istinto, l'avrei baciato e gli avrei buttato le braccia intorno al collo, ma trattenni il desiderio e il dolore della ferita aumentò. 

Una sola via d'uscitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora