20 - Soffrire

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Layla

Si narra di noi che, ieri sera, siamo stati "straordinariamente inarrivabili". Piovono elogi in abbondanza, qua­si al punto da sembrare superflui. Pare che nessuno abbia ignorato la resurrezione circense del Carovana: né i notiziari, né gli esperti d'arte circense, né i nostri concorrenti in Europa e nel mondo. Anche il Cirque du So­leil ha fatto sentire la sua voce attraverso interviste, affermando che abbiamo dimostrato al mondo delle arti sceniche come sia possibile rialzarsi da un tracollo senza traumi, persino più forti di prima.

Si narra di noi che ieri abbiamo raggiunto un livello di perfezione insolitamente alto per una compagnia nata da pochi giorni, e che siamo fautori di miracoli.


Si narrano molte altre storie bellissime, ma al fulgore di ieri, purtroppo, si contrappone l'oscurità che mi avvolge oggi.


È il 5 ottobre e nessun complimento da parte di quotidiani e giornalisti potrà mai restituirmi mio figlio. Non festeggerò con i miei colleghi i risultati ottenuti. Piuttosto, cercherò di occultare i miei sensi, perché quelli di mio figlio sono svaniti per sempre in questo stesso giorno, due anni fa.


Ieri notte non ho dormito a letto, ma ho sonnecchiato nell'abitacolo, sul sedile del guidatore. Il risultato è che stamattina mi ritrovo con la schiena dolorante, oltre che con il cuore a pezzi.

Quanto può cambiare la vita da un giorno all'altro: ieri ero l'artista che bruciava per il suo pubblico e per il suo capo, oggi una donna che piange.


«"Carovana: dal reale all'onirico, il circo da sogno che incanta e conduce ai giardini dell'Eden."» Nel frattem­po, Ollie declama il contenuto di un articolo di giornale che ci mette in primo piano. In piedi, con il sedere appoggiato su uno dei parapetti del tendone, distoglie ora lo sguardo dalle righe e ci osserva uno per uno, mentre noi siamo seduti a gambe incrociate sul pavimento della pista. «L'Eden, ragazzi! Abbiamo incantato questi giornalisti del pisipisi come i Saperas fanno con i cobra. Ci credete?»


Qualcuno dà il via a un applauso. Ernest suona un fischietto. Corinna strimpella brevi jingle con la sua fisar­monica.


Scarlett è seduta al mio fianco e mi infila alcuni anelli alla mano. Li ha acquistati da un ne­gozio di bigiotteria del centro a pochi euro, ma, accortasi troppo tardi che erano piccoli per le sue dita, ha de­ciso di regalarli a me. Sta cercando di capire se quello con la perla finta mi stia meglio al pollice o all'indice, o se quello con il serpente dalla lingua in fuori si adatti al mio mignolo. Non me la sono sentita di dirle di la­sciarmi in pace. Semplicemente, le ho dato la mia mano rammollita, rimanendo in silenzio, con la testa ap­poggiata su un ginocchio e gli occhi semi aperti. Del resto vicino ai suoi piedi c'è il suo zainetto, quindi presto andrà via. Mentre Dubois prende la parola, mi confida che a scuola non vorrebbe andarci. Preferirebbe re­stare con noi a ballare ancora la canzone di Namira.


«Lione si prepara per la replica di domani sera, e sarà un nuovo "tutto esaurito". Oggi faremo meglio di ieri e domani faremo meglio di oggi»» ci dice Gérard, scatenando un nuovo applauso. Ollie, nel frattempo, si siede al mio fianco e mi schiocca un bacio sulla testa.


Mi bruciano gli occhi.
Non so quanto abbia pianto stamattina all'alba, quando ho constatato di essere ancora sulla Terra. Non so se arriverò viva fino a stasera. Una cosa è certa: non appena vedrò la luna, le urlerò contro fino a vomitare le tonsille, obbligandola a ridarmi ciò che mi ha portato via quella notte sen­za chiedere. Meglio per lei se si nasconde.

«Mi tocca andare via, che peccato. Proprio sul più bello» ci informa Scarlett, dopo aver sospirato. Sollevo appena la testa e scuoto la mano piena di anelli per salutarla.

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