19.

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19. You are my breath.

Pov's Harry.

Mi sgranchisco le dita e afferro la mia valigia per poi ricambiare, all'uscita dell'aereo, il sorriso dell'hostess che mi augura una buona permanenza.
Porto una mano al mio collo come se potessi far sparire il dolore lancinante provocato dalla posizione scomoda in cui ho dormito in aereo.

Mi è sempre piaciuto arrivare negli aeroporti perché, anche se a me non aspetta quasi mai nessuno, ci sono tante altre persone che vengono accolte da madri, figli, mariti, amici...
Ed è sempre bello vedere che c'è chi ancora fa dei piccoli gesti d'amore nonostante la cattiveria che c'è nel mondo.

Individuo con gli occhi il dolce viso di Amélie e alla vista sorrido, stessa cosa lei. Quasi sento le gambe molli a vederla lì per me. Adesso capisco come si sentono gli altri quando vedono i propri cari ad aspettarli. L'unica persona che veniva a prendermi era il mio patrigno. Al ricordo del suo viso paffuto e del suo sorriso mi scappa una smorfia malinconica.

A passi svelti mi avvicino alla figura di Amélie e, una volta arrivato davanti a lei, lascio andare il mio zaino da viaggio e avvolgo le mie braccia intorno al suo busto sollevandola da terra. Poggio la testa nell'incavo del suo collo sentendo l'odore così familiare del suo shampoo al cocco, che mi fa sentire a casa.

"Ciao, Harry." Sussurra tenendo le sue braccia intorno al mio corpo e sollevando le sue gambe. Sfrega il suo naso freddo sulla mia guancia che provoca nel mio stomaco un branco di elefanti.

"Ciao, piccola." La stringo più forte sentendo la sua presa salda e il suo buonissimo profumo al cocco. Accarezzo la schiena liscia e sento la sua pelle d'oca. Dio, mi è mancata così tanto.

"Harry, adesso puoi mettermi giù!" Mi beffeggia tenendo le sue braccia intorno al mio collo.
"Sta zitta, lo so che ti sono mancato. Non rovinare il momento, stronzetta." Sussurro giocosamente sentendo il suo petto vibrare, segno che sta ridendo di gusto.

"Per niente." Sussurra con tono basso e seducente al mio orecchio per poi poggiare le sue labbra umide sulla mia guancia. Sorrido al gesto e la metto giù. Durante il tragitto per arrivare alla sua auto non smette di parlare un secondo, cosa che non mi dispiace per niente.
Continua a farmi delle domande e a parlare del suo fine settimana, e io non faccio altro che sorridere, non riuscendo a farne a meno. Credo proprio di avere una faccia di imbecille, ma non riesco a non sorridere vedendola di nuovo davanti a me. È difficile da spiegare. Anche se siamo stati un weekend lontani, per me è passato un mese.

"Com'è Chicago?" Chiede curiosa mantenendo lo sguardo sulla strada e controllando lo specchietto.

"Noioso, come sempre." Scrollo le spalle appoggiando il mio braccio al finestrino e sorreggendo il mio viso con la mano. Osservo le luci della città dal finestrino. È molto bella l'atmosfera a quest'ora.

"Scherzi? Sei stato in America!" Dice mandandomi un'occhiata scioccata. Come fa ad essere così sveglia alle 3:26A.M? Di solito alle 11P.M dorme già.

"Se ci vai spesso ad un certo punto non è più così eclatante." Dico sinceramente.

"Oh, ma dai. Non puoi essere serio. Tu mi stai dicendo che l'America è noiosa? L'America?!" Chiede urlicchiando con un'espressione buffa.
Noto subito che è molto più iperattiva del solito e, volendo togliermi un dubbio, le chiedo: "Sei ubriaca?"

Amélie ||hesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora