V for Vendetta [2]

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Arrivando nei pressi del liceo, il mattino seguente, l'eccitazione lo pervase nel notare il mare di studenti a occupare la piazzetta, ma si costrinse ad andare prima al bar

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Arrivando nei pressi del liceo, il mattino seguente, l'eccitazione lo pervase nel notare il mare di studenti a occupare la piazzetta, ma si costrinse ad andare prima al bar.

Dentro, il solito profumo di dolci lo investì, ma la sua attenzione fu tutta per Simone che notava il suo arrivo e si alzava subito, un sorriso sul volto.

«Dai andiamo, voglio proprio vedere» afferrato in fretta lo zaino, scattò verso di lui e Michele si ritrovò a ricambiare quell'espressione euforica.

«Aspettate!»

Simone si bloccò e Michele notò solo in quel momento la sua tipa intenta a raccogliere veloce e un po' goffa cellulare e roba varia, il cornetto in mano.

«Mi spiegate?» sorrise lei e Michele alzò le sopracciglia con un ghigno.

«Aspetta e vedrai» fu la risposta che le concesse e finalmente furono nuovamente fuori. Si posizionarono vicino le strisce, aspettando il momento giusto per attraversare.

«Ah, comunque» la ragazza lo guardava dal basso con cipiglio affettuoso, oh no «Mi dispiace per quello che ti è successo, ma sappi che io trovo sia molto bello che tu sia gay e penso non ci sia niente di male. Volevo solo dirtelo».

Michele pietrificò, il disagio a dominarlo, e stiracchiò qualcosa che, sperava, assomigliasse a un sorriso riconoscente, mettendo a tacere l'impulso di sbattere la fronte contro un lampione fino a perdere conoscenza.

Alla fine, raggiunsero il mare di studenti che animava a gran voce la piazzetta. Simone e Michele si scambiarono uno sguardo complice, intrufolandosi tra gli spettatori per arrivare più vicini all'opera d'arte che adornava il muro laterale, fino a ritrovarsi, infine, in prima fila.

Michele ghignò, il mento alzato, godendosi ogni lettera impressa a fuoco a formare la scritta:

BECCATO IVAN VISENTIN CHE FACEVA UN POMPINO A MICHELE RUSSO!!!

IO LI HO VISTI XD

«Michele» il braccio gli venne afferrato in modo familiare, accompagnato da una voce femminile «smettila di essere gay e sposami».

Rebecca sorrideva come una bambina e Michele gongolò, il dolce sapore della vendetta a farlo sentire padrone del mondo.

«Ma come ti è venuto?!» Massimo era subito dietro di lei, un sorriso bianchissimo e, allo stesso tempo, ammirato.

«C'è del genio, in me» constatò lui.

«Ivan, ma sei frocio?!»

Risate accompagnarono la domanda e, oltre la folla, era appena comparso il protagonista delle chiacchiere che animavano in un crescendo gli studenti mattinieri. Ivan era accompagnato da altri ragazzi e sembrava, al momento, incazzato e confuso. Afferrò la maglia di un tipo, forse lo stesso che aveva parlato, e quello indicò nella direzione del muro.

Fu meglio di un orgasmo vedere la sua espressione cambiare, farsi prima ancora più confusa e poi scioccata nel distinguere il messaggio a caratteri cubitali.

«Beh, sembra che ci abbiano scoperti!»

Michele fece un passo avanti e si voltò verso il piccolo pubblico, le braccia larghe, a godersi il momento fino all'ultimo.

«Ma quindi è vero?!» esclamò qualcuno.

Incontrò gli occhi di Ivan e ghignò. Chiuse una mano a pugno, se la mise davanti la bocca e mimò un pompino, la lingua a sbattere contro la guancia.

Uno scroscio di risate si alzò all'istante, a fomentarlo ed esaltarlo.

«Ha pure ingoiato, eh!» aggiunse, l'ilarità che aumentava e scorreva nelle vene come miele.

La campanella suonò e lui entrò, protetto dal mare di studenti che facevano da scudo, intoccabile alla furia altrui.

Se vuole vendicarsi, bene.

Questa volta sarò pronto.

E lo calpesterò fino all'ultimo, fino a fargli capire che io sono un re e lui la formica morta stecchita sotto la suola delle mie Dr Martens.

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