6 - Volare

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Bass Cammino verso la sede del nostro ufficio mobile, con le Vans che scricchiolano sulla ghiaia

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Bass

Cammino verso la sede del nostro ufficio mobile, con le Vans che scricchiolano sulla ghiaia. Non presto at­tenzione a dove metto i piedi e, con ogni probabilità, tra un minuto d'orologio sarò con la faccia a terra e le gambe all'aria.

La mia mente è altrove: sto osservando i dodici fiori kusudama che ho creato con la tecnica degli origami.

I petali, nei loro colori vivaci, spaziano dal rosso cresta di gallo al giallo pulcino, fino al verde rana, e sono saldamente uniti da gocce di colla vinilica, il cui odore risale fino alle narici. Grazie a Dio, il naso ha deciso di svegliarsi con me oggi.

Mi sforzo di ricordare a me stesso che dovrei essere soddi­sfatto del risultato, dato che ho completato l'intera composizione in una sola notte. Eppure, come al solito, fa­tico a riconoscermi dei meriti. Ogni mio lavoro mi appare sempre pieno di difetti, nonostante l'impegno este­nuante che ci metto.

Non pretendo la perfezione dagli altri, so che è un traguardo irraggiungibile. Ma da me stesso sì, perché solo sfiorandola, forse, riuscirei a sentirmi una persona valida al cento per cento.

Purtroppo, quando Dio distribuiva intelligenza, apprendimento rapido, precisione e capacità comunicative, io ero in fila con i pornodivi, intento a guadagnarmi altri tipi di talenti.

Posso essere sincero? Avrei scambiato volentieri qualche centimetro in cambio di una mente brillante. Ma sono sfortunato, e quindi testa leggera e attrezzo pe­sante. Sì, mi considero una persona sfortunata. Per questo quando mi accade qualcosa di particolarmente positivo, acclamo al miracolo ed esulto.

Vivo la mia vita così, pensando sempre che io sia un salame e che una schiera di altri fallimenti stia dietro l'angolo, in attesa di attaccarmi. Il paradosso – o forse il vero dramma – è che sono pessimista su tutto ciò che mi riguarda, mentre nelle vicende degli altri divento il più grande degli ottimisti.

Poche cose riescono a distogliermi dall'oppressione dei miei pensieri: la danza, le acrobazie e, naturalmente, gli origami. Li realizzo soprattutto per contrastare la noia, quando mi coglie nei momenti in cui le luci della pista si spengono e gli applausi si affievoliscono. Li considero un'estensione di me stesso, tanto che non li conservo, ma li dono a chi amo. Questo bouquet, infatti, è destinato alla persona che amo. È un modo per omaggiarla, un'alternativa discreta al tradizionale fascio di rose fresche, che non potrei mai farle recapitare perché non siamo una coppia come le altre. Il nostro amore resta e resterà illecito. Segreto.

Attraverso la porta della roulotte 5 e, attirato dalla sensualità delle sue cosce atletiche, accavallate l'una sull'altra e ingiustamente schiacciate sotto il tavolo, la chiudo dall'interno con l'opportuna sicura. Non si sa mai. Potrei perdere il controllo del mio amico di giù e saremmo fregati se qualcuno ci scoprisse.

Melinda parla animatamente al telefono, sventolandosi le labbra con un vecchio volantino del Powell Circus. Il tono intransigente con cui si impone all'altro capo della cornetta non fa che alimentare i miei desi­deri e capricci.

«Prega che non faccia ritorno a Liverpool. Ti conviene, oh sì...» si esprime con una serie di minacce, strin­gendo il suo iPhone tra le unghie a mandorla.

Rimango in attesa, inoltrandomi nella cabina e respirando il solito fetore che c'è qui: quello delle Chester­field mescolato al pungente odore di birra che dovrebbe provenire da quelle... un-due-tre, sei bottiglie che sono sulla scrivania.

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