25 - Tacere

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Bass

Rientro nel van dopo aver salutato Layla accanto al mio oggetto preferito – lo stendibiancheria – e trovo Melin­da insolitamente immersa nelle faccende domestiche post-pranzo.

Cazzo, ho fatto davvero tardi.

Non si volta verso di me, né risponde al mio saluto. L'assenza di reazioni e il suo silenzio parlano chiaro: è furiosa con me. Ma non sarò io a offrirle pretesti per iniziare discussioni o tentare chiarimenti. Dopo dieci anni trascorsi sotto il peso di un rimprovero costante al mio minimo errore, comincio a sentirmi esausto.


Mi dirigo in bagno per lavarmi le mani, piuttosto. Tornato nei pressi del tavolino, mi fermo a osservarla di sottecchi, mentre lava i pochi piatti rimasti. Le sue mani, avvolte in guanti di gomma, si muovono meccanicamente, pregne di rancore forse.


Intuisco il motivo del suo malessere. Di solito passeggiamo insieme per le strade d'Europa, trovando mille scuse per allontanarci dall'accampamento e concederci un po' di libertà. Ma oggi sono uscito da solo, senza nemmeno avvisarla, ed è scattato l'allarme mentale. Il suo non è un comportamento sano, così come non lo è il silenzio punitivo, ma non posso fare niente cambiarla. È ferita, e se sapesse che ho trascorso l'intera matti­nata con un'altra, probabilmente farebbe volare i piatti contro le lamiere del nostro van.

Meglio tacere, Bass.

Tacere su tutto.


Tacere su Layla, su come l'ho sostenuta dopo aver condiviso con lei il peso del suo dramma, quello che si ri­flette sulle lentiggini del suo viso. Meglio non dire nulla del momento in cui, credo, abbia compiuto lo sforzo di mangiare un dolce solo per farmi piacere, o delle nostre confidenze più intime, o della piccola sintonia che si è creata, o di quella sua mano che sfiorava il mio polso. So che per molti tutto questo potrebbe sembrare puro e innocuo, ma per Melinda sarebbe un tradimento in piena regola.


Lei è fatta così: vive con il costante timore che io mi infatui di un'altra, magari più giovane, forse più libera. Una donna con cui potrei sposarmi e avere figli, in pratica. E questo mi fa impazzire. Non riesce a capire che l'amo più di qualsiasi altra cosa. Non la tradirei mai.

In passato, quando io e Monica avevamo un'amicizia piuttosto stretta, provai a spiegarle che parlare con una ragazza della mia età o più giovane non significava che volessi portarmela a letto. Ma fu inutile. Ne venne fuori solo un attacco isterico.


Meglio tacere, Bass.

Tacere su tutto.

È riuscita a mandare via Monica dal Powell Circus, ma non le permetterò di fare lo stesso con Layla al Caro­vana.

In questo silenzio che non mi appartiene, mi avvicino a Scarlett e le sfioro la testolina con un bacio. Sta stu­diando, ma le chiedo se ha mangiato, se sta bene, se ha sonno, se ha caldo, se ha freddo, se ha subito avance, un sopruso, uno sfottò, uno sguardo indecente, e poi se la pioggia che sta arrivando la intristisce.

Nel frattempo, l'aria si fa sempre più rarefatta e il nervosismo di Melinda si manifesta in sbuffi prolungati, inesorabili, fuori dal suo controllo.

Decide di seguirmi con lo sguardo mentre apro il frigorifero e preparo un pranzo veloce, infarcendo un sandwich con del pollo alla salsa teriyaki. Non la guardo, mantengo la testa bassa e mi concentro sul mio cibo. Se incrociassi il suo sguardo, scoppierebbe in un urlo.

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