Ricordo ancora la cavalla da concorso del nonno, una Belga dal manto grigio di nome White Admiral. L'aveva fatta venire apposta dall'Olanda e l'aveva pagata una fortuna. Era andato fino a Verona per vederla, durante la Fieracavalli. Era verso la fine degli anni Novanta, quando le cose al ranch andavano ancora alla grande. Mi portò con lui, avevo sette anni. Quel viaggio fu una sorpresa, un regalo che il nonno volle farmi in anticipo per il mio compleanno.
«Ti porto a vedere il posto più bello del mondo» aveva detto nel momento in cui mi aveva messo tra le mani la busta di carta con dentro i biglietti del treno.
Prima di allora non ero mai stata su un treno – un treno ad alta velocità, poi! – e non avevo mai visto le città del Nord, che allora mi sembravano appartenere direttamente a un'altra dimensione. Certo, alcuni anni prima ero andata in Toscana con il nonno e i miei genitori, ma sempre in borghi piccoli e in aperta campagna, in mezzo alla natura e, ovviamente, ai cavalli.
Verona per me fu l'immensità. Era tutto così grande, così enorme, così spettacolare. E quanti cavalli, e che cavalli! Vedemmo White Admiral alla Coppa delle Regioni di Salto Ostacoli. Gareggiava per la Lombardia, e mio nonno aveva ricevuto il contatto del suo proprietario attraverso una serie di telefonate di lavoro in azienda. Era un grosso allevatore del Nord Italia, da lui passavano i migliori cavalli da salto su suolo nazionale.
Quando vedemmo sfrecciare White Admiral su quei salti, che per me allora apparivano colossali, con una tale grazia e leggerezza, sia io che il nonno ce ne innamorammo subito. La trattativa iniziò il giorno stesso, e si concluse quella sera davanti a un piatto di pappardelle al cinghiale, seduti a un tavolo circondato da sedie di plastica a pochi passi da una placida mandria di puledri maremmani che bivaccavano all'interno di un recinto improvvisato nel cuore della Fiera.
Secondo mia madre – e anche mia nonna – quell'acquisto fu una follia. Non seppi mai quanto il nonno spese effettivamente per White Admiral, ma a giudicare dalla litigata furibonda che andò avanti fino a Natale dovette essere una bella cifra. Ma a quei tempi non me ne curavo.
Per me, White Admiral era bellissima, ed enorme. Arrivava a un metro e settantacinque al garrese, un vero dinosauro. Appena arrivata, i miei genitori mi vietarono categoricamente di montarla. Il nonno, appena finivo i compiti, me la faceva provare con la sella che usavo per i pony della scuola, legata a un sottopancia lunghissimo.
Sinceramente, non vedevamo alcun problema. White Admiral era serena con me, e io ero serena con White Admiral. Qualche volta dovevo litigarmela un po' con mia cugina Cassandra, che spesso la usava per le lezioni e i concorsi, talvolta commentando con perfidia che un giorno la cavalla sarebbe stata solo sua; ma quasi sempre il nonno riusciva a trovare il modo di farmela cavalcare. Anche a costo di scendere a patti con lo zio, che sulla questione era abbastanza irremovibile.
Ho molti ricordi legati a White Admiral, ma uno in particolare brilla più degli altri nella mia memoria. Avevo da poco compiuto tredici anni. Eravamo in tondino, e il nonno faceva girare White Admiral alla longia. Mi aveva tolto le redini, e tutto ciò che potevo fare era fidarmi di lui e della cavalla.
«Chiudi gli occhi» mi aveva detto. «Ascolta il movimento del cavallo e prova a seguirlo. Non pensare a nient'altro.»
La sua voce era calma, ma decisa. Conoscevo quel tono. Quando lo usava, seppure con il sorriso stirato sulle labbra appena chiazzate di barba, non erano ammesse repliche. Io sulle prime non volevo. Per la prima volta, a quell'età avevo imparato a capire cosa fosse la paura. Paura di non potersi fidare delle persone che ti stavano intorno, anche se sapevi di voler loro del bene. Paura di farsi male.
«Chiudi gli occhi» ripeté il nonno.
Io annuii, provando a fidarmi. Incrociai le braccia sul petto e chiusi gli occhi, artigliandomi le spalle con le dita e aggrappandomi a me stessa. I muscoli delle gambe mi dolevano per la tensione.
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Come il vento
RomanceAnna ha deciso di abbandonare per sempre la sua passione per i cavalli. L'ostilità da parte della sua famiglia sommata a un lavoro che ha trasformato il suo sogno in un incubo le suggerisce infatti che tutto questo non fa per lei. Peccato che dal pa...