11 - Votare

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Layla

Non ho mai sentito il cuore battermi così forte nelle tempie, dannazione. Non dopo la tragedia di qualche anno fa. Eppure, è proprio quello che sta accadendo ora, dopo aver rovesciato il cestino delle mollette sull'erba ed essermi precipitata nel camper, chiudendo persino la porta con la sicura.

C'è guerra fuori, un campo minato.

Mi lascio cadere con la schiena contro la soglia, allargando le braccia fino a farle aderire alle lamiere interne, quasi a volermi creare un rifugio di intima solitudine. Il cappello con la visiera scivola via dalla mia testa, precipitando a terra. Il petto si alza e si abbassa ritmicamente, mentre boccheggio come un pesce rosso che si agita sulla superficie di una boccia d'acqua.

Ma che mi prende?
Sono per caso rincretinita di colpo?

Sembra che non abbia mai visto un essere umano di sesso maschile prima d'ora.

La situazione è precipitata in pochi minuti: avevo appena finito di stendere il bucato quando ho notato il ra­gazzo con le ali aggirarsi per l'accampamento. L'ho riconosciuto nonostante fosse vestito. I colli dei piedi, che avevo ammirato nella loro grazia flessuosa sulla pista durante l'esibizione ai tessuti, erano ora coperti da un paio di Vans nere con la caratteristica jazz stripe bianca; i pettorali, degni di una mostra museale, nuova­mente nascosti sotto la t-shirt arancione. Ma tutto questo non mi ha dissuaso dall'involontaria voglia di gio­care. Gli ho dato i voti.

Ho osservato attentamente il suo modo di camminare, notando un'andatura piuttosto impettita e delicata, an­che se a tratti leggermente pendente. Poco. Verso sinistra.

Voto-portamento: 8.

Ho analizzato i movimenti delle labbra nascoste sotto la barba color miele, mentre parlava con la signora Po­well. Non erano troppo aperte, né troppo chiuse. Nemmeno la pronuncia della lettera "o" formava un ovale ben definito. Una bocca misurata, in perfetto equilibrio al mento largo.

Voto-facciotto: 10+.

Il caffè, assaporato in un unico sorso, l'ho vissuto così intensamente da percepirne l'aroma sulle papille gusta­tive.

Voto-pomo d'Adamo in deglutizione: 15, dai.

Non capisco perché abbia trascorso quei minuti a recitare il ridicolo ruolo di giudice di sex appeal, so solo che non riesco a trattenermi dal dare persino un voto ai suoi occhi. Sottili, leggermente arricciati verso l'alto, che per limpidezza meritano un voto altissimo: 30 mila.

Ora aspetto di scoprirne il colore. Ero troppo lontana per distinguerlo. Se sono verdi, lo sposo.

Cazzo, ma che sto dicendo?

«Fragolina stupenderrima, buongiornello. Che ti succede? Pare che tu abbia visto un fantasma» esordisce Ol­lie.

Solo adesso ricordo che la scorsa notte, a causa dei suoi soliti incubi, ha dormito qui da me.

Poso su di lui un'occhiata da encefalogramma piatto e prego con tutto il cuore che non mi faccia altre doman­de. Conoscendolo, correrebbe per l'accampamento a raccontare a tutti che, finalmente, trovo qualcuno appetibile dopo Lorenzo. Ma il ragazzo con le ali è più bello di quel verme. Sì, cento volte più attraente.

Namira, sei tu che lo hai fatto cadere dal cielo, vero?

Dio, non riesco a credere che mi abbia guardata. Lo ha fatto a lungo, mettendomi in soggezione. E adesso mi viene da ridere al pensiero di essere così su di giri per una semplice occhiata che probabilmente non ha alcun valore. Forse stava contando le mie ossa, o si chiedeva perché fossi conciata così male, con i capelli opachi e le Crocs fucsia di Ollie ai piedi.

Mi chiedo quanti altri voti gli darò stando qui, al circo. 8, 10+, 15, 30 mila. Sospetto che quelli più alti saranno attribuiti nei prossimi giorni quando lo ammirerò esibirsi ai tessuti ancora, e ancora, e ancora. E chi se le perde le prove degli acrobati da oggi in poi? Io no di certo.

«Fragolina?» mi richiama Ollie, bucando la mia bolla di pensieri allucinogeni, mentre versa un po' di caffè dal bollitore elettrico nella tazza gialla.

«Mh?»

«Perché hai le guance fucsia come le mie ciabatte?»

Che curioso rompiballe che sei, amico mio.

«Io? No, è che le Crocs perdono colore» mento su due piedi, da vera idiota. Mi piego e sfilo una delle due, portandola poi subito vicino al viso. Mi picchietto le guance con la suola. «E prima me le sono spalmate così, vedi? Come un blush.»

«Sì, sì. Come no.» Ollie sogghigna e io, dopo una sua pernacchia odiosa, gli lancio la pantofola addosso. Mira infallibile: lo colpisco alle palle.

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