17 - Spiare

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Bass

Spiare le persone è sbagliato, e non riesco nemmeno a spiegarmi perché lo stia facendo.

Ho trovato una scusa che ripeto a me stesso per minimizzare la cosa: per volontà divina ho subito una trasformazione magi­ca. Qualcuno mi ha amputato i piedi e ha installato delle rotelle al loro posto, che mi trascinano in direzioni che proprio non vorrei raggiungere. È facile ingannare me stesso, infatti credo che dovrei già prenotare un collaudo per le rotelle.


Dove mi hanno portato?

Ma è ovvio. A seguire lei.

Sì, la biondina senza stendibiancheria.

È fuori dal tendone, a contatto diretto con il cielo di mezzogiorno e gli alberi appassiti. Le linee del suo cor­po si flettono mentre rotea le fiaccole accese.

Il rischio di incendio, qui all'aperto e sferzata da improvvisi colpi di vento, è triplicato, ma lei ha una sorta di brillante sicurezza stampata sul viso, che indica la sua capa­cità di sapere come aggirare il pericolo e agire in questa situazione.

Prima, con il suo accento dell'est Europa, ha detto che lei al circo funziona sempre e ho l'impressione che sia vero.

Ha del liquido infiammabile sulla lingua che ora si accende al contatto con una delle sue torce.

Gesù.

La lunga scia di luce prodotta dalla sua bocca spalancata sembra persino imbarazzare il sole per bellezza e splendore. Rivedo quasi mia madre: era coraggiosa e indomabile proprio come lei.

Torno a martoriarmi il labbro, nascosto dietro il furgone camperizzato di Oliver, incapace di distogliere lo sguardo da questa ragazza e dalla sua arte.

Layla è alta, potrebbe fare la modella anziché la circense. La coda disordinata dietro la testa lascia in eviden­za il collo lungo e slanciato, mentre le guance scavate sembrano ancorarsi alle mandibole per mezzo di un sottile filo di pelle.

Dov'è la carne? Pare che non ce ne sia.


Le ossa sporgono specialmente dai polsi, così come le vene verdognole sotto le maniche della maglietta degli AC/DC. Le labbra sono livide, con gli angoli rinsecchiti.


Mi chiedo effettivamente se stia bene.


Perché non è solo magra.


È troppo magra.

I valori del sangue, conciata così, devono rasentare la morte. Sarà uno sforzo per lei anche solo reggersi in piedi. Eppure, per qualche assurdo motivo, riesce a vivere, a muoversi, a sputare fuoco.


Layla ha promesso di ridarmi quest'ultimo sotto forma di spettacolo, ma il suo è uno sforzo inutile. Avverto il peso di averla infarcita di bugie, perché, come ho detto a Oliver, io il fuoco lo amo, e non devo lottare con­tro nessuna paura.


D'un tratto, una voce simile a un gracidio mi distoglie da quello che sto vedendo e pensando. «Hai perso la testa, Bastian? Cos'era quello slancio di poco fa in ufficio? Dopo quello che hai combinato con la mangiafuo­co, dovrei smettere di parlarti.»

L'espressione di Melinda è più furibonda che mai.


«Non parlarmi, se lo desideri» replico. «Tanto è chiaro che con te o si l-litiga o si finisce in una condizione di s-sssilenzio punitivo. I chiarimenti non sono mai pacifici.»


«Non posso essere pacifica se ora ti ergi a genitore di Scarlett e a direttore artistico. Quei ruoli sono miei.»

«Se pensi che ti stia f-facendo opposizione, allora vuol dire che...»

«Lo penso, sì» sbraita e annuisce con la testa. «Prima Terence, poi la lituana. Cos'altro ti inventerai per ren­dermi la vita impossibile?»


«Discorso-Terence: Scarlett l-lo ama. Fine» ribatto sicuro, poggiando le spalle al furgone. «Discorso-lituana: non sono tutte come Monica e, poi, s-sssono certo che mia madre lo vorrebbe. Non lasciamo che il fuoco si spenga. Fine.»

«Voglio ricordarti che nel frattempo abbiamo quasi distrutto l'attività e ora ci limitiamo a governarne i bran­delli rimasti. Stai affidando il corso delle nostre vite a persone che nemmeno conosciamo! Io non mi fido di nessuno, né di Dubois,» indica Layla oltre le vetture, «né di quei pupazzetti fuori controllo. Vuoi permettere che ci portino via tutto ciò che stiamo cercando di mantenere con vergogna e disonore? Ci hanno già tolto gli animali. E adesso? Hai già perso Kenna a causa del fuoco; vuoi che ci perdiamo anche noi?»

«Non è andata così. Mamma è morta diversamente» affermo, e quanto mi costa dirlo. «Lo so io, lo sai tu. Lo s-sappiamo tutt'e due. Solo noi due.»

«No, Bastian.»


«Sì, cazzo!»


«Sono state le fiamme, diamine!» ribatte, con gli occhi fuori dalle orbite e le mani strette in pugni chiusi.


«Hai ragione, Mel: sono senza freno, proprio come le bugie che r-raccontiamo a tutti da anni. Presto, tutto ci sfuggirà di mano e...» Prendo un lungo respiro, per poi tonare a parlare con un tono di voce più basso. «Dovremo c-chiedere p-perdono per ciò che abbiamo fatto e che continuiamo a fare. Per me non ci sa­ranno sconti di pena perché sono un assassino e un...» Misero.


Il discorso si spegne, ma la mia anima continua a considerarsi una povera imputata.

Cerco di sorridere, di rassicurare sempre gli altri e dico a chiunque che sto alla grande, perché non voglio che qualcuno sospetti o si preoccupi per me.

Ma la verità è che la mia serenità è costantemente minata da piccole e grandi armi che mi sono procurato con le mie scelte e che continuo a puntarmi contro le tempie.

Mi condanno da tempo per ogni sorta di crimine commesso nei confronti delle persone che amo di più, non solo mia madre, ma anche Scarlett, ignara del legame che mi unisce a Mel.

A volte ci penso.
A volte mi chiedo come reagirebbe mia sorella se scoprisse la verità, e tremo al pensiero che potrebbe inorridirsi e soffrire.

Ora, osservando la feroce collera che emerge dalla smorfia di Mel, mi accorgo sempre più che ci sono aspetti della mia vita che mi affliggono più di quanto voglia ammettere.

«Vuoi lasciarmi?» mi chiede lei, traendo le sue solite conclusioni affrettate.

Spalanco le braccia e trattengo un gemito di nervosismo. «E quando avrei d-detto una cosa del g-genere, scusa?»

Mi punta un dito contro e si avvicina al mio mento con un atteggiamento minaccioso. «Osa solo pensare di rifarti una vita senza di me e ti giuro che smonterò in un istante la cresta che stai alzando.»

Ecco cosa odio della nostra relazione: le minacce. Queste prosperano a dismisura e non provengono mai dalla mia bocca.


«B-basta. Me ne vado.» La supero da un lato, a corto di salivazione.


«Dove vai ora, eh?» urla.


«Me ne vado a 'fanculo con le mie rotelle!» grido più forte di lei.

CarovanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora