30 - Abbracciare

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Bass

Poche settimane al Carovana e già mi vedo morto entro l'anno.

Il motivo?

Non riesco ad abituarmi a tutto questo, a tenere a bada gli ansiogeni malcontenti della mia compagna e, allo stesso tempo, a gestire ciclone-Layla, che ormai risulta essere la mia vera missione impossibile. Senza conta­re me, che sono un farabutto di merda: mi riprometto di non trattare quest'ultima con eccessivo riguardo per non darle false speranze, ma puntualmente le stendo i tappeti non appena la vedo.

Gesù.

Sono ancora in tilt per quello che è successo a cena, lo ammetto. Con la disinvoltura di chi ti chiede di pas­sargli il pepe, Layla mi ha sfiorato sotto il tavolo in modi tutt'altro che casuali o genuini. E io? Io sono rima­sto lì, immobile come un cazzo di furetto in mezzo alla strada, accecato dai fari di un'auto. Il tutto davanti a Melinda. Lei è furba, avrà capito tutto, e questa volta uno schiaffo me lo tirerà sul serio.

Ma cosa avrei potuto dire a Layla? «Ehi, smamma da qui. Mettiti a fare il piedino a Scorbuto, piuttosto»?

No. Sarebbe stato patetico.

Al momento è meglio far finta di niente, sperando che non accada più, anche se non so se riuscirò a ignorarlo del tutto, visto che l'episodio continua a riaffiorare nella mia mente anche adesso in maniera inesorabile, mentre sto andando a prendere le sigarette.

Perché sta venendo con me, poi?

Per farmi altri piedini ma stavolta da in piedi?

Camminiamo fianco a fianco, sotto una notte mai stata così limpida da quando siamo arrivati ad Amsterdam. Il cielo stellato illumina i nostri passi, e i cipressi, allineati come soldatini, ci indicano la strada con una precisione che non dà adito alla confusione. Li attraversiamo, a tratti con lo sguardo rivolto al selciato, altre volte persi nei nostri pensieri, lasciandoci trasportare dal silenzio.

All'orizzonte, riesco a distinguere lo scheletro nero della Sint-Nicolaasbasiliek, mentre le luminarie del centro cittadino brillano appena. Riparo le mani nelle tasche del giaccone, strette a pugno come se contenessero dei sassi.

Layla respira così lieve che sembra voler rispettare il mio palpabile imbarazzo. Poi, all'angolo tra due strade deserte di periferia, avvistiamo fi­nalmente il distributore automatico e ci avviciniamo alla svelta.

Dopo aver pagato, vedo le sigarette scivolare fuori con un leggero rumore metallico e cadere nel vano di rac­colta. Quando le prelevo, il pensiero di quanto accaduto a cena torna a ronzarmi in testa, insistente. Maledi­zione. Cerco di scacciarlo, ma niente.

Alla fine sbotto, senza nemmeno rendermene conto. «Tu sei c-così, vero?»

«Così come?» Mi osserva con occhi leggermente spalancati.


Getto uno sguardo sfuggente al pacchetto delle Camel che conservo in mano. «Un po' provocatrice.»

Tenten­na a rispondere, per cui mi rifocalizzo su di lei: sta sgranando le palpebre ancora di più, ma tra quelle iridi color cielo, ora intravedo una sottile sfumatura di divertimento. «No, non lo sono. Perché?»


«N-niente, dimentica che te l'ho chiesto.»


«Ti ho provocato, Bass?»


Sbuffo, cercando disperatamente di chiudere un discorso che si sta trasformando in un campo minato su cui inciampo al mio solito modo goffo. «Dimentica.»


Lei però mi incalza, e lo fa con un tipo di tranquillità che mi inibisce ancora di più. «Sei provocabile?»

«Io? E c-c-che c'entro io?» La mia voce è più allarmata di quanto dovrebbe.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 3 days ago ⏰

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