Capitolo 34 (ULTIMO)

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Aprii lentamente gli occhi. Appena lo feci, mi sorpresi di tutta la luce che c'era nella stanza. Le tende erano state aperte, e si sentiva un profumo di qualcosa di buono, ma non seppi mai cos'era.

Mi guardai in giro, e vidi Gete appoggiata a una sedia che mi guardava con aria grave.

- Buongiorno- dissi io ancora intontita.

L'espressione di Gete si trasformò in puro stupore, e solo a quel punto mi resi conto di quello che avevo fatto.

Avevo parlato. Dopo tutto quel tempo, ero riuscita a parlare.

- SANTISSIMICIELIETUTTOQUANTO!! HO PARLATO! Io paaaaarlo! Io uuuuurlo! YEEE! Oddio tu non puoi capire com'è stato brutto non poter dire nemmeno una parola, non potermi esprimere, non poter cantare, non poter dire cazzate varie, io.... SONO COSÌ CONTENTA!! Dov'è Andrea?? Glielo devo assolutamente dire!! È una cosa straordinaria e io... ma Gete... mi stai ascoltando?

Gete aveva una strana faccia.

- I dottori dicevano che era possibile... ma... - disse più a se stessa che a me - È davvero stupefacente. SEI UNA RARITÀ!

Io continuavo a non capire.

- Stanotte hai iniziato a parlare. Dicevi cose senza senso (ovviamente senza senso per i babbani come loro) e i dottori dicevano che c'era una piccola possibilità che tu avessi completamente ripreso la voce. WOW. Amica mia, il culo nella vita non ti manca!

La abbracciai con le lacrime agli occhi continuando a parlare.

- Ma Andrea c'era stanotte?

Gete si rabbuiò nuovamente.

- Si. Era il più contento di tutti. Ma... beh... stamattina...

Si fermò e fece un respiro profondo. Potevo sentire l'ansia che la stava assalendo.

- Gete... dov'è Andrea?

- Io...- si fermò nuovamente - credo... mi ha detto... che...

- È partito.

Gete non rispose. Ma chi tace acconsente. Mi alzai in piedi di scatto e mi diressi verso la finestra. Sentii le lacrime calde che iniziavano a rigarmi il viso e le asciugai subito.

- Perché... non mi ha nemmeno salutato.

- Gaia - disse lei con voce bassa - Credo che questo saluto non sarebbe stato un a presto, ma un addio.

Mi voltai di scatto verso di lei. Restammo in silenzio per qualche secondo, secondi che durarono un eternità.

- A che ora parte il suo treno?- chiesi guardando l'orologio. Erano le 10.05.

- Io...

- Non dire che non lo sai. So che lo sai, e se sei veramente mia amica devi dirmelo.

Gete sospirò.

- Parte alle 10.30. Muoviti.

Mi misi la prima cosa che trovai nel mucchio di roba buttata su una delle sedie, mentre Gete mi guardava con aria pensierosa.

- Gaia, io non credo che ti faranno uscire con tanta facilità. Ora che hai di nuovo la voce vorranno farti dei test.

- Ma è per questo che ci sei tu.

Mi diedi un'occhiata veloce allo specchio e tornai a guardare la mia amica.

- Non ti chiedo tanto. Intrattienili. Non fargli notare la mia assenza. Ho bisogno di qualche minuto di vantaggio su di loro.

Maledetta distanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora